Siamo tutti sorpresi di come le vacche, quasi a prescindere dalla razione, facciano produzioni così elevate, soprattutto da dicembre fino all’inizio dell’estate. Lo scorso anno in un articolo dal titolo “Quante sono le stalle e le bovine che in Italia  fanno più di 40 kg di latte” abbiamo riportato che in primavera queste sono circa il 25%, che è una prestazione che fino a pochissimi anni fa sarebbe stata considerata impensabile.

La genetica ha fatto passi da gigante, modulando l’assetto ormonale delle bovine e predisponendole ad un’alta capacità d’ingestione. L’efficienza alimentare, ossia quanti kg di sostanza secca servono per fare un kg di latte (produzione di latte/sostanza secca ingerita), è sicuramente migliorata negli anni, ma non si è stravolta. Un gruppo unico di bovine in lattazione nei mesi più freddi dell’anno che fa 37 kg di latte e ingerisce kg 25.5 di sostanza secca ha un’efficienza alimentare di 1.45. Nel passato, quando le bovine di razza frisona facevano 30 kg di media, ingerivano 23 kg di sostanza secca, con un’efficienza quindi di 1.3.

Secondo il NASEM 2021, ossia l’ultima edizione del manuale più famoso e utilizzato al mondo per studiare la nutrizione delle bovine da latte, le vacche pluripare di razza frisona al picco produttivo che fanno 55 kg di latte, ingeriscono quasi kg 30 di sostanza secca e hanno quindi una efficienza di 1.8.

Un allevamento che esprime buona parte del suo patrimonio genetico nel fare latte, grasso e proteina, e che ha “naturalmente” una buona fertilità e ha adottato la terza mungitura, può tranquillamente avere una media di 40 kg di latte e un’ingestione media di 26.5 kg di sostanza secca.

Considerando che il livello genetico medio delle stalle italiane dove si allevano le frisone è ormai molto elevato, a fare la differenza sulla produzione e la fertilità è il livello d’ingestione, ed è pertanto consigliabile monitorarlo attentamente e con frequenza settimanale.

Un tempo, se la fertilità e la produzione di latte erano insoddisfacenti, si era convinti che bastasse aumentare l’energia della razione introducendo più grasso e più amido, senza porre particolare attenzione all’ingestione. Quando si “esagera” con l’amido, e quindi si causa l’acidosi ruminale sub-clinica, le bovine puntualmente reagiscono calando l’ingestione, e quindi vanificando l’intervento.

Una delle regole fondamentali della nutrizione delle bovine da latte è che è meglio che ingeriscano in grande quantità una razione non particolarmente “spinta”, rispetto a mangiarne una molto concentrata ma in quantità inferiori. Quello che interessa alle bovine, o meglio al loro metabolismo, non è la concentrazione energetica della razione ma quante calorie ingeriscono. Non bisogna neanche mai dimenticare che le bovine hanno un modo molto particolare di produrre energia, e quindi hanno bisogno sì di amido, ma soprattutto di fibre molto digeribili e proteine.

E’ pertanto consigliabile procedere nel seguente modo:

  • Stabilire con il proprio nutrizionista di fiducia qual è il livello d’ingestione ideale dell’allevamento considerando la razza, la stagione, i giorni medi lattazione e la percentuale di primipare.
  • Una volta stabiliti gli obiettivi, controllare l’effettiva ingestione settimanalmente e annotarla.
  • Analizzare i nuovi insilati e adeguare le razioni.
  • Testare l’effettiva appetibilità di tutti gli alimenti nuovi sulle manze. Se un alimento è poco o per nulla appetibile, ridurrà l’ingestione dell’intera razione.
  • Il sovraffollamento delle stalle non è una scelta economicamente consigliabile, perché riduce la capacità d’ingestione delle bovine e quindi la produzione e la fertilità. Oggi si dice che lo spazio sia più importante di una buona razione.
  • Non dare mai per scontato che le bovine bevano a sufficienza. Per togliere i dubbi a poco servono le check-list ma sono molto utili i contalitri installati a monte degli abbeveratoi.