Come abbiamo detto nell’articolo “La coagulazione del latte e le tipologie di caglio”  , il processo di formazione della cagliata dalla matrice latte, avviene per opera di un pool enzimatico denominato caglio.

I cagli possono essere di varia tipologia a seconda della fonte da cui derivano. Oltre ai cagli animali e ai cagli vegetali, di cui abbiamo ampiamente parlato negli articoli del focus “Caglio e dintorni: il caglio animale“, “Caglio e dintorni: la fontiera dei cagli vegetali”   e anticipato nell’articolo “Caglio e dintorni: come calcolare l’attività coagulante , esistono ad oggi altre due forme di proteasi: i cagli microbici ed i cagli da chimosina ricombinante, più comunemente noti come genetici. Queste ultime due tipologie di caglio, vengono molto spesso, ed erroneamente, classificate come caglio vegetale ma la loro derivazione non è da piante o parti di esse bensì da batteri e muffe.

I cagli microbici

La prima categoria che tratteremo in questo articolo, è quella dei cagli microbici, ovvero derivanti da attività metaboliche di batteri e altri microrganismi.

Queste proteasi si ricavano, infatti, da colture di batteri sporigeni aerobi, appartenenti al genere Bacillus. Di questi, soprattutto B. subtilis, B. cereus, B. licheniformis, B. mesentericus e B. polymixa vengono coltivati in laboratorio per l’ottenimento di differenti tipologie enzimatiche tra cui enzimi amilasi, deputati alla degradazione della frazione amidacea, proteasi, per la degradazione proteica, e saccarasi, enzimi deputati alla scomposizione del saccarosio in glucosio e fruttosio.

Da dove vengono estratti i cagli microbici?

L’estrazione di proteasi microbiche avviene dal mezzo di coltura in cui vengono coltivati i microrganismi.

La fonte da cui si ottengono cagli microbici non è solo batterica; queste efficaci proteasi possono derivare, infatti, anche da attività fungine.

È proprio sugli enzimi fungini che la ricerca pone la massima speranza per la frontiera della coagulazione. Le muffe dalle quali ad oggi si estrae il caglio microbico, sono tre: Endothia parasitica, Mucor pusillus e Mucor miehei. Oltre a questi funghi, si stanno conducendo studi per valutare l’attività coagulante di cagli di altra fonte microbica, tuttavia, ad oggi, non risultano ancora pienamente sfruttati.

La proteasi da Mucor miehei viene, chiaramente, estratta dal brodo colturale in cui viene cresciuta questa muffa termofila. Essa ha un punto isoelettrico, ovvero il valore di pH al quale una molecola presenta carica netta nulla, paragonabile a quello della chimosina bovina. Ciononostante, rispetto alla chimosina animale, ha un range di attività più ampio in quanto resiste anche a pH basici e temperature elevate. Dal momento che la sua attività coagulante risulta particolarmente spiccata, è possibile rimediare andando ad evitare l’insorgenza di connotazioni organolettiche sgradevoli, andando a rendere questa proteasi termolabile per mezzo di un processo di ossidazione e conseguente acilazione.

Anche nel caso di Mucor pusillus, muffa mesofila del suolo, il processo di estrazione parte dal terreno di coltura in cui questo fungo ad elevata attività proteolitica, viene lasciato crescere.

Per Endothia parasitica, fungo parassita del castagno, l’attività proteolitica del coagulante che si ricava, è aspecifica e superiore alla chimosina bovina e alle altre forme di caglio microbico evidenziate.

Il vantaggio dato dall’utilizzo di proteasi microbiche è dovuto alla maggior capacità coagulante di questi cagli rispetto ai vegetali, tuttavia i cagli microbici derivanti da terreni di coltura batterica, risultano avere una performance di coagulazione inferiore rispetto ai cagli microbici ottenuti da muffe.  Infatti, le cagliate ottenute utilizzando cagli batterici, hanno minore coesione e ciò può essere dovuto proprio all’elevatissima attività proteolitica.

Chiaramente, le differenti legislazioni concordano sull’esigenza di valutare la sicurezza alimentare dei cagli microbici, i quali vengono infatti sottoposti a controlli igienici e tossicologici severi necessari per verificare l’assenza di aflatossine e antibiotici nelle preparazioni. Inoltre, le preparazioni enzimatiche fungine sono sterili e ciò è dovuto alla metodica di preparazione del composto che parte con una precipitazione con solventi organici miscibili all’acqua o per una ultra-filtrazione.

Ma quanto caglio di ricava dai brodi di coltura microbici?

Durante il processo di preparazione, molto spesso, si rischia di trascinare i batteri ancora attivi tra cui lattobacilli resistenti al sale e questi potrebbero risultare potenzialmente pericolosi. La presenza di microrganismi attivi è, inoltre, causa dei difetti organolettici che possono caratterizzare i formaggi, e la loro presenza può essere dovuta a problemi di filtrazione. Per questi motivi il quantitativo di caglio microbico che si estrae dai terreni colturali, non è elevato.

In generale, con i cagli microbici, rispetto al caglio animale, il rassodamento della cagliata risulta richiedere tempistiche più prolungate nella fase iniziale del processo di coagulazione, mentre nella fase finale, i tempi si restringono enormemente. Pertanto, nell’utilizzo di cagli microbici, è necessario velocizzare il processo di lavorazione.

I cagli da DNA ricombinante

L’ultima tipologia di proteasi che affronteremo è quindi il caglio genetico. Su questo prodotto non esistono ancora molte informazioni, infatti, il suo utilizzo è sottoposto a numerosi vincoli legislativi e vietato per le produzioni di formaggi DOP.

Come è noto a tutti, il DNA contiene tutte le informazioni genetiche di un organismo, è organizzato in geni ed è presente in ogni cellula. Ogni gene è responsabile della codificazione di una proteina specifica che viene sintetizzata dopo il trasferimento del codice genetico dal cromosoma al citoplasma cellulare. Ciò avviene ad opera dell’mRNA.

Ma come si applica questo concetto al mondo della coagulazione?

Inserendo i geni che codificano la chimosina in microrganismi non patogeni e di cui si può controllare il processo di crescita, si ottengono dei prodotti con gli stessi caratteri della chimosina bovina, in grado, quindi, di coagulare il latte.

Dal punto di vista strettamente tecnologico, i cagli genetici sono ottimi in termini di resa alla caseificazione. Essi hanno, infatti, un’attività coagulante superiore rispetto ai cagli microbici tradizionali ed anche per questi è necessaria un’analisi igienico-sanitaria per valutarne la sicurezza nell’utilizzo.

Questa tipologia di caglio viene estratta da chimosina di microrganismi quali Escherichia coli, Aspergillus nidulans e Kluyveromyces lactis ma non ha un’ampia applicazione commerciale.

Bibliografia:

Alais, C. (2000). Scienza del latte. Tecniche nuove.

Trattato di tecnologia casearia (2001), Ottavio Salvadori Del Prato

 

Leggi tutti gli articoli del focus:

  1. Caglio e dintorni: come calcolare l’attività coagulante?
  2. Caglio e dintorni: il caglio animale
  3. Caglio e dintorni: la frontiera dei cagli vegetali
  4. La fattoria Ottopassi si racconta a Domus Casei: il caglio vegetale per un prodotto tradizionale
  5. Caglio e dintorni: i microbici e da chimosina ricombinante
  6. Caglio e dintorni: Chr. Hansen da circa due secoli sviluppa caglio ed enzimi coagulanti adatti a numerose applicazioni casearie