La possibilità che l’acqua clorata causi una contaminazione da clorati nel latte è stata valutata sia a livello di laboratorio che sul campo, riscontrando che l’inquinamento avviene a seguito di un contatto diretto tra acqua e latte. Per ridurre al minimo la possibilità che questo accada è fondamentale garantire che gli impianti e le attrezzature utilizzate abbiano un adeguato sistema di drenaggio e che gli operatori adottino le opportune misure preventive durante le operazioni di sanificazione.

Introduzione

Il clorato deriva dalla degradazione del cloro, in particolare dalla degradazione dell’ipoclorito di sodio e del biossido di cloro (Gordon et al. 1997; Stanford et al. 2011; Kriem 2017; McCarthy et al. 2018). Il clorato è un gozzigeno e pertanto rappresenta un rischio per la funzionalità della ghiandola tiroidea, in particolare nei neonati e nei bambini piccoli (McCarthy et al. 2018). A causa dei rischi per la salute sopra menzionati, il clorato è un residuo regolamentato per legge nell’UE, con un limite di 0.10 mg/kg applicabile al latte pronto per il consumo (Commissione UE 2020). In precedenza, residui di clorato sono stati rilevati nel latte sfuso di allevamenti campionati in Italia (Nobile et al. 2022) e nella Repubblica d’Irlanda (ROI) (Paludetti et al. 2019). Il clorato è considerato un parametro critico dall’industria lattiero-casearia irlandese poiché circa il 13% del latte artificiale per bambini a livello mondiale è prodotto nella ROI (Bord Bia 2020).

La risposta principale dell’industria lattiero-casearia irlandese al problema dei residui di clorato è stata quella di promuovere la loro attenuazione come contaminante sia del pool di produzione del latte che dei prodotti/ingredienti lattiero-caseari finiti vietando l’utilizzo di detergenti e disinfettanti a base di cloro nelle aziende agricole e negli impianti di lavorazione. Questa delibera “liberi dal cloro” è entrata in vigore il 1° gennaio 2021 (Phelan 2019). Nonostante ciò, l’utilizzo diretto del cloro per la pulizia in loco non è l’unica fonte di clorato all’interno della catena di produzione lattiero-casearia. L’acqua, in particolare quella trattata utilizzando metodi di clorazione che favoriscono la formazione di clorato, ad esempio il biossido di cloro o l’ipoclorito di sodio, è un’altra potenziale fonte di clorato (Alfredo et al. 2015; Kriem 2017; McCarthy et al. 2018; Gleeson et al. al.2022).

A livello internazionale, il cloro è un metodo comunemente utilizzato per disinfettare l’acqua (Kettlitz et al. 2016). L’acqua campionata nel Regno Unito, in Spagna, Francia e Belgio conteneva livelli medi di clorato rispettivamente di 0.07, 0.148, 0.184 e 0.378 mg/L (Kettlitz et al. 2016). I livelli medi di clorato nelle riserve idriche canadesi erano di 0.22 mg/L in estate e di 0.13 mg/L in inverno (Kettlitz et al. 2016). I livelli di clorato più alti in estate possono essere attribuiti a tassi più elevati di clorazione nei mesi estivi, quando è più probabile che il clima più caldo aumenti il carico microbico dell’acqua (Kettlitz et al. 2016). Asami et al. (2013) hanno riportato livelli di clorato compresi tra 0.034 e 0.14 mg/L nell’acqua campionata in Giappone. Un numero limitato di campioni di acqua (n = 10) prelevati nella ROI mostrava livelli di clorato compresi tra 0.105 e 0.396 mg/L (Twomey et al. 2023). I limiti legali per i livelli di clorato nell’acqua variano nelle diverse giurisdizioni e a seconda degli organismi di regolamentazione. Ad esempio, l’Unione Europea impone limiti massimi di residui di 0.70 mg/L per il clorato nell’acqua clorata e di 0.25 mg/L dove non è stato aggiunto cloro (Consiglio UE 2020). In alternativa, le autorità canadesi impongono una concentrazione massima consentita di 1 mg/L (Kettlitz et al. 2016).

