Abstract

1.Introduzione

2.Il prezzo di non fare niente

3.Costi del miglioramento del benessere degli animali d’allevamento

4.Benefici derivanti dal miglioramento del benessere degli animali d’allevamento

4.1.Benefici per l’animale

4.2.Benefici per il Business

4.3.Benefici per la Società

5.Prendere decisioni basate sull’evidenza per quanto concerne il benessere degli animali d’allevamento

Riferimenti

Abstract

Serve denaro per migliorare il benessere degli animali d’allevamento. Per le persone che si occupano di allevare animali, ci sono molti fattori da tenere in considerazione quando si parla di cambiamenti nel management volti a migliorare il benessere degli animali, e la linea d’azione ottimale da intraprendere non è sempre così ovvia. Per quanto riguarda il benessere animale, mancano sistemi di supporto decisionale come le analisi economiche costi-benefici. Questa review cerca di fare chiarezza sui costi e sui benefici degli interventi relativi al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, consentendo così agli allevatori di prendere decisioni informate. Molti dei costi sono evidenti. Ad esempio, un certo livello di formazione del personale che si occupa del bestiame, la riconfigurazione dei recinti e la somministrazione di antidolorifici possono migliorare il benessere e comportare tutti dei costi. Altri invece risultano essere meno evidenti. Ad esempio, potrebbero esserci rischi sostanziali per quanto riguarda la protezione del mercato, l’accettazione da parte dei consumatori e la licenza sociale verso quegli allevamenti associati ad una mancata garanzia di buoni standard di benessere animale. Anche i benefici derivanti da un miglioramento del benessere degli animali d’allevamento sono difficili da valutare da un punto di vista puramente economico. Sebbene sia ampiamente riconosciuto come sia improbabile che gli animali con scarsi livelli di benessere abbiano una produzione ottimale, il miglioramento del benessere può apportare dei benefici che vanno oltre i guadagni legati alla produzione. Questi includono benefici per l’animale, effetti positivi sulla manodopera, vantaggio competitivo per le imprese, attenuazione del rischio e risvolti sociali positivi. Queste considerazioni sono state riassunte all’interno di uno strumento decisionale che potrebbe aiutare le persone che allevano animali ed i ricercatori hanno sottolineato la necessità di avere ulteriori prove empiriche per migliorare il processo decisionale in materia di benessere animale.

Parole chiave: benessere animale; processo decisionale basato sulle evidenze; licenza sociale

1.Introduzione

Il benessere degli animali è una preoccupazione crescente per la società e molte persone che si occupano di animali d’allevamento, come allevatori, addetti al bestiame, trasportatori e lavoratori dei macelli, stanno compiendo degli sforzi per migliorare il benessere di questi animali. Da quando nel 1965 il Comitato Brambell istituito dal Governo Britannico ha delineato i cinque punti del benessere degli animali sotto il controllo dell’uomo, dando origine a quelle che vengono definite le “cinque libertà” [1], sono stati messi a punto altri differenti schemi per valutare il benessere animale [2,3]. Ai fini di questa review, è stato definito il benessere animale come uno stato transitorio presente nell’animale che fa riferimento a ciò che l’animale prova. Questo si basa sulle definizioni di benessere animale presentate dalla World Organisation for Animal Health (OIE) e dalla French Agency for Food, Environmental, and Occupational Health and Safety (ANSES) e si basa sul lavoro di Mellor, Patterson-Kane e Stafford [4–6]. Indipendentemente dalla definizione che si può utilizzare per valutare il benessere animale, è importante riconoscere che esiste un continuum per gli animali, che va da stati negativi a stati positivi (Figura 1). Migliorare il benessere degli animali significherebbe garantire che le emozioni provate dall’animale siano il più possibile positive, cosa che spesso richiede l’attuazione di modifiche alle infrastrutture e alle pratiche gestionali eseguite dalle persone responsabili della cura e del trattamento degli animali. Nonostante il loro desiderio di migliorare il benessere degli animali d’allevamento, spesso a coloro che se ne occupano viene impedito di agire a causa della complessità decisionale su quali pratiche siano da migliorare ed in che misura. Ci sono molti fattori da tenere in considerazione, inclusi i costi associati al cambiamento delle pratiche gestionali, i possibili benefici per l’animale, i vantaggi previsti per l’azienda e altre implicazioni meno evidenti per la società. D’altro canto, potrebbe esserci anche un costo associabile ad un mancato miglioramento del benessere animale. I costi ed i benefici per migliorare il benessere in allevamento non sono sempre così evidenti. Un certo sforzo per comprendere il valore economico di un miglioramento del benessere animale è scaturito dai lavori di John McInerney, il quale afferma che la questione non è tanto quanto costi il miglioramento del benessere animale, ma quanto ne valga la pena metterlo in atto e, soprattutto, se questo supera il costo, lo rende una buona cosa da fare [7]. Questa review ha messo in chiaro uulteriormente i costi ed i benefici associati al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, con l’idea che ciò possa consentire alle persone che si occupano di animali di prendere delle decisioni informate.

Figura 1. Continuum del benessere animale. Il livello di benessere di un animale può variare da negativo a positivo. Mentre questi termini possono essere considerati soggettivi, con la possibilità che il significato cambi tra le persone e nel tempo, il principio è che esiste un continuum di livelli di benessere animale. Il costo per assicurarsi che il benessere degli animali non sia negativo può essere considerato un costo essenziale. Il vantaggio economico derivante dall’investimento per spostare il livello di benessere degli animali verso stati più positivi è difficile da valutare, anche se la tutela del mercato garantita dall’ottenere e dal mantenere il sostegno dei consumatori e della comunità può giustificare i costi per assicurare livelli positivi di benessere animale.


