Il 7° Censimento generale dell’agricoltura italiana rappresenta l’occasione per fare il punto sullo stato e sulle principali tendenze che caratterizzano l’agricoltura italiana, tra cui il problema della senilizzazione del settore. Sostenere l’imprenditoria giovanile in agricoltura è un obiettivo perseguito dalla politica nazionale ed europea con il duplice scopo di garantire il ricambio generazionale, da un lato, e la promozione di un settore più innovativo e dinamico, dall’altro. L’efficienza, la resilienza, la digitalizzazione e la sostenibilità sono le sfide che l’agricoltura è chiamata ad affrontare nei prossimi anni, e l’inserimento di nuove figure imprenditoriali qualificate rende il ricambio generazionale auspicabile.

Il presente articolo, liberamente tratto dalla pubblicazione “The 7th Census of Italian agriculture: characteristics, structures and dynamics of generational renewal“, analizza i dati dell’ultimo Censimento, per delineare la struttura, per età, dei capo azienda e incentra l’attenzione sul target dei giovani e sulle imprese da essi condotte, al fine di comprenderne le caratteristiche e le traiettorie evolutive.

Il primo dato che emerge è che il 64,6% dei giovani agricoltori eredita attività a conduzione familiare, ribadendo il carattere prevalentemente familiare delle aziende agricole nazionali, mentre solo il 27,9% dei giovani agricoltori avvia e gestisce imprese completamente nuove. Nel 2020 i giovani agricoltori sono risultati essere il 9,3% degli agricoltori totali, registrando una diminuzione di due punti percentuali rispetto a dieci anni prima.

Il ricambio generazionale nelle singole regioni italiane

Riguardo, invece, la distribuzione sul territorio, la situazione è rimasta analoga al censimento precedente, vedendo ai primi posti: la Valle d’Aosta (15,7%), la Sardegna (15,1%) e le due Province Autonome di Trento e Bolzano (14,1% e 13,9%, rispettivamente).

Le regioni dove il tema del ricambio generazionale supera significativamente le medie nazionali presentano le situazioni più critiche. Si tratta, ad esempio, dell’Emilia-Romagna, la Toscana, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, regioni  che vantano un settore agricolo e agroalimentare forte ma contemporaneamente, presentano una percentuale più alta di agricoltori anziani rispetto alla media nazionale e una percentuale più bassa di giovani agricoltori. Per alcune di queste aree, gli ostacoli che impediscono ai giovani agricoltori di accedere alle attività agricole possono essere legati al limitato accesso alla terra e all’esistenza di un’agricoltura più integrata e competitiva, in cui gli operatori più anziani non sono incentivati a di abbandonare il ruolo di gestione dell’azienda agricola.

Esiste però anche il problema opposto, regioni dove si osserva un divario preoccupante tra la nuova e la vecchia generazione, come la Puglia e l’Abruzzo, in cui i contadini più anziani svolgono il ruolo di preservare il territorio, basandosi su una forma di agricoltura più estensiva e meno redditizia. In queste circostanze, è probabile che i giovani non si dedichino all’agricoltura per motivi economici.

C’è poi un altro gruppo di regioni con una struttura demografica molto più favorevole al ricambio generazionale nel settore primario. Queste aree geografiche presentano un rapporto demografico bilanciato superiore alla media nazionale, mostrando di conseguenza una maggiore propensione al ricambio generazionale. Le regioni in questione comprendono territori che abbracciano le due estremità della penisola italiana. Da un lato, la Basilicata, Sardegna, Campania, regioni in cui l’agricoltura può anche rappresentare una scelta “necessaria” a causa della limitata disponibilità di opportunità di lavoro alternative. Dall’altra, Piemonte, Liguria, Lombardia, Valle d’Aosta, e le due Province Autonome di Trento e Bolzano, zone che si distinguono per un settore agricolo più competitivo e integrato nel quadro economico locale, che lo rende sempre più attraente per i giovani. Sicilia, Lazio e Molise si distinguono come casi estremi. Mentre, per le prime due regioni la presenza di giovani agricoltori, seppur limitata in un contesto di invecchiamento, lascia intravedere la possibilità di un rinnovamento generazionale, questa prospettiva appare remota in Molise. Infatti, il Molise è caratterizzato da una minore percentuale di giovani agricoltori ma anche da una minore percentuale di anziani rispetto alla media italiana.

Come si presenta la nuova generazione di imprenditori agricoli?

I giovani agricoltori presentano un livello di istruzione notevolmente più elevato rispetto alla media degli agricoltori, sia a livello nazionale che regionale. Circa il 50% ha conseguito con successo un diploma di scuola superiore, in netto contrasto con il 22,1% degli individui di età superiore ai 40 anni. Inoltre, il 19,3% è in possesso di una laurea, una percentuale che scende significativamente all’8,7% per i capi azienda che non sono classificati come giovani. Tra le prime cinque regioni che vantano la più alta percentuale di giovani imprenditori agricoli laureati troviamo: Umbria (26,5%), Toscana (25,9%), Marche (22,6%), Lombardia (22,2%) e Basilicata (21.8%). La maggiore professionalizzazione dei giovani agricoltori, valutata in base al loro livello di istruzione, ha un impatto positivo su vari aspetti delle attività agricole. Nei tre anni precedenti l’indagine del Censimento, il 24,4% dei giovani agricoltori ha introdotto innovazioni, rispetto ad appena il 9,7% tra gli imprenditori di età superiore ai 40 anni. Inoltre, quando si parla di digitalizzazione, gli agricoltori sotto i 40 anni mostrano un livello più che doppio rispetto alle loro controparti più anziane, con cifre che si attestano al 33,6% contro il 14%. Il 71,4% delle aziende agricole gestite da giovani ha come priorità la commercializzazione dei propri prodotti. Questa inclinazione sembra essere sostenuta dall’interesse per l’associazionismo, uno strumento di collaborazione che attrae i giovani agricoltori. Infatti, il 46,8% degli agricoltori sotto i 40 anni è membro di associazioni, rispetto al 40,1% degli individui più anziani.

