Dopo la pubblicazione del nostro articolo “Luci e ombre sul veterinario aziendale” un lettore ci ha scritto inviandoci una sua personale riflessione su questo controverso tema. Firmata dal Medico Veterinario libero professionista Antonio Vitali, questa lettera si apre con un’analisi puntuale dei requisiti stabiliti dal DM del 7 ottobre 2017 per passare poi ad una più ampia riflessione su come la figura del veterinario dovrebbe rimodellarsi per ottemperare a quanto previsto e per fornire, quindi, ai suoi clienti un servizio esaustivo a tutto tondo. La Redazione di Ruminantia rinnova la sua gratitudine ai lettori che offrono questi contributi che stimolano il confronto di idee e la crescita su argomenti cruciali per l’intero settore.
La lettera
Può apparire ridondante ………ma “scripta manent verba volant”.
Quindi: “Decreto del Ministero della Salute 07 dicembre 2017”
Compiti e responsabilità del veterinario aziendale
Il veterinario aziendale, ove incaricato (opportunità per l’allevamento) è deputato a:
- fornire all’operatore informazioni ed assistenza affinché siano adottate misure e iniziative volte a garantire la qualifica sanitaria dell’azienda, anche sulla base di programmi disposti dai Servizi veterinari ufficiali o concordati con gli stessi e le buone condizioni igieniche e di biosicurezza dell’allevamento, il benessere animale e la salubrità dei mangimi;
- assicurare il rispetto delle disposizioni riguardanti la notifica obbligatoria delle malattie infettive degli animali e la comunicazione di qualsiasi altro fattore di rischio per la salute e il benessere degli animali e per la salute umana fatti salvi gli obblighi previsti a carico dell’operatore (oggi obbligo previsto dal Reg: 429/16);
- offrire assistenza nella tenuta delle registrazioni obbligatorie e nei rapporti con i Servizi veterinari ufficiali;
- fornire assistenza e supporto per la redazione di piani aziendali volontari per il controllo delle malattie ad impatto zoo-economico;
- offrire supporto nella gestione dell’identificazione e della registrazione degli animali;
- assicurare, per quanto possibile ed in collaborazione con i Servizi veterinari ufficiali e l’Istituto zooprofilattico sperimentale competenti per territorio, l’accertamento della causa di morte degli animali e fornire assistenza e supporto per il corretto smaltimento delle spoglie animali;
- fornire supporto all’operatore per il rispetto delle disposizioni in materia di impiego dei medicinali veterinari e per assicurare buone pratiche a garanzia di un uso prudente e responsabile degli stessi anche ai fini del controllo dello sviluppo dell’antimicrobico-resistenza.
Il veterinario aziendale inoltre inserisce nel Sistema informativo le informazioni in merito alla gestione sanitaria dell’allevamento presso il quale opera, all’attività sanitaria svolta, agli accertamenti eseguiti e ai trattamenti farmacologici prescritti e/o effettuati.
Il veterinario aziendale incaricato dall’operatore assume la responsabilità (e ci mancherebbe) relativa alle scorte farmaceutiche e alla gestione dei piani volontari di risanamento e controllo delle malattie infettive.
Il decreto 136/22 nel ribadire che “L’operatore, ove lo ritenga necessario in funzione della propria organizzazione aziendale, può incaricare più di un veterinario incaricato o aziendale, definendo formalmente i compiti assegnati a ciascuno, informandone l’autorità competente nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Ministro della salute 7 dicembre 2017 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 2018” , riporta anche l’elenco dei dati da fornire al Sistema informativo per la epidemio – sorveglianza :
- Dati relativi alla natura e origine degli alimenti somministrati agli animali, Provenienza e qualità delle materie prime, Tipologia e composizione dei mangimi, Conservazione dei mangimi, altro.
- Dati relativi ai medicinali veterinari e alle altre cure somministrate agli animali e ai relativi trattamenti, Detenzione delle scorte di medicinali veterinari, Durata e tipologia dei trattamenti, Tempi di sospensione, Residui, Reazioni avverse, Antimicrobico-resistenza. Mancata efficacia, altro.
- Dati relativi alle patologie infettive e no, Nati mortalità, patologie enteriche e respiratorie del vitello. Sindromi diarroiche acidosi, chetosi, dislocazioni abomasali, meteorismo. Piani di autocontrollo e/o vaccinali nei confronti di IBR, BV Para TBC. Aborti, monitoraggio sanitario patologie ad eziologia infettiva e non dell’apparato riproduttivo (disturbi della fertilità, parti intervalli parto-concepimento, ritorni in calore, ritenzioni placentari, etc), tossicosi. Mastiti, informazioni relative alla qualità e sanità del latte. Patologie podaliche, etc. Body Condition Score, indici di conversione, altro.
