Con questo nuovo articolo continuiamo la nostra serie dedicata ai difetti dei formaggi: questa volta vi racconteremo della categoria dei formaggi freschi. I formaggi freschi, definiti anche a pasta fresca, sono una tipologia di latticini che deve essere consumata immediatamente dopo la produzione poiché ha una shelf-life limitata, in quanto non vengono sottoposti ad alcun processo di maturazione nè stagionatura. Tali prodotti lattiero-caseari sono caratterizzati da una pasta morbida, granulosa, umida e spalmabile, tendenzialmente di colore bianco, priva di crosta e con un sapore fresco leggermente acidulo. Questa categoria di formaggi viene ampiamente apprezzata dai consumatori in quanto sono dei prodotti definiti magri e leggeri, avendo titoli di grasso, riferiti alla sostanza secca, che variano dallo 0 al 70%. A tal proposito è possibile suddividere questi formaggi in:

  • Formaggi freschi magri (0-20% di grasso sulla SS)
  • Formaggi freschi grassi (40-50% di grasso sulla SS)
  • Formaggi freschi “doppia panna” (> 60% di grasso sulla SS)

Un altro aspetto interessante di questo tipo di prodotti è dato dal fatto che è possibile miscelarli con molti altri ingredienti, quali erbe, spezie e frutta, arricchendoli dal punto di vista organolettico e rendendoli così maggiormente appetibili. Alcuni formaggi freschi tipici del nostro territorio sono: lo Squacquerone, i Tomini e la Robiola di Roccaverano.

Anche in questo caso è possibile che durante la fase di produzione si sviluppino dei difetti che rendono quindi il prodotto non fruibile dal punto di vista commerciale. Tali difetti possono insorgere durante tutte le fasi produttive, in quanto c’è sempre la possibilità che durante la lavorazione si verifichino degli errori tecnologici che inducono l’insorgere di diversi difetti, descritti di seguito.

Acidità

È un difetto causato dalla lenta acidificazione del latte. Le cause principali sono attribuibili all’utilizzo di fermenti lattici inadatti o temperature di acidificazione non ottimali. Queste due condizioni possono essere consequenziali: spesso l’innalzamento repentino della temperatura, e un latte di base leggermente contaminato, porta ad un eccessivo abbassamento del pH e dunque ad un formaggio troppo acido. 

Va ricordato che l’acidità, quando mantenuta ad un livello adatto, è in realtà un grande strumento per la protezione del formaggio da agenti alteranti. 

Come per tutti i formaggi di cui abbiamo parlato e parleremo, il miglior rimedio per evitare l’insorgere di ogni tipo di difetto è mantenere le corrette normative igienico-sanitarie. Ciò include l’ambiente, la strumentazione, l’attrezzatura, i recipienti e il personale addetto, che deve lavorare in modo pulito. Altra prerogativa essenziale al soddisfacimento dei requisiti qualitativi è la lavorazione di un latte di alta qualità, ovvero un latte che presenti una conta microbica e di cellule somatiche che rispetti i parametri. Va ricordato, inoltre, che la valutazione del latte è anche importante per la resa casearia. Maggiore è la qualità del latte maggiore sarà la capacità di lavorarlo, portando così all’ottenimento di un ottimo formaggio. Per quanto riguarda l’eccessiva acidità nello specifico, che si può verificare in alcuni formaggi, le tecniche preventive riguardano  una corretta scelta dello starter (di starter avevamo parlato in Starter microbici per l’industria lattiero-casearia), e un corretto mantenimento della temperatura, evitando sbalzi termici.

Tessitura

I difetti nella tessitura della pasta possono verificarsi in diversi momenti:

  • quando la cagliata, al momento dello spurgo, non raggiunge un’acidità adeguata; 
  • quando è presente dell’aria nella miscela che causa la denaturazione delle proteine;
  • quando vi è un eccesso di caglio o un’insufficiente acidità.

Le metodologie per mantenere una tessitura corretta e ottimale risiedono nel porre molta attenzione alle fasi di produzione. Innanzitutto il latte deve essere stato scaldato alla giusta temperatura, la pastorizzazione deve avvenire a 72°C per 15 secondi.

Il trattamento termico non deve essere troppo spinto, andrebbe a deteriorare le componenti del latte, ma neanche troppo blando, rischierebbe di avere una conta microbica troppo elevata. Allo stesso modo l’acidificazione deve essere ottimale, raggiungendo un pH pari a 4,5-4,6. Anche la dose di caglio deve essere corretta; ad esempio, un suo eccesso in presenza di elevata acidità porterebbe all’idrolisi della caseina. Come l’aria inglobata nel coagulo non deve essere eccessiva non può neanche risultare nulla; l’operatore deve quindi lavorare a bassa velocità per permettere di inglobare il giusto quantitativo di aria.