Nonostante la disponibilità di dati internazionali riguardanti i livelli di clorato nell’acqua, sappiamo poco sui livelli e sulla dinamica del clorato nell’acqua, rappresentativi di quelli riscontrati nelle forniture di acqua clorata nella ROI. Inoltre, vi è una scarsa conoscenza riguardo al conseguente potenziale di contaminazione che il clorato presente nell’acqua può avere sul latte. Aneddoticamente, si ritiene che, se utilizzata come parte del processo di pulizia delle apparecchiature di mungitura, l’acqua contenente cloro e, per associazione, clorato potrebbe essere causa di residui di clorato nel latte sfuso.

Studio

Delle 95 aziende da latte della Repubblica d’Irlanda esaminate nel corso del 2022, è stato riscontrato che un terzo si riforniva di acqua da fonti idriche pubbliche o collettive (Gleeson e Twomey, non pubblicato), che comunemente trattano l’acqua con cloro (National Federation of Group Water Schemes 2017; Irish water 2021). Pertanto, la percentuale di aziende agricole che utilizzano acqua clorata è notevole. Inoltre, è stato rilevato clorato nel latte di massa di un certo numero di allevamenti che utilizzavano prodotti per la pulizia privi di cloro e ciò suggerisce che questo potrebbe essere il risultato dell’utilizzo di acqua clorata (Gleeson et al. 2022).

Pertanto, l’acqua clorata rappresenta una preoccupazione importante per l’industria lattiero-casearia per quanto riguarda la qualità del latte dal punto di vista della presenza di clorato, portando l’obiettivo generale di questo studio a stabilire se l’acqua clorata può causare la contaminazione da clorato del latte. Per raggiungere questo obiettivo, sono state condotte indagini sia in laboratorio che sul campo per stabilire: (1) se i livelli di clorato nell’acqua aumentano linearmente con l’aumento dei livelli di cloro totale nell’acqua; (2) se l’invecchiamento dell’ipoclorito di sodio può causare livelli elevati di clorato nell’acqua; e (3) se le acque (contenenti clorato) possono essere responsabili della presenza di clorato nel latte.

Risultati

In accordo con ricerche precedenti (Stanford et al. 2011), questo studio ha dimostrato che livelli più elevati di clorato nell’acqua sono associati a livelli più elevati di cloro totale nell’acqua; i livelli di cloro totale in questione in questo studio sono rappresentativi di quelli trovati nelle forniture irlandesi. Ciò suggerisce che le reti idriche che vengono clorate a tassi più elevati di cloro totale probabilmente presentano livelli più elevati di clorato nelle forniture idriche. Questi tassi di clorazione più elevati possono verificarsi solo nella fase di trattamento iniziale o derivare da una combinazione di clorazione iniziale e dosaggio secondario/di richiamo di cloro aggiuntivo lungo le condotte idriche (Environmental Protection Agency 2011).

livelli di clorato nei prodotti a base di ipoclorito di sodio aumentano con il passare del tempo (Gleeson 2016), ed infatti è stato dimostrato che l’uso di ipoclorito di sodio “invecchiato” comporta  livelli significativamente più elevati di clorato nell’acqua.

Da un punto di vista statistico, i livelli di clorato nell’acqua non hanno avuto un impatto significativo sui livelli di clorato nel latte durante l’esperimento di spillatura in laboratorio. Tuttavia, da un punto di vista pratico, quando l’acqua contenente livelli crescenti di cloro totale e, per associazione, livelli crescenti di clorato è stata usata per spillare il latte, si è osservato un aumento dei livelli di clorato nel latte da un punto di vista numerico. Il significato pratico di questo risultato è importante a causa dei requisiti critici delle aziende di trasformazione lattiero-casearia per quanto riguarda il rispetto degli obblighi legislativi e delle aspettative dei clienti.

L’effetto che l’aggiunta di acqua clorata può avere sui livelli di clorato nel latte può essere osservato su scala più ampia nelle sperimentazioni in campo, dove la combinazione di acqua clorata e latte ha determinato un aumento del clorato nel latte. Aumento dimostrato dalla riduzione del punto di congelamento.