- Autocontrollo e manuali corretta prassi igienica. Dati relativi ad attività di analisi e verifica svolte in regime di autocontrollo ovvero in fase di applicazione di manuali di corretta prassi igienica.
- Ogni altro dato pertinente“.
Dall’analisi di quanto sopra riportato, nei compiti del Veterinario Aziendale, il termine maggiormente ripetuto è fornire/ offrire solo mentre viene riportato assicura per quanto possibile nelle diagnosi di malattie infettive, mentre di responsabilità si parla solo nella gestione dei farmaci, come per altro da anni già definito.
Il Veterinario libero professionista se incaricato dei compiti sopradescritti, diventa quindi Veterinario Aziendale con un ruolo di consulente dell’allevatore, un interlocutore privilegiato dell’autorità competente, un probabile garante delle buone pratiche attuate in allevamento ma le responsabilità, è bene sottolinearlo, sono in capo, come ribadito da tutta la legislazione in vigore, esclusivamente all’allevatore oggi Operatore (Reg.(UE) 429/16) , OSA (Reg. (CE) 852/04), OSM ( Reg. CE 183/05).
La presentazione della Carta Fondativa del Veterinario Aziendale nel 2010 a Firenze inizialmente ha ingenerato una relativa confusione, non era ben chiaro il concetto di epidemio sorveglianza, si denotava sovrapposizione tra il ruolo del Veterinario Ufficiale e il ruolo del Veterinario Aziendale e soprattutto non era chiaro il valore aggiunto per l’allevatore che poi era quello che doveva pagare.
Oggi il quadro è decisamente diverso, le norme sono stringenti, la formazione manca, la Veterinaria Pubblica ha abbandonato il ruolo assistenziale e applica rigidamente le regole che sono sempre più stringenti nel campo zootecnico. I molteplici requisiti richiesti obbligano l’Operatore ad avere al fianco un professionista non solo ferrato nel campo delle terapie, della ginecologia, nella chirurgia ma con una preparazione a 360 gradi che sappia indirizzare le scelte aziendali come ad esempio nel campo del benessere, del farmaco della biosicurezza.
L’operare in questi campi crea un conflitto di interessi? No, i tempi del gioco a guardie e ladri dovrebbe essere sepolto.
Le buone pratiche e l’autocontrollo garantiscono la trasparenza della produzione e una non conformità non è un delitto se adeguatamente gestita e risolta. Pensiamo alle industrie alimentari dove molti Colleghi sono responsabili del controllo delle procedure adottate in autocontrollo. Se viene rilevata una non conformità non si girano dall’altra parte, adottano i provvedimenti necessari e informano le Autorità Competenti di quanto fatto a tutela della salute alimentare. Forse in questo campo c’è ancora molta strada da fare, infatti a memoria, pochi sono i Buiatri che hanno assunto il ruolo di interlocutori nelle problematiche relative alla contaminazione da aflatossine nel latte e/o per altri contaminanti.
Fornire indicazioni nel campo della biosicurezza, nel benessere, nel farmaco ha un tariffario? Calcoliamo cosa guadagna/risparmia l’allevatore con una buona conduzione aziendale relativamente agli Eco schemi, alla Condizionalità, alle sanzioni, al SNQBA, alla minor frequenza dei controlli rientrando in una diversa fascia di rischio e allora discutiamone.
I Veterinari Pubblici sono tanti, i Veterinari Aziendali pochi ma i ruoli sono ormai diversissimi, la Veterinaria Pubblica come definito chiaramente dal Reg. (UE)625/17 deve verificare il rispetto della normativa altro settore è la consulenza aziendale.
Visite di sanità, biosicurezza interna ed esterna, corretta identificazione degli animali, gestione del farmaco, formazione si intrecciano con altri requisiti, forse più squisitamente professionali, controllo delle malattie infettive e metaboliche, natimortalità, zoppie, qualità del latte; solo un Veterinario Aziendale con i controfiocchi potrà ricoprire il ruolo enunciato dal DM del 2017 altrimenti ricadiamo nel teatrino delle “scorte dei farmaci” e su questo forse è meglio stendere un velo pietoso.
Concludendo il Veterinario Aziendale è una opportunità per il mondo produttivo zootecnico, e a testimonianza di ciò sono ormai molte filiere che hanno iniziato ad investire in questo senso. I bisogni ci sono, le competenze pure se non se ne faranno carico i Veterinari (liberissimi)…….qualcuno già bussa alla porta e si troverà davanti un’autostrada , poi però non versiamo lacrime di coccodrillo.
PS. Non sono un Veterinario Aziendale né devo difendere determinate scelte, ma nell’ambito di un libero confronto di idee ritenevo corretto portare un piccolo contributo da un osservatorio privilegiato.
Antonio Vitali, Medico Veterinario Libero Professionista