Difendere il gregge dai predatori e garantirne il benessere: due temi con cui gli allevatori di ovini sono, ormai da tempo, chiamati a misurarsi, e che per essere gestiti necessitano di un approccio innovativo al management aziendale.

Considerando che attualmente il tipo di allevamento ovino più diffuso, almeno in Toscana, è molto legato ai sistemi tradizionali, e che risulta prevalentemente di tipo “semi-estensivo”, ci si trova, generalmente, di fronte a realtà in cui gli animali pascolano per un certo numero di ore al giorno (ricevendo integrazioni a seconda della stagione e/o dello stato fisiologico) e rimangono in stalla durante la notte. La forza lavoro è di solito rappresentata da un’unità e mezza, ovvero l’allevatore e sua moglie, che spesso segue diverse altre cose, e sempre con più difficoltà si realizza un fisiologico ricambio generazionale, proprio in considerazione della tipologia di lavoro e del tempo in presenza che esso richiede.

Sicuramente, come già avvenuto in altri comparti zootecnici, l’utilizzo di strumenti tecnologici potrebbe rappresentare una valida risposta alle suddette problematiche, ed è proprio questa la sfida che si vuole affrontare attraverso il progetto “Sheep Wolfare: sperimentazione di nuove tecnologie per il benessere animale e la difesa del gregge” presentato ufficialmente lo scorso 8 settembre 2023 ad Alberese, in provincia di Grosseto.

L’iniziativa promossa dalla Regione Toscana, si avvale di quattro partner d’eccezione: il Consorzio Tutela Pecorino Toscano DOP, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA) dell’Università di Pisa e due fra le aziende del Pecorino Toscano più attente al benessere animale: l’azienda agricola Mattei Franco e l’azienda agricola Lombrichi Loriano. La tecnologia è sviluppata dalla società Espace eLab di Aosta.

Il contesto

L’idea nasce dalla volontà di raccogliere, attraverso le nuove tecnologie intelligenti, quei dati che permettano di indagare il comportamento e la risposta adattativa ai fattori di stress ambientali, ed ottenere le informazioni necessarie per affinare i parametri animal-based per una valutazione oggettiva del grado di benessere in cui vivono gli animali Gli strumenti con cui effettuare tali rilevazioni potrebbero contemporaneamente essere utilizzati come sistema di persuasione verso i predatori, motivo per cui si è pensato di avvalersi di una tecnologia integrata per gestire contestualmente questi due fronti. Sono dunque stati fissati come obiettivi principali del progetto la valutazione del comportamento e del benessere degli ovini da latte al pascolo e la prevenzione dalla predazione da lupi, avvalendosi dell’utilizzo di collari intelligenti, postazioni con telecamere termiche e/o a infrarossi e dissuasori perimetrali. I collari intelligenti di ultima generazione sono stati applicati ad un campione di pecore dello stesso gregge  al fine di monitorare il comportamento degli animali e alcuni parametri fisiologici, tramite sensori personalizzati alimentati con sistemi di recupero energetico cinetico/termico.

Il progetto

Per scoprire qualcosa in più sull’avvio della sperimentazione, la durata e le previsioni attese abbiamo rivolto qualche domanda al Prof. Marcello Mele del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA) dell’Università di Pisa, che ci ha fornito degli interessanti approfondimenti.

«Partirei, innanzitutto, dai motivi che ci hanno spinto ad avviare questa sperimentazione. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crollo del numero di aziende ovine sul territorio nazionale. Come sopra ricordato, il motivo va ricercato in molteplici ragioni: sicuramente l’aumento vertiginoso del prezzo delle materie prime, la tipologia di lavoro, che porta molte ore fuori casa, la mancanza di risorse per ammodernare gli allevamenti secondo quanto richiesto dalle normative, e di conseguenza il difficile ricambio generazionale legato alla poca attrattività del settore. Ci siamo pertanto chiesti: “la tecnologia può aiutare a frenare questa tendenza? Può rendere gli allevamenti più attrattivi per i giovani e supportarli a realizzare una gestione organizzativa differente?” Ecco, questo è stato il punto di partenza, perché l’allevamento ovino necessita di essere ammodernato rapidamente.»

Dunque, da quanto è stato dichiarato nel comunicato stampa del Consorzio Tutela Pecorino Toscano DOP con cui è stato lanciato il progetto (disponibile QUI), gli obiettivi principali sono la raccolta dei dati relativi al benessere animale e la prevenzione dai predatori, in che modo sarà possibile farlo?

