Ricotta storia antica sempre attuale

La ricotta ha origini antiche, come possiamo intuire dai colini preistorici usati per separare il coagulo del latte trasformato in formaggio. I primi che possono aver prodotto la ricotta sono stati i Sumeri e gli Egizi, seguiti da tutti i popoli mediterranei che praticavano la pastorizia, tra cui i Romani e i Greci che apprezzavano moltissimo questo latticino. Periodo d’oro della ricotta è il Medioevo, durante il quale la tecnica di fabbricazione di questo latticino diviene sempre più efficace. La ricotta è ottenuta con una cottura del siero del latte che residua dalla lavorazione del formaggio durante la quale il latte subisce una prima cottura. Il termine ricotta deriva dal latino recostus, ossia ricotto o cotto due volte, e questa tecnica di produzione resiste ancora oggi, anche se con diverse varianti. Durante il Medioevo, per opera dei monaci soprattutto cistercensi, si assiste ad una nobilitazione dell’arte casearia, con un aumento della produzione dei formaggi che da cibo rustico alternativo alla carne divengono cibo pregiato. Di conseguenza, cresce anche la produzione del siero di latte che trova la sua destinazione nella trasformazione in ricotta, mentre il latticello che ne residua è destinato all’alimentazione animale, soprattutto dei maiali. Durante il successivo periodo rinascimentale la ricotta entra nella gastronomia del tempo e diviene ingrediente di ricche paste ripiene, soprattutto asciutte ma anche in brodo. Questo è solo l’inizio di una lunga storia che arriva fino a oggi, quando in cucina l’uso della ricotta è molto variegato sia nella sua versione salata che in quella dolce e quando la ricotta è apprezzata al naturale oppure per realizzare ripieni, da sola o accompagnata con altri ingredienti, in diverse ricette che vanno dalla piadina ai rustici e dalla pasta al forno ai calzoni preparati con la pasta per la pizza. In pasticceria la ricotta è l’ingrediente principale per moltissimi dolci, tra cui i cannoli siciliani.

Ricotta cotta due volte

Tra i prodotti derivati dal latte dei diversi animali (pecora, mucca, capra o bufala) la ricotta, pur essendo un prodotto caseario, non è per legge un formaggio ma un latticino ottenuto dalla coagulazione non della caseina ma delle sieroproteine albumina e globulina, due proteine contenute nel siero di latte che residua dalla cagliata con la quale si è prodotto il formaggio. Tradizionalmente, la coagulazione delle sieroproteine avviene con il riscaldamento del siero alla temperatura di 80-90°C, aspettando l’affioramento della ricotta in superficie. Più recentemente si sono sviluppate tecnologie che, sfruttando la reazione di saturazione salina, permettono un migliore recupero ed una più alta qualità della ricotta. Inizialmente sono state usate particolari acque sorgive ricche di sali o l’acqua del mare. Oggi s’impiegano invece specifici sali per ricotta, in generale costituiti da una miscela di cloruro calcinato di calcio, cloruro di magnesio e cloruro di sodio che facilitano l’affioramento delle sieroproteine. Sono anche utilizzate soluzioni acide (acido citrico, lattico, sale amaro o inglese) aggiunte per catalizzare la coagulazione. La ricotta può essere commercializzata tal quale, ma anche in particolari confezioni.

Composizione della ricotta

Anche se la composizione della ricotta dipende dal siero di partenza, che può essere di vacca, pecora, capra o bufala, questo latticino contiene proteine di alta qualità e pochi grassi.

Molto elevato è il contenuto di proteine che va dagli 8 grammi della ricotta di pecora agli 11/12 grammi di quella di vacca. Mentre nel formaggio sono presenti le caseine del latte, la ricotta contiene le albumine e le globuline del siero che hanno una funzione di trasporto, anticorpale ed enzimatica. Queste proteine rappresentano circa il 20% delle proteine totali del latte ed hanno un elevato valore biologico per la rilevante presenza di aminoacidi essenziali e ramificati e per l’elevato contenuto di cisteina, aminoacido necessario per la sintesi di glutatione, uno dei maggiori antiossidanti presenti nel nostro organismo. Queste proteine hanno anche proprietà antimicrobiche e possono potenziare le funzioni immunitarie, riducendo anche alcuni dei sintomi legati a fattori di rischio cardiovascolare.

E’ invece limitata nella ricotta la presenza di grassi, che variano con la specie animale dalla quale deriva il latte. La ricotta di pecora ha un contenuto di grassi più elevato, compreso tra i 12 e i 25 grammi per 100 grammi di prodotto, mentre la ricotta vaccina si ferma attorno agli 8 grammi, dei quali oltre i due terzi sono grassi saturi come palmitico, miristico, stearico e butirrico, mentre il terzo rimanente è rappresentato da mono- e polinsaturi come oleico, palmitoleico e linoleico.

Modesto nelle ricotte è il contenuto di colesterolo (intorno ai 50 milligrammi per etto). Gli zuccheri oscillano tra i 3 e i 4 grammi per etto, con un’elevata presenza di lattosio che rende la ricotta tradizionale non è adatta ai soggetti intolleranti a questo zucchero. Oggi in commercio è però possibile trovare ricotte prodotte con latte delattosato.

Buono nelle ricotte è l’apporto di sali minerali. In questo latticino abbondano infatti calcio, selenio, fosforo e zinco, e anche le vitamine, soprattutto vitamina A, B2 e B12.

Non una ma tante ricotte

Come per i formaggi, anche le ricotte sono molto diverse tra loro a seconda del tipo di produzione e soprattutto del siero del latte utilizzato. Solitamente si fa riferimento a quello di pecora, di mucca o di capra, meno di bufala.