2.Il prezzo di non fare niente

Quando si tratta di affrontare il discorso del benessere degli animali allevati, forse l’opzione più semplice sarebbe quella di non fare assolutamente nulla, ma potrebbe esserci un prezzo da pagare associato a ciò. Questo prezzo si presenta sotto forma di rischio. La preoccupazione dell’opinione pubblica per quanto riguarda il benessere degli animali d’allevamento è stata studiata per un periodo considerevole [8-13], e secondo alcune prove tale preoccupazione è in continuo aumento [8,11]. Il rischio per coloro che allevano animali è che se non fanno fronte adeguatamente alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sul benessere degli animali, il loro diritto di possedere e di utilizzare gli animali per i loro scopi commerciali potrebbe venire messo in discussione. Questa “…libertà d’azione che la società concede ai suoi cittadini per sfruttare le risorse per i loro scopi privati” è ciò che Martin, Shepheard e Williams (2011, p. 4) chiamano licenza sociale [14]. La licenza sociale viene concessa quando le industrie si comportano in modo coerente, non solo secondo i loro obblighi legali, ma anche secondo le aspettative della comunità [15-17]. Le tematiche relative al benessere animale, unitamente a quelle relative al cambiamento climatico, alla scarsità di acqua e al declino della biodiversità, vengono tutte riconosciute come potenziali minacce per la licenza sociale di un allevatore ad operare, ma alcuni sostengono che il benessere animale è recentemente diventato l’aspetto più importante alla base della licenza sociale per le aziende Australiane che allevano animali [18]. Sono poche le stime economiche del rischio di perdere la licenza sociale per operare nel settore dell’allevamento. Nel 2015, le aziende australiane della carne rossa hanno stimato che il rischio (al ribasso) di non riuscire a mantenere il sostegno dei consumatori e della comunità verso questo settore si tradurrebbe in una potenziale perdita di 3.9 miliardi di AUD (3.0 miliardi di USD) entro il 2030 [19]. Far fronte alle preoccupazioni dell’opinione pubblica riguardanti il benessere animale viene identificato come l’aspetto principale utile a mantenere il sostegno dei consumatori e della comunità. Questa perdita è stata confrontata con i potenziali guadagni di produttività che si traducono in 0.22 miliardi di AUD (0.17 miliardi di USD) per l’industria [19]. Per sapere se si sta effettivamente perdendo la licenza sociale, può essere utile misurare un parametro più tangibile, come la fiducia dell’opinione pubblica verso il settore dell’allevamento. Coleman et al. (2019) hanno studiato il coinvolgimento della comunità australiana in una serie di comportamenti volti ad esprimere un certo grado di dissenso nei confronti dell’industria del bestiame. Questi comportamenti prevedevano alcune azioni che richiedevano un investimento di sforzi relativamente ridotto, come parlare con la famiglia, i colleghi e gli amici, ed azioni che richiedevano maggiori investimenti, come scrivere ad un politico, chiamare la radio o donare denaro ad un’organizzazione che si occupa di benessere animale. Quando abbiamo messo a confronto questi comportamenti tra il 2013 e il 2019, la maggior parte di quelli che esprimevano dissenso (in particolare quelli che richiedevano un certo sforzo), erano aumentati in percentuale. Inoltre, più azioni di dissenso venivano intraprese, maggiore tendeva ad essere la sfiducia, con una correlazione sempre più forte nel periodo tra il 2013 e il 2019. Ad esempio, la correlazione tra questi comportamenti di dissenso e la “fiducia verso le persone coinvolte nell’industria del bestiame australiana” è passata da -0.37 a -0.44. [20]. Questi risultati dell’indagine indicano che la fiducia nell’industria del bestiame australiana potrebbe essere in declino. La mentalità dell’opinione pubblica nei confronti del benessere degli animali d’allevamento sta certamente cambiando, ma la misura in cui tali cambiamenti di pensiero stanno avendo un impatto economico su questo settore è ancora sconosciuta. Anche se l’industria del bestiame non perde la fiducia dell’opinione pubblica in generale, specifici aspetti relativi al benessere possono destare preoccupazione nelle altre parti interessate che possono influire sulla catena di approvvigionamento. La posizione dell’opinione pubblica nei confronti di specifiche pratiche messe in atto nell’allevamento intensivo, come il taglio del becco, il taglio della coda e la castrazione, è generalmente di dissenso [21] e campagne di sensibilizzazione mirate possono aumentare il profilo di un problema a tal punto da avere un impatto su tutto un settore. Ad esempio, circa la metà degli allevatori Australiani di pecore da lana intervistati nel 2011 riteneva che ai consumatori non interessasse il problema del mulesing [22], una pratica che prevede il taglio di lembi di pelle a forma di mezzaluna intorno all’area perineale e alla coda dell’agnello, in modo tale che dopo la guarigione si crea un’area di tessuto cicatriziale priva di lana e senza pieghe o rughe, rendendo l’animale meno suscettibile alle miasi [23]. Le opinioni degli allevatori sul mulesing concordavano con quelle dell’opinione pubblica raccolte mediante un sondaggio del 2000, secondo il quale la disapprovazione degli australiani nei confronti del mulesing era bassa (3%) [12]. Tuttavia, una campagna mediatica diffusa nel 2004 da People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) ha spinto alcuni acquirenti stranieri a boicottare l’acquisto di lana australiana [24,25], e nel 2006 il dissenso degli Australiani verso il mulesing era salito al 39%. [26]. Allo stesso modo anche lo spazio messo a disposizione per gli animali d’allevamento è stato oggetto di una significativa copertura mediatica negativa. Ad esempio, l’indagine Viva! “Happy Eggs” condotta in Gran Bretagna nel 2016 contro l’allevamento delle galline in gabbia ha portato ad un diffuso interesse mediatico contro le gabbie arricchite [27]. Una campagna simile condotta in Australia contro le gabbie per le scrofe, la campagna del 2014 “Save Babe” di Animals Australia, ha portato direttamente a dei cambiamenti nel settore, tanto che il rivisto Australian Code of Practice adesso prevede modificazioni della durata del tempo che le scrofe in gestazione devono trascorrere all’interno gabbie [12]. Un altro modo secondo il quale le tendenze nella preoccupazione dell’opinione pubblica verso il benessere degli animali d’allevamento possono avere un rapido impatto sull’industria che dipende dagli animali da allevamento è tramite l’azione del governo. Una copertura mediatica negativa, ad esempio i video sulla compromissione del benessere e sulla mortalità degli ovini durante il trasporto via mare di animali vivi dall’Australia al Medio Oriente e i video delle condizioni di stabulazione fatti dai gruppi che supportano il benessere animale [28], potrebbero scaturire ulteriore preoccupazione nell’opinione pubblica. Sebbene l’effetto di questi episodi sulle posizioni dell’opinione pubblica sia spesso di breve durata, i governi possono intervenire per attenuare questa preoccupazione dell’opinione pubblica ma spesso lo fanno con una tale rapidità che non concede abbastanza tempo all’industria del bestiame di adeguarsi. Esistono numerosi esempi di come una diffusa copertura mediatica del maltrattamento degli animali abbia portato ad un diffuso dibattito all’interno della comunità; a richieste da parte dei fornitori al dettaglio per poter soddisfare gli audit sul benessere; e, in almeno un caso, all’intervento immediato del governo [12]. Ci sono anche prove che la perdita della licenza sociale può portare ad un aumento dei contenziosi, ad un aumento delle normative e a crescenti richieste da parte dei consumatori, che ostacolano il successo delle industrie [15]. È interessante notare come esistano alcune prove di come la diffusa pubblicità di un evento avverso potrebbe non avere un impatto immediato sulle posizioni dell’opinione pubblica [29]. In questo caso, c’è stata una campagna mediatica australiana che denunciava la crudeltà sugli animali dovuta all’esportazione di pecore vive via mare. La posizione nei confronti dell’allevamento della carne rossa, l’accettabilità di questo settore e la fiducia negli allevatori coinvolti nell’industria della carne rossa sono stati valutati prima e dopo questa campagna e non sono cambiati. Tuttavia, non è noto se campagne ripetute di questo tipo avrebbero un effetto incrementale nel tempo sulle opinioni e sui comportamenti della comunità. Secondo Martin, Shepheard e Williams (2011), lavorare con la comunità, comprendere le sue opinioni su questioni importanti come il benessere degli animali e dell’ambiente, e cooperare piuttosto che remare contro di loro a scopo difensivo, sarebbero le metodiche di maggior successo per fronteggiare le minacce alla perdita della licenza sociale [14].

