IN BREVE

I minerali argillosi, anche detti clay, come la bentonite, la montmorillonite, etc., vengono utilizzati in molte attività umane compreso l’agroalimentare. Inseriti nelle diete degli animali da reddito hanno effetti positivi sulla loro salute adsorbendo pericolosi contaminanti degli alimenti come le micotossine, i metalli pesanti, radionuclidi, fitotossine ed enterotossine. Per questi ed altri motivi aiutano la produttività, la salute e la riproduzione.

Gli effetti positivi, ma anche quelli negativi, in zootecnia possono dipendere da molti fattori, alcuni dei quali non conosciuti. L’uso prolungato, il tipo di clay utilizzato e il dosaggio d’impiego potrebbero creare effetti collaterali negativi.

Introduzione

I minerali argillosi, clay in inglese, vengono impiegati con notevole versatilità in diverse attività umane, compreso il settore agroalimentare. Tra di essi, ricordiamo la bentonite e la montmorillonite che in zootecnia vengono impiegate come additivi per gli alimenti (leganti o binder) in ragione dei loro molteplici effetti benefici, primi fra tutti l’azione protettiva nei confronti delle micotossine e di altri contaminanti dei mangimi, inclusi metalli pesanti, radionuclidi, fitotossine, enterotossine e microorganismi patogeni, che mettono a repentaglio la salute e il benessere degli animali, causano ingenti perdite economiche e rappresentano un rischio anche per la salute del consumatore. I minerali argillosi, ritenuti inerti e per questo sicuri, sono perciò ampiamente impiegati come additivi alimentari. Tuttavia, alcuni studi hanno evidenziato la presenza di effetti collaterali, sia positivi che negativi, imputabili alla capacità dei clay di interferire con il metabolismo di vari nutrienti e farmaci, con la microflora/microfauna e la mucosa intestinale/ruminale.

L’utilizzo dei minerali argillosi nel settore zootecnico pare destinato ad aumentare in futuro, in quanto i cambiamenti climatici potrebbero portare a un aumento della diffusione delle micotossine in diverse regioni del mondo. In Europa, ad esempio, si stima che esse diventeranno un problema grave nei prossimi 100 anni: il clima sempre più mite nei Paesi Nord-europei renderà queste aree via via più adatte alla crescita dei funghi e alla produzione di micotossine, mentre il surriscaldamento e la siccità nei Paesi meridionali causerà il calo della produzione agricola fino alla desertificazione e la sostituzione delle micotossine attualmente prevalenti con le più pericolose aflatossine. Inoltre, le attività minerarie, alcune produzioni industriali, alcune attività agricole e lo smaltimento dei rifiuti, se non adeguatamente regolate, possono mantenere nelle catene trofiche un livello di fondo dei metalli pesanti di un certo rilievo per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi. Infine, alcune esperienze suggeriscono che l’impiego dei minerali argillosi potrebbe contribuire al controllo di importanti problematiche legate all’allevamento intensivo, quali l’insorgenza di alcune patologie (per esempio l’acidosi ruminale sub-acuta – SARA, le mastiti etc.), il fenomeno dell’antibiotico-resistenza e l’emissione di ammoniaca e di gas serra da parte degli animali.

Sebbene gli organi legislativi nazionali e sovra-nazionali abbiano emanato delle prescrizioni e delle linee-guida per l’impiego dei minerali argillosi come additivi negli alimenti per animali, i loro effetti sugli stessi non sono completamente noti e compresi, anche a causa del fatto che la composizione chimica e le dimensioni delle particelle dei minerali argillosi sono molto variabili. Di queste caratteristiche, che influenzano notevolmente le proprietà e le azioni degli additivi minerali, le informazioni disponibili sono limitate e lacunose. In particolare, nelle pubblicazioni scientifiche sono spesso assenti le informazioni sulla composizione dei minerali e sulle dimensioni delle particelle. Sarà, quindi, estremamente utile raccogliere in maniera sistematica le informazioni sulle potenziali azioni biologiche di tali sostanze e ampliare le conoscenze sulle potenziali controindicazioni.