Le differenze tra le diverse ricotte riguardano la consistenza e soprattutto il sapore e l’aroma, caratteristiche che dipendono dalla tecnica di produzione, dalla specie, dalla razza e alimentazione dell’animale produttore del latte, dal periodo dell’anno e non ultimo dall’ambiente dell’allevamento. Le regioni d’Italia dove si produce la ricotta sono la Sardegna, la Calabria, la Campania, la Sicilia, la Puglia e l’Abruzzo. Ognuna queste produce una ricotta con le sue caratteristiche. La ricotta di Sardegna, ad esempio, può essere fresca o stagionata e quest’ultima può essere grattugiata. Le ricotte possono diversificarsi per la presenza di aromi, erbe aromatiche, peperoncino o pepe ed essere affumicate. Per tutte queste varietà, la ricotta non ha un prezzo unico e la differenza di valutazione dipende anche dalla regione in cui è stata prodotta.

La ricotta non è prodotta solo in Italia, ma anche in molte aree del Mediterraneo: in Francia è chiamata sérac, in Grecia myzìthra, a Malta rikotta. Fuori dal Mediterraneo, in Romania, probabilmente per un’antichissima influenza romana, la ricotta è detta urda.

Ricotta nella cucina tradizionale italiana

Nella tradizione italiana la produzione dei formaggi, e quindi della ricotta, era stagionale. Mentre i formaggi erano stagionati e quindi consumati tutto l’anno la ricotta entrava nella cucina e nella gastronomia tradizionale soprattutto in primavera e in estate. Nel passato con l’arrivo della Pasqua, con i parti degli animali e l’inizio della loro lattazione e l’apertura dei caseifici si apriva anche la stagione della ricotta. In questo periodo ancora oggi si osserva un’impennata nei consumi, perché gli italiani non rinunciano a festeggiare la Pasqua con le torte di verdura iniziando dalla Torta Pasqualina. Con la Pasqua iniziava anche la comparsa in cucina di preparazioni nelle quali questo latticino è un ingrediente fondamentale, come i tortelli dove la ricotta è associata ad erbe varie, senza dimenticare la pasticceria.

Oggi non è più così e l’uso della ricotta in cucina si va destagionalizzando anche per l’attenzione a cibi leggeri e freschi e alla ricerca di alimenti con pochi grassi e molte proteine come la ricotta. Questa tendenza è agevolata dal mercato che oggi moltiplica le proposte di ricotte con versioni un tempo note e diffuse solo localmente, come la ricotta di bufala, in confezioni che rispondono a nuove esigenze di consumo quali le monoporzioni, favorendo anche usi innovativi come possono essere le ricotte associate alla frutta o al cioccolato.

L’uso della ricotta è oggi facilitato dal fatto che vi sono in commercio ricotte rese più saporite, cremose e appetibili con l’aggiunta di latte o panna, divenendo più gustose ma anche più caloriche e grasse, per cui il consiglio è di verificare sempre l’elenco degli ingredienti. Se si cerca un prodotto leggero è quindi bene evitare le ricotte che contengono crema di latte, un altro modo per definire la panna. Per avere garanzie sulla freschezza della ricotta è necessario controllare che non contenga conservanti, poco usati ma presenti in alcuni prodotti. La presenza di correttori di acidità (acido lattico o acido citrico) non è indice di bassa qualità e non crea problemi di sicurezza. Odiernamente la ricotta è un versatile latticino che entra in molti piatti, salati e dolci, dagli antipasti ai dessert, e meriterebbe un maggior uso. Sorprendentemente infatti gli italiani mangiano poca ricotta.

Gli italiani mangiano poca ricotta

In Italia le ricotte danno origine ad un mercato con un valore al dettaglio che si stima sia di circa 320 milioni di euro, in una quantità stimata di circa 55.000 tonnellate, più o meno il 7% dei formaggi acquistati, anche se la ricotta non è un formaggio, ma un latticino. Il 95% circa della ricotta è di mucca, il 2,7 % di pecora e l’1,7 % mista. I consumi sono distribuiti per il 28,6% nell’Italia del Nordovest, per il 19% nell’Italia del Nordest, per il 26 % nell’Italia Centrale e per il 26,4% nell’Italia Meridionale e Insulare.

La ricotta deriva da una parte minoritaria, vale a dire circa il 16%, degli 8/9 milioni di tonnellate di siero provenienti dalla produzione dei formaggi. Infatti, per la limitata richiesta di questo latticino, la maggior parte del siero di latte lavorato in Italia, quasi 5 milioni di tonnellate, è destinato ad altri usi. L’utilizzo del siero liquido riguarda prevalentemente l’alimentazione zootecnica, la trasformazione in polvere di siero per uso alimentare o zootecnico, la produzione di una serie di derivati come il lattosio alimentare e le sieroproteine concentrate in polvere e altri usi industriali. Significativo è l’export di polvere di siero, con Germania e Francia in testa tra i Paesi acquirenti con una quota complessiva dell’86%.

Gli Italiani sono scarsi consumatori di ricotta, meno di 1 chilogrammo a testa per anno (910 grammi), una quantità minima in confronto ai circa 23 chilogrammi consumati di formaggio. Un aumento dei consumi di ricotta, un cibo dalle preziose caratteristiche nutrizionali, permetterebbe anche una migliore valorizzazione del siero di latte disponibile e quindi un maggiore reddito alla filiera casearia italiana. Per questo sarebbe utile una superiore comunicazione sui caratteri delle ricotte regionali in analogia a quanto già fatto con i formaggi, ma questa è un’altra storia.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.