3.Costi del miglioramento del benessere degli animali d’allevamento

Molte persone presumono che se esiste un rischio per la licenza sociale, coloro che si occupano di animali d’allevamento dovrebbero effettuare tutte le modifiche necessarie alle loro attività per migliorare il benessere di tali animali. Tuttavia, ci sono dei costi collegati a questi cambiamenti. Alcuni dei costi sono costi una tantum dovuti a modificazioni delle infrastrutture e delle pratiche di gestione, alcuni sono costi di gestione permanenti e alcuni sono costi a cui tutte le aziende di un settore devono contribuire indirettamente. Tutti questi costi sono probabilmente dei fattori importanti nella decisione di intraprendere dei miglioramenti. I costi una tantum associati al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento possono essere significativi, soprattutto se sono necessarie importanti modifiche alle infrastrutture. Ad esempio, quando l’industria Australiana della carne suina ha scelto di eliminare volontariamente le gabbie per le scrofe entro il 2017, si è stimato che la riconfigurazione delle infrastrutture per la stabulazione dei gruppi e per la gestione dell’aggressività nelle scrofe gravide negli impianti di produzione di carne di maiale sia costata al settore 50-95 milioni di AUD (38–73 milioni di USD) [30,31]. Un altro esempio è la decisione di installare infrastrutture ombreggianti in alcuni recinti per l’ingrasso del bestiame al fine di ridurre l’intensità del carico termico sperimentato dagli animali. Nel 2011, Sullivan et al. hanno riportato che il costo della tela ombreggiante, unitamente al supporto strutturale e agli accessori, era di 59.75 AUD (45.99 USD) per 2.0 m2 (21.5 piedi2) di ombra per animale, e di 69.74 AUD (53.68 USD) per 4.7 m2 (50.6 piedi2) di ombra per animale [32]. Sulla base di queste cifre, un funzionario dei servizi tecnici dell’industria della carne bovina australiana ha messo a confronto i benefici di un miglioramento nell’assunzione di alimento e nel guadagno di peso della carcassa con il costo di installazione delle coperture ombreggianti nei recinti per l’ingrasso. Ha determinato che, sulla base di una dieta da 450 AUD/tonnellata (314 USD/tonnellata) a 3.05 AUD/kg (1.07 USD/lb) di prezzo dell’alimento per il bestiame e del prezzo del contratto finale di 6.10 AUD (4.69 USD), alimentare il bestiame all’ombra durante l’estate comporterebbe un aumento dei profitti di almeno 20 AUD/capo (15.39 USD/capo), senza tenere in considerazione l’eventuale mortalità o morbilità indotta dal caldo [33]. L’acquisto e la configurazione di tecnologie per il monitoraggio degli animali (ad esempio, l’allevamento digitale) è un altro esempio di costo dell’infrastruttura. Oltre ai costi per l’infrastruttura, i cambiamenti nella pratica gestionale al fine di migliorare il benessere degli animali d’allevamento richiedono spesso un’ulteriore formazione del personale. Ad esempio, è stato riscontrato che l’utilizzo dell’addestramento cognitivo comportamentale, che coinvolge le attitudini ed i comportamenti chiave degli allevatori, riduce la paura e aumenta la produttività nei bovini da latte e nei suini [34-36]. Dato che i costi associati alle modificazioni delle infrastrutture e alla formazione del personale possono essere significativi, la disponibilità di capitale è un aspetto importante per migliorare il benessere degli animali d’allevamento. Anche dopo che sono state apportate modifiche alle infrastrutture e che il personale è stato formato, potrebbero esserci costi continui associati al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento. Ad esempio, qualsiasi intervento per migliorare il benessere che potrebbe avere un effetto negativo sulla produzione (ad esempio, incremento di peso più lento o aumento delle tempistiche durante la manipolazione di routine o al momento della macellazione), equivarrebbe ad un costo continuo per l’azienda. Alcuni interventi per migliorare il benessere degli animali d’allevamento possono richiedere costantemente personale aggiuntivo e potrebbero esserci costi continui associati alle forniture, come l’acquisto di antidolorifici o di materiali per l’arricchimento, o per ulteriori interventi del veterinario. Questi costi continui devono essere tutti incorporati nel costo del prodotto e quindi, in ultima analisi, devono essere finanziati dai consumatori. Laddove vi siano lacune nella conoscenza del benessere degli animale d’allevamento, è necessario investire nella ricerca, nello sviluppo e nell’ampliamento delle conoscenze. Su scala internazionale, gran parte di questo investimento proviene dai contribuenti. Molti governi investono nella ricerca per migliorare il settore dell’allevamento dei rispettivi paesi e alcuni di questi investimenti possono essere destinati alla ricerca per il miglioramento del benessere degli animali. Inoltre, le aziende stesse possono contribuire al finanziamento della ricerca mediante prelievi imposti sulle loro vendite, come nel caso dell’Australia [37]. Pertanto, i costi associati alla ricerca, allo sviluppo e al rinnovamento rappresentano un costo indiretto continuo per le aziende che allevano animali. Ad esempio, l’industria della lana australiana ha investito nelle alternative al mulesing, tra cui l’impiego di analgesici adeguati e della ricerca genetica per sviluppare pecore meno suscettibili alle miasi. L’attuale strategia per il controllo delle miasi del posteriore pubblicata da Australian Wool Innovation (AWI) dice nel suo preambolo: “La Breech Flystrike Strategy fornisce indicazioni per gli investimenti di AWI in solide soluzioni scientifiche per la gestione delle miasi, al fine di migliorare il benessere animale a vita, di far fronte alle aspettative della catena di approvvigionamento e di aumentare la domanda di lana australiana” [38]. In Australia, le società di ricerca e sviluppo come la AWI sono finanziate tramite una combinazione di oneri e tasse pagate dal settore [39]. Dati i costi legati al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, le aziende devono tenere in considerazione alcuni compromessi. Coloro che si occupano di allevare animali si ritrovano spesso nella posizione di dover valutare se questi costi saranno compensati da eventuali benefici derivanti da un miglioramento del benessere animale. Tuttavia, questi benefici spesso sono meno certi dei costi che si trovano ad affrontare e possono essere più difficili da valutare in termini economici.