«Sono state scelte due aziende pilota, che a breve diventeranno tre, e su un gruppo di animali sentinella di ciascuna di queste aziende verranno applicati dei “collari intelligenti” dotati di alcuni sensori. Questi collari avranno duplice funzione; la prima sarà quella di monitorare una serie di parametri di base quali: la frequenza respiratoria, il battito cardiaco, i movimenti, la temperatura corporea, ovvero tutte quelle misure chiamate “animal based” normalmente utilizzate come indicatori di benessere animale e che negli animali al pascolo è molto difficile avere. Questi sensori, registrando di continuo, daranno modo di definire una sorta di comportamento di base dell’animale,  e di avere a disposizione un’importante quantità di dati in maniera costante e non invasiva, che potranno quindi essere correlati alle normali condizioni di allevamento (temperatura, umidità, radiazione solare ecc.). Tutto ciò permetterà di diventare più precisi nella valutazione del benessere e di registrare le risposte dell’animale alle condizioni ambientali e ai cambiamenti di regime alimentare. Dunque con l’utilizzo di questi dispositivi le aziende ovine potranno fare il loro ingresso, in maniera più agevole, nell’era del digitale. La seconda funzione sarà quella di fornire un allarme in presenza di predatori. Nella pratica cosa succede: se c’è un attacco gli animali fuggono aumentando i passi, la respirazione e la frequenza cardiaca, ed i sensori, che registrano queste brusche variazioni, attivano un sistema di intelligenza artificiale che fa partire degli ultrasuoni a frequenza variabile, che vengono emessi fino a quando permane lo stato di pericolo rilevato dal sistema. Questi ultrasuoni, aventi un raggio di azione di alcuni metri, dovrebbero mettere in fuga o comunque condizionare il predatore in modo da dare il tempo al gregge di spostarsi. Contemporaneamente all’allevatore giungerà arriva un messaggio di allerta sul telefono in modo che potrà recarsi a controllare. Al momento abbiamo installato questo, nei prossimi mesi verranno predisposte anche delle videocamere che seguiranno il gregge e dovranno fare una sorta di prima linea di difesa attorno al perimetro dove sta pascolando, identificando il predatore ed attivando gli ultrasuoni ancora prima dell’attacco.»

Quanto durerà la sperimentazione in campo?

«La durata prevista è di due anni, sicuramente ci serviranno dai 12 ai 18 mesi per testare la robustezza in campo di questa tecnologia, perché, come sopra ricordavo, il fine del progetto è quello di introdurre delle innovazioni tecnologiche nell’allevamento ovino, e quindi questi sistemi, per essere implementati nella gestione quotidiana dovranno risultare robusti e durevoli nel tempo.»

Che impressioni avete raccolto dal pubblico al momento della presentazione?

«Dalla presentazione grande entusiasmo ma anche grandi dubbi, come è giusto e normale che sia. Tra le principali perplessità quella dell’utilizzo di questi dispositivi in presenza di cani da pastore. Per chiarire diciamo subito che attualmente la sperimentazione partirà in aziende dove questi non sono utilizzati, in modo da non creare interferenze nella rilevazione dei parametri misurati. Se il sistema funziona, verranno integrate delle tecnologie che permetteranno di utilizzarli anche dove questi sono presenti. Ricordiamo a tal proposito che non sempre il cane da guardiania è una soluzione tecnica applicabile, per questioni economiche ad esempio in quanto più il gregge è ampio più cani servono, e per la compresenza con l’attività turistica del territorio, in quanto in più occasioni il rapporto con i cani è risultato problematico.»

Prof. Mele, ringraziandola per i dettagli tecnici forniti e gli spunti di riflessione condivisi, le chiediamo un commento finale sulle prospettive che “Sheep Wolfare” potrà fornire al settore ovino

«A parer mio da questa sperimentazione potranno scaturire diversi aspetti interessanti, il primo riguarda appunto il progresso tecnologico a servizio di un comparto ancora molto lontano dalla digitalizzazione, e l’altro è la possibilità di studiare in maniera oggettiva le risposte adattative degli animali al pascolo, per valutarne il benessere e gestire i cambiamenti climatici cui stiamo andando incontro.»

Per chi volesse approfondire il tema e seguire la sperimentazione è disponibile un sito internet dedicato (consultabile QUI), nel quale sono presenti anche delle interviste agli allevatori che hanno deciso di prendere parte al progetto.