Non credo sia più necessario convincere gli allevatori di quanto sia importante garantire una buona preparazione al parto alle bovine.

Questo periodo deve essere effettivamente di almeno tre settimane e deve essere trascorso in un ambiente grande, pulito ed adeguatamente raffrescato se siamo in estate. Questa raccomandazione potrebbe sembrare superflua se negli allevamenti i parti fossero come numero adeguatamente distribuiti in tutti mesi dell’anno. Nella realtà può invece avvenire che dopo il rallentamento dei parti tipico della primavera essi si concentrino a fine estate e inizio autunno, mettendo a dura prova il comfort sia delle bovine in asciutta che di quelle in preparazione al parto.

Molti studi confermano che il caldo estivo, il sovraffollamento del reparto di preparazione al parto e la lunga durata delle ore luce sono un mix esplosivo per il conseguimento di un buon successo produttivo, riproduttivo e sanitario della successiva lattazione.

Se si dovessero verificare queste condizioni è difficile che farmaci metabolici ed additivi possano fare la differenza, ma un aiuto anche sensibile lo possono dare.

Tralasciando almeno per il momento di trattare l’argomento “farmaci metabolici”, facciamo una breve rassegna di alcuni degli additivi di “comprovata efficacia” che potrebbero essere di aiuto in preparazione al parto, fase del ciclo produttivo di bovine, bufale, capre e pecore dove si creano i principali fattori di rischio delle malattie metaboliche.

Nella top 6 metterei al primo e secondo posto la colina e la metionina rumino-protette. Anche se sono due principi attivi molto diversi, perché il primo è una “simil” vitamina ed il secondo un aminoacido, sono tutti e due essenziali, si comportano da donatori di metili e fanno molto bene al fegato sia per la prevenzione che per la “terapia” del fegato grasso, patologia tipica di tutti i ruminanti da latte ad alto potenziale genetico.

Al terzo posto inserirei quelle molecole che possono fornire supporto, diretto o indiretto, alla sintesi del glucosio, di cui c’è molto bisogno nella fase di transizione e la cui carenza è causa di molti dei problemi della successiva lattazione. Allo scopo si possono utilizzare il glicole propilenico ed il propionato di sodio. Si possono impiegare anche fonti dirette come il saccarosio ed il melasso, oppure le maltodestrine ed il glicerolo. Queste ultime molecole si utilizzano anche per rendere meno inappetibile il glicole propilenico, stimolano la crescita del microbiota ruminale e quella quota che scavalca il rumine può offrire glucosio assorbibile nell’intestino.

In quarta posizione metterei i cosiddetti sali anionici, ossia fonti di cloro e zolfo che acidificando il sangue aiutano a prevenire la temibilissima sindrome ipocalcemica. Questo genere di additivi è utilissimo se il problema esiste e non è risolvibile in nessun altro modo, ma possono essere pericolosi in quanto a causa della loro elevata scarsa appetibilità posso compromettere la già critica capacità d’ingestione durante la preparazione al parto.

In quinta posizione si possono inserire gli antiossidanti come il selenio e la vitamina E, utilizzabili sia per via orale che via iniettabile stando però ben attenti al dosaggio in quanto specialmente il selenio potrebbe essere molto tossico per gli animali a cui viene somministrato.

In sesta posizione possiamo inserire i terreni di fermentazione dei funghi del genere Aspergillus ed il lievito di birra. Anche se hanno meccanismi d’azione differenti, entrambi questi additivi hanno la funzione di stimolare le fermentazioni ruminali e la salute del rumine.

L’acidosi ruminale sub-clinica è una patologia diffusa in questa fase per moltissime ragioni: questi additivi posso aiutare anche molto.