Cucina tradizionale dei formaggi grana

I formaggi ovicaprini sono nella cucina da millenni mentre l’uso di quelli vaccini a lunga conservazione, tra cui quelli denominati “grana” come il Parmigiano Reggiano, risale ai primi secoli dopo l’anno mille, quando divenne celebre la ricetta del regno di Bengodi, diffusa da Giovanni Boccaccio, degli gnocchi cotti nel brodo di cappone e conditi con il parmigiano. Il formaggio parmigiano ad esempio è ancora ben presente nella cucina tradizionale: tortelli d’erbette e con altri ripieni, anolini in brodo dove il formaggio interviene nel ripieno ed è aggiunto nel piatto, passatelli (i tortelli anolini senza pasta di Salimbene de Adam?) e loro varianti, preparazioni di carni alla duchessa, verdure diverse, fino alla relativamente recente rosa di Parma, per non citare gli ultimi carpacci. Molti sono i motivi del successo del formaggio a lunga stagionatura nella cucina, ed una significativa importanza ha la sua limitata acidità, che spiega inoltre come si sia potuto sposare con altri condimenti moderatamente acidi, in primo luogo, ed in un recente passato con il pomodoro, gli aceti ed i condimenti balsamici. Un successo che tuttavia è insidiato dai nuovi condimenti, tanto che un articolo di Gualtiero Marchesi sulla cucina del riso di un decennio fa è stato titolato “Così ho sconfitto il Re parmigiano” (La Repubblica, 7 settembre 2008, p. 43).

Cucina di domani

Senza considerare l’introduzione del Parmigiano Reggiano, Grana Padana e Trentin Grana in altre cucine, italiche o straniere, quale può essere il futuro di questo formaggio nella cucina?

Ovvia è la sua obbligatoria ed ineluttabile persistenza nei piatti tipici, ma non bisogna dimenticare che gli italiani si stanno confrontando, e sempre più dovranno commisurarsi, con il nuovo che fatalmente avanza. In Italia cambiano le dimensioni delle famiglie e nuovi gusti sono introdotti dalle preparazioni alimentari industriali (sughi pronti ad esempio) e dai nuovi modi d’alimentarsi offerti dalla Grande Ristorazione Organizzata, che prolunga l’operatività della Grande Distribuzione Organizzata. Su questa linea, nuove acidità si vanno diffondendo nell’alimentazione quotidiana, come testimonia la diffusione d’alimenti acidi un tempo sconosciuti (tra cui gli yogurt), il diffondersi di una cucina con i latti acidi che sostituiscono anche il latte e la comparsa di nuovi alimenti. Nelle generazioni giovani si diffondono nuovi gusti e forse anche questa è una delle origini di una certa crisi dei consumi dei formaggi a lunga stagionatura, che può essere contrastata soltanto da un ampliamento di nuovi modi di usarlo in cucina. Argomento comunque delicato e non privo di rischi.

Formaggio grana e nuove combinazioni gastronomiche

Senza trascurare gli usi tradizionali dei formaggi in esame, non bisogna dimenticare il recente successo di nuove combinazioni, non ultima delle quali lo sposalizio con l’Aceto Balsamico, ovviamente quello tradizionale, che ben s’accoppia a questo questi formaggi, in quanto limitatamente e solo dolcemente acido. Altre aree d’applicazione sono le carni, sulla scia dell’indubbio successo dei più diversi carpacci. La modica e gentile acidità dei formaggi grana può inoltre ben sposarsi con carni limitatamente sapide e magre, come quelle avicole moderne, sulla scia di ricette della prima metà del novecento divenute ormai classiche. Un’altra strada, certamente più innovativa, è quella dell’uso del formaggio con il pesce, che già tradizionalmente si avvantaggia dalla presenza di condimenti leggermente acidi. Ovviamente ne possono trarre aiuto i pesci di minor sapore ed anche di limitata qualità gastronomica: un uso certamente non eretico, in quanto già diffuso, sia pure con saggia cautela. Per questo non dobbiamo stupirci se il Parmigiano Reggiano, come altri prodotti tipici italiani, è sempre più presente nella ristorazione rapida.

Formaggio ingrediente di aperitivi

Tra gli usi innovativi, ma anche antichi (il progresso sta anche nel sapere tornare al passato, sentenziò Giuseppe Verdi) vi potrebbe anche essere l’uso del formaggio negli aperitivi: non del formaggio, o diversi formaggi, offerto assieme ad un buon vino, ma come ingrediente di un aperitivo o, come si dice oggi, di un cocktail. I barman, che nella preparazione delle loro miscele hanno usato di tutto, sembrano aver dimenticato i formaggi, anche se il loro uso in bevande aperitive, o toniche e stimolanti, è antichissimo e tradizionale.

Agli inizi della nostra civiltà mediterranea, circa milleottocento anni fa, era ben noto il formaggio di capra o misto capra-pecora, da grattugia, ed il suo uso come ingrediente di bevande, antesignane quindi dei nostri cocktail. Vi sono infatti diverse testimonianze d’Omero e presenti nell’Iliade. Una testimonianza riguarda Macaone ferito alla spalla destra: Nestore gli consiglia: “Siedi, bevi e gratta del formaggio di capra nel vino e mangia molta cipolla, perché ti stimoli a bere”. In altra parte è detto: “La bionda Ecamede versa a Nestore e a Macaone una bevanda ristoratrice fatta con farine, vino e formaggio”. Gli Etruschi seguivano la stessa abitudine dei Greci ed avevano delle grattugie di bronzo, con le quali grattugiavano il formaggio ovicaprino nei crateri dove miscelavano acqua e vino. Nella tradizione padana, giunta fin quasi a nostri giorni, ben radicata era l’abitudine di bere, come aperitivo, una miscela di brodo, vino e formaggio (a volte con qualche esemplare di pasta ripiena): una miscela che si collega alle abitudini omeriche ed etrusche.

Da qui due proposte “provocatorie” di cocktail con presenza di formaggio:

APERITIVO LIQUIDO O COCKTAIL OMERO – Vino rosso corposo – Formaggio pecorino stravecchio, finemente grattugiato, quanto basta. – Miscelare con dolcezza, senza sbattere. – Da servire assieme a rotelle di cipolla, impastellate e fritte.

APERITIVO LIQUIDO O COCKTAIL PADANO – Brodo di manzo sgrassato cinque parti. Brodo di cappone quattro parti. – Vino rosso (Lambrusco) una parte. – Formaggio Parmigiano Reggiano finemente grattugiato, quanto basta. – Miscelare con dolcezza, senza sbattere. – Da servire con ciccioli secchi od altre sfiziosità salumiere.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.