Fino a non molto tempo fa, il mondo produttivo dei formaggi erborinati era limitato ad aree circoscritte legate ad una produzione storica e alle denominazioni di origine protetta (DOP). Negli ultimi anni stiamo invece assistendo alla nascita di diversi Blu, prodotti anche da caseifici aziendali e piccoli caseifici. Ovviamente per noi italiani il formaggio erborinato per eccellenza è sempre stato e resta il Gorgonzola, uno dei formaggi più antichi della cultura casearia italiana e di questo abbiamo già avuto modo di parlare.

Gli erborinati per antonomasia sono il Roquefort e il Blu d’Auvergne in Francia, il Cabrales in Spagna, il Blue Stilton in Inghilterra; anche il Nord Europa vanta diverse produzioni di formaggi blu. Ma cosa accomuna tutti questi prodotti? Chiaramente l’erborinatura o, per volerlo dire nel modo tutto italiano con cui è nato, l’erborin (che in dialetto lombardo significa prezzemolo proprio per le caratteristiche venatura verdi-bluastre che accomunano tutti questi formaggi) nonostante i diversi metodi di produzione e le diverse tipologie di latte utilizzato.

Perché parlare oggi di questo prodotto confinato per lo più a realtà specializzate in queste produzioni?

Le motivazioni sono molteplici:

  • si tratta genericamente di prodotti con rese casearie medio-alte;
  • in tempi di maturazione brevi manifestano un bouquet aromatico difficilmente raggiungibile con altre produzioni casearie che permettono quindi al caseificio di presentare un carrello di formaggi più ampio senza affrontare i costi imponenti di un capitale fermo a lungo;
  • incontrano l’interesse dei negozi specializzati e dell’alta ristorazione, dando quindi al caseificio maggiori possibilità di emergere;
  • sono formaggi molto consumati da un’ampia fetta di mercato, italiana e estera.

Cerchiamo di capire cosa caratterizza questi prodotti in fase produttiva. È difficile generalizzare perché tutte le produzioni sono differenti e quindi farò prevalentemente riferimento al metodo di produzione del Gorgonzola, produzione che da un paio d’anni abbiamo inserito nei programmi di Accademia Internazionale dell’Arte Casearia, con delle varianti che ne permettano la produzione anche in caseifici artigianali.

La caratteristica più importante è legata allo sviluppo del Penicillium roqueforti all’interno della pasta.

Originariamente queste muffe, presenti naturalmente negli ambienti di stagionatura, colonizzavano il formaggio penetrando attraverso le spaccature della crosta, in seguito si è iniziato ad inoculare le muffe partendo dai miceli che si sviluppavano nel pane di segale, appartenenti appunto alla stessa famiglia, e infine ad oggi, dopo lunghi studi di riproduzione, selezione e analisi delle tossicità, vengono distribuite in forma liquida salina o liofilizzata, con diverse possibilità di scelta in funzione della colorazione dell’erborinatura desiderata, alla tolleranza al sale da parte della muffa e all’intensità aromatica finale che si vuole ottenere. Potete chiederle al vostro rivenditore di caglio, fermenti e coagulanti che, di norma, commercializza appunto anche tutti i generi di lieviti e muffe ad attitudine casearia.

Le muffe selezionate vengono aggiunte sia al latte prima dell’aggiunta del caglio, sia alla cagliata prima della formatura. Per poter però permettere il loro sviluppo all’interno della pasta del formaggio, che inizierà a manifestarsi visibile ad occhio nudo a circa 20 giorni dalla produzione, è necessario permettere l’ingresso di ossigeno all’interno della forma.

Per permettere ciò si possono percorrere tre strade:

  • l’aggiunta di batteri lattici eterofermentanti che, sviluppando gas all’interno della pasta del formaggio, creano un’occhiatura;
  • l’aggiunta di lieviti che spaccano internamente la cagliata;
  • la rottura meccanica data dalle forature della pasta del formaggio.

Considerate che una forma di Gorgonzola presenta circa 200 fori che vengono praticati su una faccia tra il 6° e il 10° giorno di produzione e sull’altra tra il 15° e il 20° giorno. Vista la difficoltà in un ambiente artigianale di mantenere aperte queste fessurazioni, il consiglio è di utilizzare sia l’azione fermentativa, sia quella meccanica.