4.Benefici derivanti dal miglioramento del benessere degli animali d’allevamento

4.1.Benefici per l’animale

Prima di considerare eventuali vantaggi per l’azienda che possono derivare da un cambiamento delle infrastrutture o delle pratiche di gestione, è importante considerare se l’animale stia effettivamente beneficiando di questi cambiamenti. I benefici si manifesteranno probabilmente a livello fisiologico e comportamentale nell’animale, anche se questi potrebbero non essere sempre evidenti. I cambiamenti comportamentali dell’animale sono gli indicatori di benessere valutati più facilmente, sia mediante osservazione diretta che tramite l’ausilio di tecnologie di monitoraggio. Sebbene esistano approcci sperimentali rigorosi per valutare il comportamento, alla fine gli allevatori (o la società in generale) devono esprimere un giudizio valido sul fatto che i cambiamenti comportamentali osservati siano auspicabili o meno, e quindi se possano essere considerati come dei “miglioramenti”. Alcune modificazioni comportamentali sono state correlate a cambiamenti fisiologici nell’animale, fornendo un ulteriore supporto all’interpretazione di un miglioramento del benessere. Ad esempio, specifiche tipologie di contatto con l’uomo sembrano suscitare risposte emotive positive negli animali. È stato dimostrato che accarezzare la regione ventrale del collo dei bovini da latte riduce la frequenza cardiaca e si esprime in posture corporee rilassate e in un maggiore avvicinamento verso gli esseri umani [40-43], mentre è stato visto che accarezzare e allo stesso tempo parlare con i bovini da latte fa incrementare le variazioni della frequenza cardiaca elevata [44]. Effetti simili sono stati riscontrati in puledri, cavalli adulti e agnelli [45]. Il leccarsi come comportamento sociale tra individui della stessa specie è molto comune nei bovini, e in questi animali viene considerato come un’espressione di emozioni positive [46]. Utilizzando questi indicatori di benessere, possiamo trarre conclusioni su come le emozioni di un animale cambino nel tempo. È importante valutare le emozioni di un animale nel modo più obiettivo possibile, al fine di prendere decisioni informate sul benessere dell’animale stesso. Esistono molte tecnologie e pratiche gestionali che pretendono di portare ad un benessere positivo, ma senza prove fisiologiche e comportamentali da parte dell’animale non abbiamo modo di sapere se queste affermazioni siano valide e non possiamo effettuare un confronto con queste tecnologie e pratiche. La scienza che si occupa del benessere degli animali ha fornito una base di prove per valutare il benessere degli animali, compreso l’impiego di molteplici indicatori fisiologici e comportamentali, ma l’importanza relativa di questi indicatori deve essere ancora definita [47-49]. Ciò che in linea generale viene riconosciuto è come sia improbabile che la valutazione di un solo indicatore di benessere animale fornisca un quadro completo dell’emotività dell’animale [3,49,50]. È anche importante riconoscere che il miglioramento di un aspetto del benessere di un animale può talvolta portare ad una compromissione del benessere in un altro aspetto. Un esempio pertinente è rappresentato dalla pica delle piume nelle galline ovaiole, che indica una situazione di benessere estremamente negativa [51-54]. Il beccaggio delle piume può provocare dolore e rappresentare una minaccia per gli uccelli che vengono beccati, inoltre può comportare una diminuzione della conversione del mangime, con conseguente piumaggio scadente [53]. Inoltre, se la pica delle piume si trasforma in cannibalismo, può portare ad una mortalità fino al 25-30% all’interno del gruppo [51,53]. La procedura del taglio del becco può ridurre la pica delle piume, con un risparmio fino a 240.000 AUD (185.000 USD) per un gruppo costituito da 100.000 volatili. Tuttavia, il taglio del becco stesso viene considerato una procedura controversa quando si parla di benessere [51,52,54]. In questi casi, quando sono presenti dei compromessi tra diversi aspetti del benessere, la valutazione oggettiva del benessere animale diventa ancora più importante quando si devono prendere decisioni informate per la gestione. Tra tutti i benefici di un miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, quelli per l’animale sono forse i più difficili da valutare. Laddove vi sia un’elevata incertezza su tali benefici, una valutazione oggettiva del benessere utilizzando più indicatori fisiologici e comportamentali potrebbe far diminuire parte di questa incertezza, rendendo più semplice la decisione su quale infrastruttura e pratica di gestione cambiare.

