Una serie di congiunture economiche concomitanti alla pandemia di Covid-19 ha determinato un brusco e significativo aumento del prezzo di quasi tutte le commodities, compresi gli alimenti destinati agli animali da reddito. Le motivazioni di tutto ciò sono complesse ma, almeno per il settore agricolo, non sono legate all’andamento dei raccolti ed al rapporto domanda/offerta.

Materie prime varie, raccolte in differenti mesi dell’anno e in luoghi diversi, che vanno dal nord al sud del mondo, hanno subito quasi contemporaneamente rialzi molto elevati. Un esempio su tutti il cotone integrale e il favino. Il seme di cotone che arriva in Italia è generalmente prodotto in Grecia e quel poco di favino utilizzato nell’alimentazione degli animali è italiano o tutt’al più europeo. Il cotone arriva in Italia via nave ed è raccolto in autunno, mentre il favino viaggia generalmente su gomma ed è raccolto in estate. Il cotone, da inizio Settembre 2020 a inizio Settembre 2021, è aumentato del 64% e il favino del 15.5%. E’ evidente che a livello globale c’è una speculazione in atto che viene giustifica addossando la colpa di questa situazione sia alla pandemia che alla Cina. Sta di fatto che nessuna autorità mondiale è intervenuta su questi evidenti cartelli.

Le conseguenze sono però che il costo di produzione del latte e della carne è aumentato molto, a fronte di una stabilità, se non riduzione, del prezzo del latte e della carne alla stalla.

L’esempio del latte bovino è quello più significativo.

Ad Agosto 2021 il prezzo medio del latte alla stalla in Italia era, secondo la Commissione europea, di 36.2 euro/q.le mentre ad Agosto del 2020 era di euro 34.56 euro/q.le, con una crescita di 1.64 euro/q.le. Secondo quanto elaborato nella tabella sottostante, il costo di una razione standard per bovine in lattazione è aumentato nello stesso arco temporale di 1.2 euro/capo, IVA esclusa.

Per fare un corretto confronto dei due periodi considerati sono stati utilizzati i prezzi delle materie prime delle Borse merci di Milano e di Bologna, al netto del trasporto e dell’IVA.

Variazione delle quotazioni dei concentrati di maggiore utilizzo nella bovina da latte
AlimentoBorsa merci Milano
8 Settembre 2020
Euro/ton
Borsa merci Milano
7 Settembre 2021
Euro/ton
Variazione
Euro/ton
Borsa merci
Bologna
10 Settembre 2020
Euro/ton
Borsa merci
Bologna
2 Settembre 2021
Euro/ton
Variazione
Euro/ton
Mais non comunitario202 295+ 93
+ 46 %
Orzo comunitario180237+ 57
+ 32 %
Soia decorticata estera358438+ 80
+ 23 %
Girasole decorticato263323+ 60
+ 23 %
Seme di cotoneNCNC250410+ 160
+ 64%
Fonte: Ruminantia

Per una produzione procapite di 35 kg di latte, e ammettendo che i premi supplementari su latte base siano gli stessi, il ricavo per vacca al giorno è aumentato di 0.58 euro/capo a fronte di un maggior costo alimentare di 1.2 euro/capo.

A questo va aggiunto il maggior costo alimentare della rimonta e delle bovine d’asciutta che grava sui costi di produzione del latte.

AlimentoQuantità
Kg/tq
Silomais
(33-30)
20
Fieno medica
(17-44)
3.5
Fieno loiessa
(8-59)
2
Cotone integrale2
Mais farina5
Orzo farina1.5
Soia dec.3
Girasole dec.1.2
Premix0.7
Analisi
Sostanza secca ingerita24.2
Proteina %16.4
Amido %26
Lipidi %4.1
Costo 20205.4 euro/capo
Costo 20216.6 euro/capo
Differenza+ 1.2 euro/capo (+22%)

Note:

  • Razione standard per bovine di razza frisona italiana – gruppo unico – produzione media kg 35
  • I prezzi dei foraggi sono stati mantenuti fissi nei due periodi considerati. Silomais euro 42/ton, fieno medica 170 euro/ton e premix 800 euro ton.
  • I prezzi dei concentrati sono stati calcolati sulla base delle borse merci di Milano e per il cotone integrale sulla borsa merci di Bologna. Il costo dell’integrazione minerale e vitaminica è puramente indicativo e non tiene conto degli eventuali aumenti avvenuti nel 2021. Il costo delle razioni è IVA esclusa.

Questa elaborazione non tiene ovviamente conto dei rincari di tutti i ben strumentali utilizzati dagli allevamenti che si sono verificati in questo ultimo periodo e dei cali di produzione dovuti alla siccità in alcune aree del nostro paese.

La logica direbbe che sarebbe più giusto che il prezzo del latte lo facesse chi vende e non chi compra, considerando che le logiche del mercato basate sul rapporto domanda offerta orienterebbero gli acquirenti del latte dove c’è la massima convenienza, a meno che alcuni claim non obblighino le industrie a comprare specifiche tipologie di latte. Lo Stato potrebbe intervenire promuovendo e coordinando a livello regionale la nascita di osservatori che raccogliessero i conti economici su determinate aziende campione, scelte in base ad un criterio statistico, per verificare l’andamento dei costi e dei ricavi.