Un’immagine delle tipologie di blu prodotte all’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia. A sinistra, blu classico; a destra, blu allo zafferano. Circa due mesi di stagionatura. La foto è di proprietà dell’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia.

Vediamo ora una possibile ricetta, creata all’interno dell’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia ed utilizzata sia duranti i corsi, sia nei miei prodotti d’alpeggio, focalizzandoci però sul concetto delle variabili. Durante le lezioni ci soffermiamo molto su questo aspetto, in quanto nel formaggio, che è materia viva soprattutto se prodotto a latte crudo, la ricetta generica applicata senza concezione delle variabili darà sempre prodotti differenti.

  • Latte crudo riscaldato a 34 °C: già lavorando con un latte crudo non omogenizzato introduciamo una prima variabile rispetto al mondo del Gorgonzola in cui il latte, oltre ad essere pastorizzato, viene spesso omogenizzato in modo da avere una maggior superficie di contatto tra componente grassa e muffa.
  • Inoculo all’1% di lattoinnesto con acidità pari a 25 SH/50 ml e batteri lattici mesofili eterofermentanti selezionati del genere Leuconostoc.
  • Insemenzamento delle muffe liofilizzate.
  • Sosta di 30’.
  • Aggiunta del caglio 20 ml/q tit. 1: 20 000 rapporto chimosina/pepsina 80/20.
  • Sosta di 30’ (presa x 3).
  • 1° taglio a pesca da effettuare con coltello o spada.
  • Sosta di 15’.
  • 2° taglio a noce sempre solo con coltello o spada.
  • Questo taglio aggiuntivo nasce da un’intuizione di Carlo Piccoli, direttore dell’Accademia, nell’intento di rendere la cagliata più gestibile anche da un piccolo caseificio. Il risultato finale è un formaggio leggermente più asciutto rispetto ad un Gorgonzola al cucchiaio che riteniamo troppo complicato da gestire in un piccolo caseificio. 
  • Sosta di 15’.
  • Estrazione con spatola su banchi di drenaggio ricoperti da apposite tele e canali di sgrondo. Questo passaggio è molto importante perché permette di far drenare il siero dalla cagliata, cosicché in fase di formatura si mantenga una corretta areazione della pasta che ci consentirà poi un miglior sviluppo delle muffe.
  • Sosta di 60’ mantenendo la cagliata al caldo in modo da far proseguire l’acidificazione.
  • Formatura. La formatura va effettuata considerando che la cagliata continuerà a drenare. Vanno quindi utilizzati stampi con uno scalzo alto oppure aiutandosi con un sovrastampo. Inoltre noi preferiamo inserire all’interno dello stampo una tela che ci permette di svolgere i rivoltamenti in modo più agevole.
  • Stufatura fino a pH 4,8 o 18/22 SH/50 ml con rivoltamenti effettuati ogni 30’.

A questo punto il formaggio viene mantenuto nello stampo ma riposto in un ambiente freddo in modo da fissare l’acqua e quindi la successiva umidità finale. Passate le 24 h in ambiente freddo ( 4-6 °C), il formaggio viene trasferito in un ambiente caldo (18-22 °C) detto purgatorio dove sosterà per 24 h. Questa passaggio è importante sia in caso di utilizzo di lieviti, che in questa fase andranno a rompere una pasta che ha perso di elasticità in seguito alla gessatura, sia nel caso di utilizzo di batteri lattici mesofili eterofermentanti che andranno a sviluppare spaccature e occhiature. Terminata questa fase il formaggio può essere tolto dallo stampo, salato a secco e riposto a stagionare in un ambiente con temperatura prossime ai 6 °C e l’85/90% U.R. A partire dall’ottavo giorno si può procedere con le forature su una faccia, da effettuare sull’altro lato dopo altri 10 giorni.

Attenzione: la maturazione al freddo non è secondaria in quanto, se stagionato in un ambiente più caldo, non appena le muffe inizieranno a svolgere la loro azione enzimatica di lipolisi, proteolisi e demineralizzazione dei sali di calcio, la massa inizierà a cremificare ostruendo i fori che permettono l’ingresso di ossigeno e quindi lo sviluppo ottimale delle muffe. La maturazione minima è di due mesi in queste condizioni e si può ritenere ultimata non appena il formaggio risulterà completamente cremificato, non presentando più aree di gessatura. Un formaggio non ancora maturo manifesterà sentori amarotici e metallici, mentre un prodotto sovramaturo tende a dare sentori saponati.