Ismea ha pubblicato in questi giorni il suo consueto report “Tendenze Lattiero-caseario (luglio 2023)” nel quale, con il supporto dei dati, aggiorna gli operatori di questa filiera su come stanno andando produzione, vendite e ricavi del latte e dei suoi derivati. Ruminantia il 25 luglio 2023 ne ha pubblicato una sintesi in un articolo intitolato “Ismea, mentre in Italia calano le consegne di latte vaccino l’import si impenna (+76%)”.

Nell’Unione europea, circa il 65% del latte bovino viene prodotto da Germania, Francia, Olanda, Italia e Polonia, per cui sono questi gli Stati sui quali concentrare la massima attenzione.

Il latte bovino nel mese di giugno 2023 è stato quotato a 44.91 euro/q.le in UE. Andando più nel dettaglio, il prezzo è stato di 44.33 euro/q.le in Germania, 43.13 euro/q.le in Francia, 43.25 euro/q.le in Olanda e 44.35 euro/q.le in Polonia.

In Italia il prezzo del latte alla stalla a giugno 2023, seppur in calo rispetto ai mesi precedenti, è stato di 52.25 euro/q.le, esponendoci al rischio di ulteriori e pesanti cali in quanto ritorna ad essere molto conveniente importare latte da altri paesi comunitari.

A scoraggiare questa pratica il fatto che tutti i prodotti lattiero-caseari che recano in etichetta claim riconducibili alla provenienza italiana del latte sono “legalmente” tutelati, al pari, se non di più, di quelli a denominazione d’origine. Allo stato attuale non disponiamo di informazioni dettagliate relative al numero di interventi di controllo effettuati dalle nostre autorità competenti e alle difformità eventualmente rilevate, perché è bene sapere che dichiarare italiano un latte che non lo è genera reati di concorrenza sleale, pubblicità ingannevole, truffa in commercio, etc., e che per accertarli a volte basta un semplice bilancio di massa.

Durante il periodo gennaio-maggio 2023, rispetto agli stessi cinque mesi dell’anno precedente, molti dei maggiori produttori di latte europei hanno aumentato le loro produzioni. La Germania ha prodotto il 2.7% in più, l’Olanda il 3.2% e la Polonia il 2.1%, mentre in Francia il calo è stato del 2% ed in Italia dell’1.6%.

Negli ultimi tre anni e mezzo il Covid, la guerra in Ucraina e l’inflazione hanno impedito ogni razionale previsione sui costi di produzione del latte e sui ricavi.

Il latte è a tutti gli effetti una commodity, e come tale il suo prezzo alla stalla è estremamente fluido e volatile. In queste condizioni, però, sono pochi gli allevamenti che riescono a sopravvivere, a discapito della tanto decantata sovranità alimentare nazionale, il made in Italy e la sicurezza alimentare.

La saggezza popolare dice che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, e credo che in molti, se non moltissimi, ci siamo stancati di essere rappresentati da chi “predica bene ma razzola male”, sia esso di destra o di sinistra.

Riteniamo che in questo momento non sia prioritario occuparsi di carne coltivata, latte sintetico e farine d’insetti, ma di prezzo del latte alla stalla e di molte altre commodity agricole, come il grano. Riteniamo sia prioritario intervenire, sia a livello italiano che europeo, sui costi energetici e dare una razionalità al mercato del lavoro in agricoltura.

Quello che serve non sono i sussidi economici a pioggia, perché questi generano solo un accumularsi dei debiti che poi qualcuno dovrà pagare, ma interventi quadro, ossia “non pesci ma insegnare a pescare”.

Per far uscire gradualmente i prodotti agricoli come il latte, visto che sono d’interesse strategico nazionale, dalla logica delle commodity, il governo deve promuovere lo studio di un meccanismo di ancoraggio del latte (ma anche di altri prodotti) ai costi di produzione, come sta avvenendo in Inghilterra.

Di quanto sta succedendo nel Regno Unito ne abbiamo parlato nell’articolo “Prezzo del latte: l’Inghilterra fa una legge per garantirne l’equità“, a cui ne seguirà un altro dove verrà dettagliato cosa sta facendo un altro Stato, anche in questo caso extra-comunitario, che ritiene strategica per gli interessi nazionali la produzione di latte.

Il tempo delle manifestazioni e delle proteste per il prezzo del latte crediamo sia finito, perchè questo tipo di interventi non ha mai dato dei risultati reali, se non quelli elettorali ai partiti e alle organizzazione che le hanno promosse. Sono inutili anche i tavoli convocati dai politici per far dialogare gli industriali, la GDO e gli allevatori.

Ora servono azioni “tecniche” rapide.

Altro enorme rischio dei prodotti di origine animale è il calo dei consumi, fenomeno che non può essere arginato a nostro avviso cercando il nemico di turno o erigendo muri ai confini, ma studiandolo a fondo con chi ne sa e trovando provvedimenti. Ad oggi nulla si è fatto in questo senso, e quello che stiamo raccogliendo è ovviamente solo quello che è stato seminato.