Meccanismo d’azione

I minerali argillosi esplicano il loro effetto protettivo mediante l’adsorbimento dei contaminanti, prevenendone l’assorbimento nell’apparato gastrointestinale degli animali e la conseguente distribuzione in tessuti e organi (responsabile della comparsa degli effetti tossici e del carryover dei contaminanti nei prodotti di origine animale) e favorendone l’espulsione con le feci. L’adsorbimento si realizza attraverso una o più forme di interazione, non ancora completamente chiarite, tra la superficie dei minerali argillosi e le sostanze nocive/indesiderate. L’adsorbimento delle aflatossine è una delle funzionalità più studiate e per la quale sono stati proposti differenti meccanismi (es. assorbimento selettivo, formazione di legami a idrogeno, interazione donatore-accettore di elettroni, legami di coordinazione, interazioni ione-dipolo, e altri ancora), che dipendono dal minerale considerato e possono anche coesistere.

Il tipo di interazione e l’efficienza dell’adsorbimento dipendono da numerosi fattori, in primis il tipo e le caratteristiche del materiale argilloso (porosità, carica totale, dimensione delle particelle, stratificazione e spazio tra gli strati, etc.) e del contaminante (forma, dimensioni, polarità etc.) considerati, nonché la loro concentrazione. Nel caso delle micotossine, ad esempio, si è visto che i minerali argillosi hanno maggiore affinità per i composti polari (aflatossine) rispetto a quelli debolmente polari (zearalenone, ocratossina A, tricoteceni) o acidi (fumonisine), per via della loro superficie idrofilica con carica negativa. Tra le diverse tipologie di clay, le smectiti, come la bentonite e la montmorillonite, manifestano un elevato potere adsorbente sia nei confronti delle micotossine che dei metalli pesanti, grazie alla loro struttura a lamine stratificate provvista di un ampio spazio tra le lamine e di notevole porosità, che comporta un’elevata superficie di adsorbimento. Diversamente, altri minerali argillosi, come l’illite o la caolinite, possiedono una struttura stratificata con un ridotto spazio tra le lamine ed espongono la sola superficie esterna per il legame con i contaminanti. A complicare il quadro, si riscontra un’estrema variabilità della capacità adsorbente all’interno della stessa tipologia in funzione dell’origine mineraria. È tuttavia possibile modificare e/o incrementare l’affinità dei minerali argillosi nei confronti dei vari tipi di contaminanti grazie a opportuni trattamenti (es. combinazione con composti organici, attivazione acida o sodica, calcinazione).

Altri fattori che possono condizionare l’efficacia dei minerali argillosi come leganti derivano dall’interazione con l’ambiente ruminale/gastrico/intestinale dell’animale (tempo di transito, pH, temperatura, presenza di altre sostanze organiche e inorganiche). Un ruolo preminente nell’influenzare le proprietà dei minerali argillosi è svolto dalle dimensioni delle particelle e da come le caratteristiche dell’ambiente, incluso quello del tratto digerente, possono influenzare le dimensioni delle stesse. Poiché tali condizioni mutano notevolmente nei diversi tratti dell’apparato digerente e nelle varie specie animali, per valutare l’efficacia dei prodotti adsorbenti non è sufficiente basarsi su prove di adsorbimento utilizzando sistemi in vitro molto semplificati, ma occorre ricorrere a sistemi complessi di simulazione in vitro dell’apparato gastroenterico e a prove in vivo. Inoltre, come verrà spiegato successivamente, le dimensioni delle particelle possono influenzare l’interazione dei clay con le cellule intestinali.