4.2.Benefici per il Business

I vantaggi più facilmente valutabili di un miglioramento del benessere degli animali d’allevamento sono quelli a carico dell’azienda, che assumono la forma di guadagni tangibili in termini di produttività o di vantaggio competitivo e di premi di mercato. Spesso viene dato per scontato che il miglioramento del benessere animale andrà a migliorare anche la produttività degli animali. Ci sono numerosi esempi in letteratura di correlazioni positive tra il benessere degli animali d’allevamento e le varie misure della produttività (ad esempio, aumento di peso e miglioramento dell’aspetto riproduttivo) [35,55-58], ma spesso i benefici di un miglioramento del benessere non vengono espressi in termini economici. Inoltre, non tutti i miglioramenti apportati al benessere degli animali d’allevamento comportano dei benefici, quindi di seguito discuteremo le circostanze in cui l’azienda può trarne vantaggio. È ampiamente risaputo che uno scarso benessere animale spesso ha conseguenze sui parametri della produttività, come la fertilità e la condizione corporea. Ciò può essere dovuto al fatto che le risposte adattative che gli animali utilizzano per resistere all’ambiente in cui vivono possono talvolta contribuire allo stress cronico e ad uno scadimento della funzione fisiologica e comportamentale [24,59-62]. Ad esempio, è noto che lo stress prolungato o costante può interrompere l’attività riproduttiva nelle scrofe [63]. Si ritiene che un’attività fisiologica e comportamentale non ottimali accompagnino esperienze soggettive negative, come fame, dolore, paura, impotenza, frustrazione, rabbia, e tutte queste emozioni possono essere associate ad una diminuzione della produttività. Ad esempio, la paura degli esseri umani nei suini, causata da brevi ma regolari schiaffi, colpi o scosse con un pungolo elettrico, si è dimostrata capace di inluire negativamente sulla crescita, sull’efficienza di conversione dell’alimento e sull’attività riproduttiva rispetto ad una manipolazione più positiva, rappresentata da una pacca leggera o da una carezza [56,57,64–68]. Nei polli da carne un contatto con l’uomo frequente ma breve e di apparente natura positiva, rappresentato da azioni come toccare, parlare ed offrire cibo dalla mano, sembrerebbe migliorare i tassi di crescita, la conversione dell’alimento e la funzione del sistema immunitario rispetto ad un contatto umano ridotto al minimo [69–75]. Inoltre, è stato dimostrato che le aziende da latte che gestiscono le vacche in modo negativo o neutro producono meno latte [76], mentre la manipolazione positiva dei vitelli è stata correlata ad un aumento dell’efficienza di conversione dell’alimento e dei tassi di crescita [35,77]. Una recente review completa ha individuato chiaramente l’esistenza di vantaggi economici dovuti ad un buon benessere degli animali rappresentati, ad esempio, da una diminuzione della mortalità, da un miglioramento della salute, da una maggiore resistenza alle malattie, da una riduzione dell’utilizzo dei farmaci e da un minor rischio di zoonosi e di infezioni di origine animale [78]. Tutti questi parametri influenzano direttamente la redditività delle aziende che allevano animali. Inoltre il benessere degli animali d’allevamento può influire sulla qualità del prodotto finale. Temple Grandin ed altri hanno condotto ricerche approfondite che dimostrano come la qualità della carne migliori, quando si riduce lo stress nei bovini al momento della macellazione [79-85]. Anche un benessere animale scadente durante il trasporto e la stabulazione può comportare una diminuzione della qualità del prodotto [78]. La qualità percepita del prodotto può migliorare in seguito al miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, e ciò potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo per l’azienda. Sebbene la posizione nei confronti del benessere degli animali d’allevamento sia solo uno dei predittori del comportamento di acquisto dei consumatori, unitamente al prezzo, alla salubrità del prodotto e alla produzione locale che sono gli aspetti più importanti per i consumatori [26,86,87], le vendite di prodotti di origine animale etichettati come “rispettosi del benessere” (come le uova da galline allevate all’aperto) sono aumentate negli ultimi anni [88,89]. Nel 1998, Worsley e Skrzypiec hanno scoperto che un fattore del “benessere animale” (un fattore di carattere negativo che implicava una preoccupazione per il benessere degli animali) rappresentava il 10% della varianza nel consumo di carne rossa da parte dei giovani australiani di età compresa tra i 18 e i 32 anni [ 90]. Sebbene non sia possibile un confronto diretto, Coleman et. al. (2019) hanno individuato una correlazione simile tra le “valutazioni del benessere” dei bovini da carne ed il consumo di carne bovina nel 2013 (r = 0.29) e nel 2018 (r = 0.25) [20]. Questi risultati suggeriscono che, sebbene il quantitativo della varianza