Sulla base dell’analisi dei dati del Censimento, risulta evidente che i giovani agricoltori svolgono un ruolo significativo nell’abbracciare il modello di agricoltura multifunzionale, che comprende attività come l’agriturismo, la trasformazione e la vendita diretta, le scuole materne rurali. Questo modello sta progressivamente ridisegnando il settore primario italiano, come indicato da studi quali Henke (2004) e Henke, Povellato (2012). Inoltre, i giovani agricoltori sono entusiasti sostenitori dell’approccio agroecologico. Mostrano un maggiore impegno verso le preoccupazioni ambientali, esemplificato dall’adozione di sistemi di produzione biologica. In effetti, la percentuale di giovani agricoltori (14,6%) impegnati nell’agricoltura biologica supera quella degli agricoltori più anziani (5,9%), più che raddoppiando il tasso di partecipazione. Gli agricoltori che si dedicano alla diversificazione della produzione sono più diffusi sia nel nord che nel sud del Paese, con quote rispettivamente del 50% e del 27%, e nelle regioni centrali, la percentuale è pari al 23%. In tutte e tre le tre aree geografiche, sia gli agricoltori giovani che quelli più anziani mostrano comunque un’inclinazione equilibrata verso la diversificazione.

Conclusioni

I dati raccolti nel 7°Censimento del 2020 ci permettono di definire un quadro aggiornato dell’imprenditoria giovanile in vista dell’avvio della nuova PAC, in cui uno dei nove obiettivi strategici prevede proprio di facilitare il ricambio generazionale. Nonostante gli sforzi delle politiche pubbliche per promuovere e sostenere l’ingresso dei giovani nella gestione delle aziende agricole, l’analisi dei dati rivela una presenza limitata di giovani agricoltori e la continua gestione delle aziende agricole e la continua predominanza di quelli più anziani. Ancora una volta, queste circostanze possono essere attribuite a fattori socioculturali e alla persistenza di barriere all’ingresso legate agli aspetti strutturali e organizzativi dell’azienda.

Tuttavia, esistono eccezioni regionali che, pur non contraddicendo la tendenza generale, mostrano una maggiore concentrazione di giovani agricoltori, superando la media nazionale. Ciò suggerisce la potenziale esistenza di fattori facilitanti per il loro insediamento. L’analisi a livello territoriale offre spunti preziosi per una comprensione più approfondita dei fattori interni ed esterni che possono facilitare o ostacolare l’ingresso delle imprese. Nonostante la complessità dell’analisi demografica, sono evidenti notevoli disparità, come dimostrano le forti differenze tra regioni come la Sardegna, la Valle d’Aosta e la Provincia Autonoma di Bolzano rispetto all’Abruzzo e alla Puglia. Queste disparità fanno luce su specifici fattori che influenzano il ricambio generazionale. Una tra queste che risulta determinante è la variazione della distribuzione dimensionale delle aziende agricole. Ad esempio, la prevalenza di aziende agricole di dimensioni medio-piccole può essere associata a una percentuale più alta di di agricoltori più anziani, soprattutto nelle aree in cui l’agricoltura è meno produttiva. Di conseguenza, la presenza di giovani in queste regioni rimane limitata. Inoltre, è fondamentale riconoscere che in alcune regioni del Paese, gli atteggiamenti sociali e culturali per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro giocano un ruolo significativo. Nelle regioni con scarse prospettive di prospettive occupazionali limitate, i giovani possono essere portati a perseguire opportunità nel settore agricolo. In questi casi, la presenza dei giovani nell’agricoltura è più che altro una conseguenza della mancanza di strade professionali alternative piuttosto che di una scelta deliberata guidata da interessi personali o convenienza economica. Al contrario, nelle regioni in cui gli altri settori economici sono altamente competitivi, i giovani possono essere meno propensi a intraprendere una carriera in agricoltura. Questo è particolarmente evidente in alcune regioni dell’Italia centrale e lungo la costa adriatica, dove la forte concorrenza in settori come il turismo e il manifatturiero settori come il turismo e l’industria manifatturiera diminuisce l’attrattiva dell’agricoltura per i giovani.

Per un quadro più completo, si possono utilizzare le informazioni aggiuntive della Rete d’informazione contabile agricola (RICA), che raccoglie dati tecnici ed economici (reddito, sostegno al reddito, ecc.) da un campione di aziende agricole, così come le statistiche strutturali delle imprese registrate nel Registro delle Imprese delle Camere di Commercio (Infocamere-Movimprese).

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