Dopo la pubblicazione del nostro articolo Abbiamo visto “Food for Profit”  abbiamo ricevuto diversi commenti da parte dei nostri lettori. La settimana scorsa abbiamo pubblicato quello ricevuto da Roberto Preti, Medico Veterinario libero professionista di Milano. Oggi invece riportiamo il commento inviatoci da Caterina Avanza, responsabile agricoltura per Azione (Carlo Calenda), che ha seguito la proiezione del film nel Parlamento europeo. La riflessione tocca temi importanti come il ruolo del giornalismo e chi ci potrebbe essere dietro il finanziamento di questo documentario.

La lettera

Lavorando al Parlamento europeo come consigliera politica in materia di agricoltura, ho ritenuto giusto andare a vedere il film di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi. Ho come filosofia quella di ascoltare sempre tutte le parti interessate, solo così si è in misura di lavorare con equilibrio sui dossier.

Come ho precisato in un comunicato stampa uscito dopo la proiezione, quello che stupisce, e persino allarma, è la confusione di genere. Siamo di fronte a un reportage giornalistico o ad un atto di militanza animalista?

Giulia Innocenzi si è presentata come giornalista di investigazione. Ma il giornalismo segue regole ben precise dettate da una deontologia che qui non ritroviamo. In nessun momento la Innocenzi spiega quale metodologia è stata utilizzata per selezionare gli allevamenti che poi ha scelto di andare a filmare di notte. In nessun momento si è ritenuto utile dare la parola a degli esperti, professori o veterinari che conoscono il mondo della zootecnia e del benessere animale. In nessun momento si è pensato fosse necessario mostrare delle statistiche, come la curva di utilizzo degli antibiotici negli allevamenti o il livello di emissioni, entrambe in calo.

È palese quindi che è stata fatta una scelta di spacciare per giornalismo un atto di militanza, legittimo, se fosse fatto secondo le regole.

Infatti il Parlamento europeo impone a tutti i portatori di interesse, qualunque essi siano, di dichiararsi nel registro di trasparenza cosi da palesare le fonti di finanziamento, cosa che ovviamente i giornalisti non sono tenuti a fare!

In effetti, vale la pena interessarsi a chi ha finanziato il film della Innocenzi: Avaaz, Vegan grants, Green World, tutte ONG americane! Visto che il consumo di carne non diminuisce, e la FAO dice che aumenterà del 20% da qui al 2050, cosa di meglio che influenzare le politiche pubbliche europee perché smantellino il sistema produttivo dell’Unione così importeremo carne americana e per gli Stati Uniti si apriranno nuovi mercati, in precedenza coperti dagli Europei.

Direi “chapeau”!

Quello che si dice una lobby efficace. Ma continuiamo nella lista dei finanziatori e troviamo Sebastiano Cossia Castiglioni, Fondatore di Vegan Capital, che investe nel settore plant-based e proteine alternative agli animali, e Michiel Van Deursen, che si definisce “Vegan Investor at Capital”, cioè un magnate delle alternative alla carne, ai quali si aggiunge Davide Parenti, ex “giornalista” delle Iene. È chiaro che più cittadini italiani, dopo aver visto il film della Innocenzi smetteranno di mangiare carne da allevamento e più decideranno di provare le “polpette” e i “nuggets” vegetali venduti in gran parte da queste società. Anche qui direi che si tratta di un’operazione degna di nota. Se volete spiegare a degli studenti come si fa lobby senza spendere troppo, direi che il documentario della Innocenzi è l’esempio più riuscito che io abbia mai visto.

Interessante inoltre notare che nel documentario si parla anche di nuove tecniche genomiche, le TEA, accusate di essere uno strumento per aumentare il profitto. Non importa se la verità scientifica è tutt’altra e che, il giorno del voto sulle NGT al Parlamento europeo, 37 premi Nobel abbiano scritto ai deputati europei per chiedergli di votare secondo la scienza e non secondo “ideologie populiste antiscientifiche”. Quello che è interessante è che queste tecniche, a differenza dell’Europa dove la loro autorizzazione è in corso di discussione, sono già legali, per esempio, negli Stati Uniti. Ebbene le TEA danno un vantaggio concorrenziale molto importante perché permettono di fare agricoltura con meno acqua, meno fitofarmaci e meno fertilizzanti, ancora una volta a guadagnarci sono tutti tranne che noi Europei!

Comunque sono delusa perché avevo accettato l’invito della Innocenzi ad andare insieme a visitare, a sorpresa, degli allevamenti, ma poi non mi ha più fatto sapere nulla!