nel consumo rappresentata dalle posizioni nei confronti del benessere non sia cambiata negli ultimi 20 anni, il fatto che le opinioni stiano diventando più negative, almeno verso alcune industrie [20], suggerisce che le preoccupazioni dell’opinione pubblica riguardo il benessere degli animali d’allevamento potrebbe iniziare ad influire sul loro consumo. Se questo fosse il caso, le aziende capaci di dimostrare la messa in atto di miglioramenti nel benessere degli animali d’allevamento potrebbero aspettarsi un vantaggio a livello di mercato, con un numero maggiore di consumatori che andranno a scegliere i loro prodotti. La misura in cui la posizione dei consumatori verso il benessere degli animali d’allevamento si traduce in maggiorazioni di prezzo è molto variabile. La possibilità di guadagnare un premio di mercato varia a seconda del prodotto. Ad esempio mentre i partecipanti, in media, erano disposti a pagare un extra per una pallina di gelato etichettato come “da animali trattati umanamente” rispetto al prezzo di un gelato convenzionale, non c’era la stessa disponibilità a pagare per un formaggio etichettato allo stesso modo [91]. La disponibilità a pagare può dipendere anche dalla conoscenza che hanno i consumatori delle pratiche industriali standard e dal modo in cui vengono presentate le informazioni sul benessere animale [92]. Ad esempio, Lusk (2019) ha scoperto che quando ai consumatori Americani venivano forniti i grafici che spiegavano i sistemi di produzione delle uova sia da galline allevate senza gabbia che in gabbia, la loro disponibilità a pagare per uova da galline non in gabbia diminuiva, forse perché i grafici rimuovevano le false percezioni che senza gabbia implicasse allevate all’aperto o provenienti da una piccola azienda [93]. Potrebbe esserci anche un effetto di confondimento sulla qualità e quindi le informazioni sugli standard di benessere degli animali potrebbero venire associate a prodotti che presentano una buona qualità alimentare [92]. Alla luce di questi risultati contrastanti sulla disponibilità dei consumatori a pagare per aspetti relativi al benessere degli animali, è probabile che sia necessaria una ricerca di mercato specifica per prodotto che tenga conto della qualità percepita del prodotto, dei dati demografici dei consumatori e della presentazione delle dichiarazioni sul benessere degli animali per verificare se un’azienda può aspettarsi un premio di prezzo per un determinato prodotto. Sebbene esistano argomentazioni etiche affinché le aziende investano continuamente nel miglioramento del benessere degli animali d’allevamento, i vantaggi per le imprese in termini di maggiori guadagni dovuti a tale investimento non sono sempre chiari. Ciò è particolarmente vero se consideriamo quei vantaggi che possono derivare dal miglioramento dello standard di benessere degli animali oltre i requisiti legali minimi (Figura 1). Ad esempio, un animale può produrre in modo ottimale, fornendo così il massimo rendimento economico, ma potrebbe esserci ancora margine per aumentare il livello di benessere dell’animale. In questo caso, il motore principale per investire nel miglioramento del benessere potrebbe non essere l’aumento della produttività, ma piuttosto la maggiore accettazione da parte della comunità o la salvaguardia del mercato per l’azienda. Sebbene questi fattori possano essere sufficientemente forti da compensare i costi legati ad un miglioramento di alcuni aspetti del benessere degli animali d’allevamento (come quelli che appaiono più preoccupanti per la comunità), per altri aspetti del benessere degli animali potrebbero non esserci idonei incentivi finanziari per le aziende. Laddove mancano gli incentivi finanziari per le aziende, altri soggetti coinvolti nel benessere animale dovrebbero preoccuparsi di “colmare il divario”, andando a compensare i costi associati al miglioramento del benessere oltre gli attuali limiti della redditività. Un esempio di modello alternativo ai finanziamenti stanziati per il miglioramento del benessere animale è rappresentato da un trend iniziato in Germania nel 2015, in base al quale gli allevatori di suini e di pollame hanno iniziato a collaborare con i rivenditori per sviluppare programmi di benessere che pagherebbero agli allevatori un’indennità extra per una produzione più rispettosa di questo aspetto [94]. Il progetto, denominato Initiative Tierwohl, sostiene economicamente gli allevatori nella messa in atto di misure per il benessere del loro bestiame che vanno oltre gli standard stabiliti dalla legge. Attualmente, il 70% del pollo e del tacchino e il 31% della carne suina prodotti in Germania sono prodotti secondo gli standard di benessere animale di Initiative Tierwohl [95]. Questa iniziativa sottolinea il ruolo importante che i venditori al dettaglio possono svolgere nel fornire agli allevatori i mezzi finanziari e gli incentivi per migliorare il benessere degli animali che allevano.