Sapore amaro

Tale difetto si verifica sia quando vi è un eccesso di proteolisi ad opera di microrganismi e fermenti lattici che quando il siero non viene efficacemente separato durante la centrifugazione.

Se osservato un eccesso di proteolisi batterica, per cui la cagliata risulta diluita e poco compatta, lo starter selezionato deve essere prontamente sostituito con dei fermenti meno proteolitici. Come avevamo scritto nel precedente articolo ( Non sempre i formaggi sono “in forma”: difetti della categoria a pasta molle) tale difetto è causato da peptidi dal sapore pungente, è bene perciò non spingere troppo la proteolisi. Tra i batteri sono i coliformi quelli che se presenti in elevate quantità causano la formazione di un formaggio dallo sgradito aroma. Questi batteri si formano a causa di tempi prolungati di refrigerazione, taglio della cagliata non corretto, spurgo insufficiente e scarsa acidificazione della pasta sui tavoli. Perciò tutti questi parametri devono essere controllati e mantenuti in equilibrio stabile.

Qualità

I formaggi freschi, a causa del loro elevato tasso di umidità e del lungo ciclo di fabbricazione a cui sono sottoposti, caratterizzato da molteplici operazioni tecniche, sono fortemente soggetti a contaminazione microbica, dovuta soprattutto a microrganismi anticaseari, quali i Coliformi e i funghi. Questi ultimi possono svilupparsi durante il processo di fabbricazione in diverse occasioni: quando le norme igieniche non vengono rispettate e gli impianti non sono adeguatamente lavati e sanificati dopo ogni ciclo produttivo, o durante le fasi di miscelazione degli ingredienti e di confezionamento.

Per i formaggi a pasta fresca, data la loro delicatezza e dunque l’elevata probabilità di incorrere in difetti qualitativi e inquinamenti da parte di microrganismi, è possibile l’aggiunta, in miscelazione, di sorbato di potassio come antimuffa. Nel prodotto finito è accettabile la presenza dello 0.1% di questo antimicotico. Gli accorgimenti da prestare per mantenere il formaggio in condizioni ottimali sono soprattutto ricollegabili alla catena del freddo. Il formaggio impacchettato deve essere velocemente raffreddato e conservato ad una temperatura di 4°C durante tutto il periodo di distribuzione.

La Feta

Per un esempio pratico vi parliamo della Feta, un formaggio fresco prodotto a partire da latte ovino, che può essere d’aiuto per comprendere i difetti che si possono verificare durante la lavorazione dei formaggi freschi. 

Quando si verifica un’acidificazione troppo rapida (pH < 4,6 in 24h), quando le temperature sono troppo elevate e la cagliata, al momento della rottura, è troppo piccola e/o irregolare, la pasta risulta acida, friabile e gessosa. Al contrario, quando la pasta risulta troppo dura e umida, questo è causato da un taglio della cagliata troppo grossolano, oltre che da un’acidificazione troppo rapida e dai mancati rivoltamenti. L’acidificazione eccessiva causata da un’elevata temperatura rende la cagliata quasi senza consistenza. Durante il processo di maturazione, se vi è uno squilibrio salino nella salamoia o nel formaggio, un eccesso di proteolisi, un’acidificazione eccessiva o insufficiente e temperature troppo basse, la Feta non matura e potrebbe diventare limacciosa. È possibile, poi, che insorgano anche difetti legati alla qualità organolettica del formaggio, tra questi ricordiamo: lo sviluppo di un colore giallognolo quando la Feta è troppo esposta all’aria; sapori sgradevoli che si manifestano quando il latte non viene pastorizzato, le temperature sono troppo elevate nella cella di maturazione o per via di processi di putrefazione condotti da batteri sporigeni, nonché per la presenza di funghi. Anche il procedimento di salamoia può arrecare dei difetti, in particolare quando la pasta diventa filante e mucillaginosa: questo solitamente accade quando il formaggio viene contaminato da batteri appartenenti alla famiglia delle Bacillaceae per un’insufficiente acidificazione della pasta. Al tempo stesso la salamoia può sviluppare dei gas, provocati sia dalla proliferazione di lieviti alofili e batteri coliformi, che da una concentrazione di sale insufficiente e temperature troppo elevate.

I difetti che si verificano durante la produzione della Feta si possono prevenire, oltre che rispettando le norme igienico-sanitarie lungo tutte le fasi della caseificazione, e ricorrendo a latte di buona qualità, anche aumentando le temperature di termizzazione, dato che può capitare che il latte trattato presenti ancora una carica microbica. Il controllo dell’acidità e della temperatura non è l’unico che va effettuato lungo la lavorazione, a volte i difetti sono di natura tecnologica, in questo caso è l’operatore che deve evitare di effettuare un procedimento in maniera superficiale, e controllare ogni suo gesto soprattutto quando si tratta di formaggi delicati come quelli freschi. 


Autori: Eleonora Fiorucci e Angela Di Berardino