Sulla base di questi risultati, è evidente che la contaminazione da clorati del latte è influenzata dalle pratiche di gestione dell’azienda agricola, in particolare dal drenaggio delle attrezzature per la movimentazione del latte, cioè l’impianto di mungitura e il tank (Irish Milk Quality Co-operative Society 2009). È possibile garantire un buon drenaggio utilizzando i punti di scarico in tutto il sistema di mungitura, in particolare quelli sul vaso terminale e sul contenitore del filtro del latte. Anche i gruppi di mungitura e i tubi lunghi del latte devono essere monitorati per verificare la presenza di ristagno idrico e, se necessario, adottare misure correttive. Il tank deve essere ispezionato regolarmente per assicurarsi che l’acqua non venga trattenuta dopo il lavaggio. Inoltre, l’espulsione del latte dal sistema al termine della mungitura dovrebbe essere effettuata preferibilmente con aria anziché con acqua (Ryan e Donworth 2016). Ciò è particolarmente importante quando si utilizza acqua clorata, in quanto potrebbe inavvertitamente causare l’ingresso di clorati nel frigorifero.

I risultati degli esperimenti di laboratorio suggeriscono che l’impatto dell’uso di acqua contenente clorato sul livello complessivo di clorato nel frigorifero del latte sfuso può dipendere dal livello di clorato nell’acqua, dal volume di acqua che entra nel latte e dal volume di latte adulterato con acqua (contenente clorato). Nello studio qui presentato, il clorato è stato rilevato solo nel latte prelevato dal primo gruppo di vacche entrate in mungitura. Pertanto, la proporzione di latte fornito dal primo gruppo determinerà probabilmente il livello complessivo di clorato nel tank. Un modello di contaminazione simile è stato mostrato da Ryan et al. (2012), dove i livelli di MTC erano più elevati nel latte campionato all’inizio della mungitura rispetto a quello campionato a metà mungitura. Inoltre, anche lo stadio della lattazione può avere un impatto sui livelli di clorato nel latte di massa, a causa della minore diluizione quando vengono prodotti volumi inferiori di latte sia all’inizio che alla fine della lattazione (Paludetti et al. 2019; Gleeson et al. 2022).

Conclusioni

Questo studio ha quindi dimostrato che:

  • la crescita dei livelli di clorato nell’acqua è associata all’aumento dei livelli di cloro aggiunti all’acqua;
  • l’uso di un agente di clorazione “invecchiato” rispetto a quello “fresco”, cioè l’ipoclorito di sodio, determina un aumento dei livelli di clorato nell’acqua.

A livello di laboratorio, il tenore di clorato è aumentato numericamente nel latte dopo il prelievo con acqua contenente livelli crescenti di clorato; mentre, per quanto riguarda l’esperimento sul campo, l’adulterazione del latte con acqua (contenente clorato) che non era stata drenata dall’impianto di mungitura prima della mungitura ha provocato la contaminazione del latte da clorati. Pertanto, per ridurre al minimo l’effetto che l’acqua clorata può avere sul latte prodotto negli allevamenti, è fondamentale un drenaggio accurato delle attrezzature per la movimentazione del latte, cioè l’impianto di mungitura e il tank.

La presente sinossi è tratta dall’articolo “Chlorinated water as a source of chlorate contamination in farm bulk milk” recentemente pubblicato sull’International Journal of Dairy Technology 

Lorna Twomey, 1,2 Ambrose Furey, 2 Bernadette O’Brien,1 Tom Beresford 3 and David Gleeson*1

1Teagasc Animal and Grassland Research and Innovation Centre, Moorepark, Fermoy, Co. Cork P61C996 Ireland,

2Department of Physical Sciences, Munster Technological University, Bishopstown, Cork T12P928 Ireland

3Teagasc Food Research Centre, Moorepark, Fermoy, Co. Cork P61C996 Ireland

doi: 10.1111/1471-0307.13012