4.3.Benefici per la Società

Negli ambiti del benessere degli animali d’allevamento che sono di interesse etico per la comunità, potrebbero esserci dei vantaggi per la società nel miglioramento del benessere animale, anche quando non vi è un qualche chiaro vantaggio per le aziende. Ad esempio, il miglioramento del benessere degli animali d’allevamento può portare a benefici per la società, come la creazione di posti di lavoro e il sostegno delle industrie alle zone rurali. Alcuni individui potrebbero trarre un beneficio psicologico da interazioni più positive con gli animali. Ad esempio, le interviste fatte a diverse centinaia di allevatori coinvolti nel settore dei suini e della produzione di latte in Australia hanno rivelato che la maggior parte degli allevatori (rispettivamente l’86% e il 76% degli allevatori di suini e di bovini da latte) si divertiva a lavorare con i propri animali [96]. Pertanto, potrebbero esserci benefici per la società associati al miglioramento della qualità delle interazioni uomo-animale e alla consapevolezza che gli animali d’allevamento vengano trattati correttamente. Al contrario, il miglioramento degli standard di benessere potrebbe anche rappresentare un costo per la società, a causa degli impatti negativi sulle piccole imprese. Ad esempio, quando l’Unione Europea ha vietato l’utilizzo delle gabbie individuali per la produzione dei suini nel 2013, in Europa molti piccoli allevamenti a conduzione familiare non sono stati in grado di realizzare i cospicui investimenti necessari per modificare i sistemi di stabulazione convenzionali per i suini ed hanno dovuto cessare l’attività, lasciando un numero inferiore di produttori di carne suina industriale su larga scala [97,98]. Laddove ci aspettiamo che i potenziali benefici per la società superino i costi, potrebbe esserci un incentivo da parte del governo e delle organizzazioni comunitarie a sostegno delle imprese nell’intraprendere quei cambiamenti necessari a migliorare il benessere degli animali d’allevamento. A livello nazionale, il benessere animale negli allevamenti è uno dei tanti fattori che determinano la reputazione di una nazione all’interno della comunità internazionale. Ad esempio un’organizzazione, la World Animal Protection, ha sviluppato Animal Protection Index, che classifica i paesi in base alla loro legislazione e agli impegni della politica nei confronti della protezione degli animali [99]. Recentemente sono stati proposti altri sistemi di benchmarking per il confronto tra paesi nell’ambito del benessere animale [100]. Sebbene non sia chiaro se i responsabili politici attualmente si affidino a strumenti di benchmarking per riferire le decisioni politiche e commerciali, l’emergere di un confronto tra i vari paesi indica che il benessere animale è sicuramente un aspetto della reputazione nazionale che sta crescendo. Pertanto, i governi potrebbero sentirsi motivati nel sostenere le aziende nel miglioramento del benessere degli animali d’allevamento quando non esistono chiari incentivi economici per farlo. Il valore attribuito al benessere degli animali d’allevamento da più membri appartenenti alla società sottolinea l’idea di come esso sia considerato un bene pubblico e, di conseguenza, la responsabilità nel migliorarlo viene condivisa dall’intera società. Considerando che in passato ci sono stati casi di rapporti discordanti tra le aziende che allevano animali ed alcuni aspetti appartenenti alla comunità sociale, in futuro potrebbe essere vantaggioso portare tutte le parti del settore coinvolte allo stesso tavolo per discutere del loro comune interesse e della responsabilità verso un miglioramento del benessere animale negli allevamenti [101]. Come accennato nella discussione sulla licenza sociale, alcune aziende hanno acquisito la consapevolezza della necessità di impegnarsi con la comunità per spiegare, da un lato le loro pratiche di gestione e, dall’altro, per rispondere alle preoccupazioni che affliggono l’opinione pubblica. Ciò comporterà necessariamente lo smettere di essere sempre sulla difensiva e di porre una maggiore enfasi sull’impegno e sulla trasparenza. Comporterà anche la volontà di affrontare il dialogo con i rappresentanti dell’opinione pubblica, come esercizio costruttivo per tutte le parti coinvolte piuttosto che come una metodica per placare o educare l’opinione pubblica. Si stanno creando gli spazi per questo dialogo costruttivo. Ad esempio, in Australia, il The Animal Welfare Collaborative (TAWC) ha creato un forum per i rappresentanti dell’opinione pubblica, i gruppi comunitari, gli organismi del settore, le organizzazioni per la protezione degli animali, le aziende, le istituzioni accademiche e le agenzie governative affinché possano impegnarsi tutti insieme e in maniera costruttiva su quali metodiche mettere in atto per migliorare il benessere degli animali [102]. In Europa un modello simile al TAWC è EUWelNet [101,103], e la Global Coalition for Animal Welfare è un esempio di progetto di collaborazione del settore per il benessere degli animali [104]. In futuro probabilmente emergeranno altri progetti se l’interesse da parte della partecipazione civica continuerà a crescere. Un altro potenziale vantaggio di un impegno proattivo con la comunità è che potrebbe eliminare parte dell’incertezza decisionale che devono affrontare gli allevatori. L’impegno proattivo potrebbe dare alle aziende un’idea migliore di dove esistano incentivi di mercato e, laddove non siano presenti, le imprese potrebbero chiedere ad altre istituzioni, come il governo e le organizzazioni comunitarie, di sostenere le loro attività per migliorare il benessere degli animali d’allevamento. Laddove vi siano preoccupazioni da parte della comunità su aspetti specifici del benessere degli animali d’allevamento, i suoi membri potrebbero lavorare direttamente con le persone che si occupano di allevare animali, per comprendere questi aspetti in modo più dettagliato e per sviluppare insieme nuove soluzioni. L’evoluzione delle basi etiche del benessere animale all’interno della società e la comprensione scientifica della cognizione animale porteranno inevitabilmente ad una revisione continua dei modi in cui la società vorrebbe che gli animali venissero trattati, e fintanto che viene mantenuto un dialogo aperto e costruttivo, le aziende e gli allevatori dovrebbero avere le giuste informazioni per riuscire ad adattarsi a tali cambiamenti.