Azioni biologiche positive

L’impiego di minerali argillosi è stato associato a effetti positivi sulle performance produttive degli animali da reddito, quali la quantità e qualità del latte prodotto dalle bovine lattifere, la crescita della lana nelle pecore, la produzione di uova nelle galline ovaiole, l’accrescimento e l’incremento ponderale di broiler, suini e manzi, la qualità delle carni avicole e l’efficienza riproduttiva di bovine e scrofe. Tali effetti non sono imputabili al solo adsorbimento di contaminanti alimentari e tossine endogene, bensì ad una capacità dei minerali argillosi di migliorare anche l’utilizzo dei nutrienti e la fisiologia ruminale, gastrica e intestinale, mediante meccanismi d’azione non ancora compresi del tutto. A essere implicato vi è sicuramente il comportamento bivalente nei confronti dei minerali: i clay infatti non sono solo capaci di legare i cationi metallici, ma anche di rilasciarli, in virtù delle condizioni ambientali in cui si trovano. Pertanto, una volta esposti all’ambiente gastrointestinale, essi possono fungere da fonte di minerali essenziali presenti nella loro composizione (es. Na, K, Fe, Ca e Mg) che diventano così disponibili per l’organismo animale. Il Na, ad esempio, è coinvolto in varie funzioni cellulari, incluso l’equilibrio acido-base e l’assorbimento intestinale di amminoacidi e glucosio. Livelli ottimali di Ca e Mg sono indispensabili per l’apparato muscoloscheletrico, la produzione di latte e uova. I minerali argillosi sarebbero in grado di migliorare la digestione e l’assorbimento dei nutrienti anche rallentando la velocità di transito dell’ingesta, interagendo con gli enzimi digestivi e fungendo da tampone del pH lungo il tubo digerente. L’interazione con proteine e amminoacidi, poi, è annoverata tra le cause dell’incremento della quota bypass e dell’efficienza del loro utilizzo nei ruminanti. I minerali argillosi sembrano anche in grado di modulare il microbioma ruminale e intestinale, favorendo la crescita di popolazioni microbiche benefiche a discapito di quelle patogene o responsabili di fermentazioni indesiderate. Infine, sarebbero in grado di proteggere la mucosa intestinale e incrementarne la funzionalità mediante il sequestro delle enterotossine batteriche, rinforzando il muco di rivestimento, inducendo un aumento di spessore dei villi, modulando il tessuto linfoide e l’infiammazione e riducendo lo stress ossidativo.

Potenziali effetti collaterali

In contesti sperimentali, l’impiego dei minerali argillosi non ha sempre portato ai risultati sperati, mostrandosi talora inefficace o, addirittura, evidenziando un effetto negativo sulle performance produttive e le condizioni di salute degli animali trattati. Ad esempio, la maggior parte degli studi condotti nei polli e nei suini per testare il potere protettivo dei minerali argillosi contro le tossine dei funghi del genere Fusarium (tricoteceni e zearalenone) non ha avuto esito positivo.

Tra i possibili effetti indesiderati dei clay, spicca sicuramente il rischio di indurre carenze a carico dei microelementi essenziali, quali vitamine e minerali, proprio a causa delle loro proprietà di “leganti non specifici”. Per quanto riguarda l’apporto dietetico di minerali, poi, bisogna ricordare che questi additivi “nascondono” nella loro struttura ioni inorganici, compresi metalli pesanti e essenziali e tossici, che sono in grado di rilasciare a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente in cui si trovano. Pertanto, i clay possono anche essere responsabili di un eccesso di minerali essenziali o essere fonte di elementi tossici. Possono inoltre interagire con alcuni ormoni (es. testosterone e ormoni tiroidei nel pollo) e con alcuni farmaci a uso veterinario, alterandone gli effetti. Ad esempio, la bentonite è in grado di ridurre o annullare l’efficacia di alcuni antibiotici, quali i macrolidi, e dei coccidiostatici, rendendo necessario evitare la somministrazione di bentonite in concomitanza con tali medicinali.

