Grazie alle informazioni che ci ha fornito ANAFIBJ nel 2023, relative ai dati dei singoli animali raccolti dal sistema AIA/ARA nel corso dei controlli funzionali svolti tra il 2010 e il 2022, è possibile conoscere l’andamento di alcuni caratteri o fenotipi di una parte rilevante della razza frisona italiana allevata nel nostro Paese. Queste informazioni sono di enorme importanza per gli allevatori, per i professionisti che fanno consulenza e assistenza, per chi fa ricerca pubblica e privata, e per l’industria di trasformazione del latte. Tramite queste elaborazioni è possibile fare il benchmark, ossia confrontare un allevamento con stalle simili in un contesto nazionale, regionale e provinciale.
Il Regolamento (UE) 2019/6 sui medicinali veterinari abroga la direttiva 2001/82/CE e può essere integralmente recepito e reso esecutivo da tutti gli Stati membri dal 28 gennaio 2022. Tra le tante novità di questa “rivoluzione” nella gestione del farmaco veterinario c’è il divieto di utilizzare gli antibiotici per la profilassi delle malattie infettive degli animali a meno che non ci siano condizioni gravi che lo giustifichino.
Prima di questo regolamento era altamente consigliabile utilizzare preparazioni antibiotiche a tappeto su tutte le bovine in fase di asciugamento (blanket dry cow therapy o BDCT). Con la nuova normativa invece gli antimicrobici sono prescrivibili e utilizzabili solo sulle bovine che presentano una dimostrabile infezione mammaria e un’infiammazione (selective dry cow therapy o SDCT). Questo provvedimento è assolutamente condivisibile per prevenire l’antibiotico resistenza e, più in generale, l’uso irrazionale delle specialità veterinarie.
Per approfondire l’argomento consigliamo la lettura dell’articolo scritto per Ruminantia da Shmulik Friedman e Yaniv Lavon dal titolo “Terapia selettiva alla messa in asciutta – basata sull’evidenza”.
In Italia i medici veterinari buiatri utilizzano in genere le linee guide del Ministero della Salute “Uso prudente dell’antibiotico nel bovino da latte”.
Dopo questa importante premessa, iniziamo questo viaggio tra i numeri della Frisona italiana con un focus sulla salute della mammella utilizzando i fenotipi “media ponderata cellule somatiche individuali” (riga n° 23 del Sintetico Collettivo di AIA) e “% di capi con cellule somatiche >200.000/ml” (riga n° 33 del Sintetico Collettivo di AIA).
Per fare considerazioni corrette abbiamo deciso di utilizzare questo tipo di elaborazione al posto delle medie aziendali della SCC. I dati della media ponderata cellule somatiche individuali e quelli dei campioni di massa spesso non coincidono, quindi abbiamo scelto di utilizzare il primo parametro.
Media ponderata cellule somatiche individuali (SCC)
Dalla figura uno si evidenzia come la media ponderata delle cellule somatiche individuali delle bovine di razza frisona sia passata da 386.000 SCC nell’anno 2010 a 290.00 nel 2022. Nei primi 8 mesi del 2023 tale media è stata di 296.000.
Questa progressione può apparire molto lenta ma, vista la numerosità degli animali analizzati, l’eterogeneità degli allevamenti e la difficoltà di prevenire e curare con efficacia le mastiti, sia cliniche che sub-cliniche, ci sembra un risultato più che accettabile. Sicuramente le nuove mungitrici, l’igiene e una migliore tecnica di mungitura hanno dato il maggiore contributo all’ottenimento di questo risultato.
Nella figura due si vede chiaramente la netta e ovvia differenza che esiste tra SCC individuale delle primipare e quella delle pluripare. Per ragioni economiche e di rapporti con l’opinione pubblica in molti stanno puntando ad aumentare la longevità funzionale delle bovine.
Se rimane questa differenza tra le cellule somatiche individuali di primipare e pluripare c’è il rischio potenziale che con l’aumentare del numero di lattazioni medie e l’età media la SCC di un allevamento possa aumentare.
Percentuale di bovine con cellule somatiche individuali > 200.000/ml
In figura tre troviamo la percentuale di bovine con un livello di cellule somatiche > 200.000. Questo livello, anche detto cut-off, è considerato lo “spartiacque” tra una mammella sana e una infiammata. In futuro tale livello scenderà a 100.000 /ml. Come si nota facilmente nella figura, la linea di tendenza è nettamente al ribasso. Dal 2010 al 2022 si è infatti passati dal 35 al 25%, e questo è un risultato piuttosto confortante.
Nelle sottostanti figure quattro e cinque si vede chiaramente come ci sia una stagionalità nella concentrazione della SCC, e quindi nell’infiammazione della mammella.
E’ ormai da molti anni che si sta lavorando per prevenire lo stress da caldo e garantire il più alto livello possibile d’igiene degli allevamenti, e i risultati si vedono. Accanto all’evoluzione dei sistemi di raffrescamento e di pulizia delle stalle, qualcosa può fare la nutrizione clinica e la selezione genetica sull’efficienza del sistema immunitario della mammella.
Conclusioni
Il partecipare ai piani di selezione nazionale dà l’indubbio vantaggio di poter confrontare alcuni fenotipi con allevamenti che allevano la medesima razza. Questo consente di evitare falsi allarmismi oppure di sottovalutare un problema. Il livello di cellule somatiche nel latte è un biomarker importante per individuare e quantificare il livello d’infiammazione della mammella.
Latte proveniente da mammelle non sane non ha mai una buona attitudine casearia. L’infiammazione in generale, sia mammaria che podale, ma anche di altri tessuti, altera profondamente il metabolismo di una bovina e quindi le sue performance. L’azione di contrasto verso le mastiti fin qui svolta nel nostro paese sta dando i suoi frutti, ma il margine di miglioramento rimane ancora piuttosto ampio.
Molto potrà fare la genetica, perché selezionare animali con un buon sistema immunitario comporta una sicura riduzione dell’utilizzo del farmaco con benefici per l’ambiente e la salute umana.