5.Prendere decisioni basate sull’evidenza per quanto concerne il benessere degli animali d’allevamento

Come dimostrato in questa review, ci sono molti fattori da tenere in considerazione quando si prendono decisioni sugli adattamenti da apportare al benessere e, spesso, la linea d’azione ottimale non è sempre del tutto chiara al soggetto che decide. La figura 2 è uno strumento decisionale per assistere le aziende che si pongono il dilemma su quali pratiche modificare per migliorare il benessere dei loro animali senza influire negativamente sull’aspetto economico derivante dal loro allevamento. Nel quadrante in alto a destra della figura 2 sono rappresentati i cambiamenti delle pratiche di gestione a vantaggio sia del benessere dell’animale che dell’azienda. Fino a quando i cambiamenti nella gestione si baseranno su prove scientifiche e soddisferanno le aspettative della società, ci aspettiamo che quelle pratiche che si traducono in livelli di benessere animale più positivi, avranno un effetto più positivo anche sul business in termini di redditività e di sostenibilità. Laddove non vi sia ancora una domanda di mercato sufficiente per effettuare dei cambiamenti nella pratica di gestione che incidano positivamente sul benessere animale, potrebbero non esserci sufficienti incentivi per le aziende utili a mettere in atto questi cambiamenti, come illustrato nel quadrante in basso a destra. Le aziende che realizzano questi cambiamenti nella gestione prima che il mercato sia pronto possono infatti, nel breve periodo, perdere denaro. Pertanto, coloro che desiderano incoraggiare questi cambiamenti nella gestione dovrebbero concentrarsi sulla creazione di una loro domanda di mercato o dovrebbero riuscire a sostenerli con altri mezzi. Allo stesso modo, è plausibile che importanti cambiamenti all’interno dei sistemi di allevamento possano essere positivi per il benessere animale, come indicato anche dalle prove scientifiche, ma è anche possibile che portino ad avere dei sistemi di produzione non redditizi. In questo caso, se tali sistemi dovessero incontrare il favore della società, è giusto che gli allevamenti vengano sovvenzionati affinché l’attività risulti redditizia.

Figura 2. Strumento decisionale per le aziende che considerano cambiamenti nella pratica di gestione per migliorare il benessere degli animali d’allevamento. L’asse orizzontale rappresenta l’effetto del cambiamento nella pratica di gestione sul benessere dell’animale, con effetti più positivi verso destra. L’asse verticale rappresenta l’effetto del cambiamento nella pratica di gestione sulla redditività dell’azienda, con effetti più positivi verso l’alto.

Nel quadrante in alto a sinistra sono rappresentati i cambiamenti di gestione che si traducono in un aumento della produttività degli animali e quindi in una maggiore redditività per l’azienda, ma che influiscono negativamente sui livelli di benessere animale. Queste pratiche sono probabilmente insostenibili nel lungo periodo, a causa degli effetti negativi cumulativi sulla salute e sul benessere degli animali e sulle crescenti aspettative della società nei confronti del benessere animale. È improbabile che quei cambiamenti di gestione non basati su prove scientifiche (ovvero, pratiche non comprovate ma che sono percepite come capaci migliorare il benessere degli animali) abbiano un effetto positivo duraturo sull’attività, e potrebbero avere un effetto negativo o nullo sul benessere dell’animale. Nel quadrante in basso a sinistra sono rappresentate quelle pratiche di gestione che sono note avere effetti negativi sul benessere degli animali, come supportato da prove scientifiche, e che potrebbero comportare perdite per l’azienda, a breve termine a causa della diminuzione della produttività dell’animale, o a lungo termine a causa della perdita del mercato. L’importanza di interagire con la società è una scoperta fondamentale emersa dalla nostra review dei costi e dei benefici di un miglioramento del benessere degli animali d’allevamento. Sull’asse orizzontale della Figura 2, abbiamo messo in evidenza il fatto che non fare nulla per il miglioramento del benessere animale, nel tempo comporterà probabilmente delle perdite per l’azienda a causa di un crescente disallineamento dell’attività con le aspettative della società sul benessere degli animali. Il marketing e l’educazione dell’opinione pubblica che ruotano attorno alle pratiche di gestione dell’allevamento animale potrebbero far migliorare i guadagni per l’azienda a breve termine, ma poiché queste attività sono unidirezionali (ovvero non consentono l’input della società), è improbabile che forniscano benefici duraturi all’azienda a causa del problema di disallineamento delle aspettative appena sopra accennato. La trasparenza (ad esempio, un approccio “parete di vetro”) potrebbe garantire una maggiore fiducia da parte della società rispetto al marketing e alla formazione [105], infatti alcuni rivenditori europei hanno iniziato a perseguire la trasparenza per quanto concerne il benessere degli animali d’allevamento. Ad esempio, durante il suo coinvolgimento all’European Chicken Commitment 2026, il supermercato olandese Albert Heijn si è rivolto al test del DNA per verificare la sua promessa di utilizzare solo razze di polli da carne a crescita lenta [106].

Un approccio ideale sarebbe quello di combinare la trasparenza sul benessere animale con la realizzazione di un canale sicuro per le aziende e per altri membri della società, allo scopo di farli impegnare in un dialogo costruttivo sulle migliori pratiche di gestione da attuare nell’allevamento animale basate sulle attuali prove scientifiche. Questo dialogo consentirebbe a coloro che si occupano di animali d’allevamento e alla società di lavorare insieme per sviluppare strategie che garantiscano che il benessere degli animali sia a livelli ottimali ed in continuo miglioramento.

 

Review: Costs and Benefits of Improving Farm Animal Welfare

Jill N. Fernandes12*, Paul H. Hemsworth3 , Grahame J. Coleman3 e Alan J. Tilbrook12

  1. The Queensland Alliance for Agriculture and Food Innovation, The University of Queensland, St Lucia, QLD 4067, Australia; a.tilbrook@uq.edu.au
  2. The Animal Welfare Collaborative, The University of Queensland, St Lucia, QLD 4067, Australia
  3. Animal Welfare Science Centre, Faculty of Veterinary and Agricultural Sciences, The University of Melbourne, Parkville, VIC 3052, Australia; phh@unimelb.edu.au  (P.H.H.); grahame.coleman@unimelb.edu.au  (G.J.C.)

* Posta: j.ulrich@uq.edu.au

Citazione: Fernandes, J.N; Hemsworth, P.H; Coleman, G.J; Tilbrook, A.J Costs and Benefits of Improving Farm AnimalWelfare. Agriculture 2021, 11, 104. https://doi.org/10.3390/agriculture11020104 

Academic Editor: Elske N. de Haas

Agriculture 2021, 11, 104. https://doi.org/10.3390/agriculture11020104

https://www.mdpi.com/journal/agriculture 

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