Un altro aspetto potenzialmente allarmante dell’uso dei minerali argillosi è l’interazione con le cellule dell’epitelio intestinale (enterociti, cellule del sistema immunitario e, potenzialmente, cellule del sistema endocrino diffuso e del sistema nervoso intrinseco) e con il microbiota. In molti esperimenti condotti su colture cellulari, infatti, sono stati osservati effetti citotossici, quali stress ossidativo, danno alla membrana, infiammazione, inibizione di alcune funzioni cellulari, genotossicità e apoptosi (morte cellulare programmata). Le cellule sono in grado di captare e interagire con particelle di dimensioni nell’ordine dei nanometri, fino ad alcuni micron, pertanto i problemi maggiori si possono osservare con i cosiddetti nanoclay. I minerali argillosi somministrati come additivi alimentari per animali solitamente possiedono particelle di alcune decine di micrometri; tuttavia, una volta ingeriti, sono sottoposti ad una serie di fenomeni fisici e chimici (es. masticazione, peristalsi, fluttuazioni del pH, acidità gastrica, idratazione, rilascio e adsorbimento di ioni, interazione con enzimi digestivi, microrganismi e biomolecole) che potrebbero alterare lo stato di aggregazione delle particelle, favorendo di volta in volta la loro aggregazione e disgregazione. Poiché gli additivi adsorbenti vengono comunemente somministrati negli allevamenti per lunghi intervalli di tempo e le particelle richiedono tempo per essere completamente eliminate dal tubo digerente, la possibilità di un’interazione tra i minerali argillosi e le cellule gastrointestinali non è da escludere. Anche se l’epitelio gastrointestinale è protetto da uno strato di muco, lo spessore di questo varia considerevolmente a seconda del tratto considerato, raggiungendo il minimo a livello dell’intestino tenue. Al momento, le informazioni sul destino delle particelle argillose durante il loro transito nel tratto gastroenterico sono ancora incomplete.

Nella maggior parte dei casi, gli squilibri indotti in vivo dai minerali argillosi risultano di lieve entità ed esitano in sintomatologia clinica e sensibile calo delle performance produttive solo in caso di somministrazione oltre la dose raccomandata. Tuttavia, bisogna considerare che gli studi sin qui condotti quasi mai prevedono la somministrazione per periodi lunghi, che rappresenta invece la normalità negli allevamenti. Inoltre, la maggior parte degli esperimenti sugli animali si è concentra sulla valutazione dell’efficacia dei minerali argillosi contro le micotossine, prevedendo quindi la co-somministrazione tossine fungine-additivo, ma quasi mai la somministrazione del solo additivo per il controllo di eventuali effetti non specifici. In più, i parametri valutati sono nella maggior parte dei casi meramente zootecnici, limitando la possibilità di evidenziare l’impatto dei minerali argillosi sui parametri fisiopatologici. Infine, spesso negli studi non vengono fornite le informazioni complete sulle caratteristiche chimico-fisiche dell’additivo impiegato. Tutto questo impedisce di valutare adeguatamente i risultati ottenuti e la presenza di effetti collaterali, positivi e negativi.

Conclusioni

In un contesto one-health, l’alimentazione degli animali da reddito non influenza solamente il settore zootecnico in termini di costi, salute, benessere e produttività animale, ma anche la qualità e sicurezza degli alimenti per l’uomo, l’approvvigionamento alimentare a livello globale, l’ambiente, etc. Pertanto, ogni suo aspetto andrebbe attentamente indagato e l’impiego dei minerali argillosi non fa eccezione. Considerando il probabile incremento dell’uso di questi additivi, si auspicano ulteriori studi per comprendere a pieno i loro diversi effetti e meccanismi d’azione, considerando soprattutto la somministrazione a lungo termine, l’accumulo e i fenomeni che si realizzano nell’apparato gastroenterico.

 

Questa sinossi è parte di un progetto di ricerca finanziato dal MiPAAF (DM 27443−25/09/2018, progetto BENFELAT) ed è tratta dell’articolo originale:

Damato A, Vianello F, Novelli E, Balzan S, Gianesella M, Giaretta E, Gabai G (2022). Comprehensive Review on the Interactions of Clay Minerals With Animal Physiology and Production. Frontiers in Veterinary Science, 9, DOI=10.3389/fvets.2022.889612, www.frontiersin.org/article/10.3389/fvets.2022.889612

Autori

Anna Damato1, Enrico Novelli1, Gianfranco Gabai1, Matteo Gianesella2, Elisa Giaretta1, Fabio Vianello1, Stefania Balzan1

1 Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione, 2 Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute, Università degli Studi di Padova