Da studi condotti e pubblicati dalla sezione di Scienze Zootecniche del Dipartimento di Agraria di Sassari, emerge che la carne d’agnello da latte fa bene alla salute dei bambini e degli adulti ed è sostenibile dal punto di vista ambientale, soprattutto se proveniente da sistemi di allevamento tradizionali in cui si fa un largo ricorso al pascolamento.

Nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, l’agnello da latte, derivante da razze ovine con attitudine alla produzione di latte, rappresenta il protagonista indiscusso della storia culinaria. Esso affonda le sue radici nelle steppe della Mezzaluna fertile (Medio Oriente) dove circa 11000 anni fa fu uno dei primi animali ad essere addomesticati. Nel tempo, divenne emblema di ricchezza e, in virtù di tale riconoscimento, il simbolo sacrificale per omaggiare le divinità. Secondo il “sacrificio dei suovetaurilia”, per esempio, la sacrificazione di un ovino, unitamente a quella di un suino e di un bovino, aveva come fine ultimo quello di invocare la protezione delle divinità. In maniera analoga, nell’Odissea, l’indovino Tiresia esorta Ulisse a sacrificare un suino, un montone e un toro al dio Poseidone, mentre nell’Iliade Achille viene spesso descritto mentre cuoce allo spiedo agnelli o capretti. Per non tralasciare, poi, il famoso epilogo del “Sacrificio di Isacco” dove rimane celebre il passo che vede Abramo immolare l’animale come sacrificio sostitutivo del figlio Isacco raffigurato in maniera eccelsa da diverse creazioni artistiche, tra cui quella di Caravaggio nel 1603.

Considerato il forte legame con l’uomo, le sue origini e il territorio, ancora oggi la produzione della carne di agnello riveste un ruolo di fondamentale importanza e, nelle aree dove l’allevamento ovino da latte si è diffuso, non è altro che un prodotto secondario che segue, pertanto, quello principale rappresentato dal latte.

L’agnello da latte, come indica il nome stesso, viene alimentato esclusivamente con latte materno e macellato a 4-6 settimane di età al raggiungimento di un peso di 9-11 kg.

Dal punto di vista nutrizionale, la carne dell’agnello da latte è particolarmente ricca in acidi grassi polinsaturi a lunga catena (PUFA), fortemente legati alle origini della vita in quanto coinvolti nello sviluppo del feto e nella crescita neonatale e fondamentali per la salute umana in quanto svolgono un ruolo diretto nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e dismetabolie e nella protezione dalle infiammazioni.

Se paragonata alla carne dell’agnello pesante e a quella di pecora, la carne dell’agnello da latte presenta un profilo acido migliore caratterizzato da un minor contenuto di acidi grassi saturi e una maggiore concentrazione di acido linolenico, rumenico o CLA, ma anche di acido arachidonico (ARA) e docosaesaenoico, (DHA) che, insieme, favoriscono lo sviluppo del sistema nervoso e visivo. Per questa serie di ragioni, la carne dell’agnello da latte è una delle prime carni ad essere raccomandata dai pediatri nell’alimentazione dei bambini nei primi mesi di vita.

Essendo alimentato esclusivamente con latte materno, ne deriva che la composizione della carne, e in modo particolare il profilo acido del grasso, è strettamente legato al profilo acidico del latte materno, e quindi all’alimentazione delle mamme durante la fase di gravidanza e allattamento. In tal senso, il latte ovino è particolarmente ricco in acidi grassi quali l’acido rumenico o CLA, l’acido vaccenico e l’acido linolenico, particolarmente benefici per la salute umana che fortunatamente vengono trasferiti dal latte alla carne.

La presenza di tali acidi grassi nel latte è fortemente dipendente dall’alimentazione e tende ad aumentare quando le pecore vengono alimentate con erba piuttosto che con soli fieni e concentrati. L’erba, infatti, è una ricca fonte di acidi grassi polinsaturi n-3 e di acido linolenico (ALA) in particolare, la cui concentrazione tende ad aumentare quando la pianta si trova in uno stadio vegetativo. Da questo punto di vista, nel sistema di allevamento tradizionale, il periodo più importante della fase di allattamento si verifica tra la fine dell’autunno e l’inizio della stagione invernale, ovvero nel momento in cui gli animali possono usufruire della migliore disponibilità di erba in termini qualitativi. Ciò equivale a dire che gli agnelli assumono latte proprio nel periodo in cui il latte materno è particolarmente ricco in acido vaccenico, rumenico o CLA e in PUFA n-3.

Pertanto, gli agnelli allevati da mamme tenute al pascolo presentano un profilo nutrizionale migliore rispetto a quelli che derivano da mamme tenute in stalla e quindi alimentate con fieni e concentrati. Inoltre, presentano un profilo nutrizionale migliore rispetto all’agnello allevato con latte artificiale. Tuttavia, nei periodi di mancata disponibilità di erba e con l’obiettivo di arricchire il latte e la carne in acidi grassi benefici per la salute umana si può ricorrere all’utilizzo di olii vegetali, lino in particolare oppure olio di oliva e di soia, naturalmente ricchi in acidi grassi polinsaturi.

In termini ambientali, lo stesso team di ricerca è stato in grado di stimare, per la prima volta a livello mondiale, l’impatto ambientale legato alla produzione dell’agnello da latte, e nello specifico le emissioni di metano enterico legate a questa tipologia di produzione. Si tratta del primo studio condotto a livello mondiale dal momento che, le ricerche condotte sinora, hanno riguardato esclusivamente l’impatto ambientale legato alla produzione dell’agnello pesante derivante da razze con attitudine alla produzione di carne piuttosto che di quello da latte che, viceversa, proviene da razze da latte. Nello specifico, i ricercatori del Dipartimento di Agraria di Sassari hanno stimato che a seguito della produzione dell’agnello da latte vengono rilasciati in atmosfera dai 4.6 ai 7.3 kg di CO2 equivalente, in media poco meno di 6 kg di CO2 equivalente, di gran lunga inferiori rispetto a quelli emessi a seguito della produzione dell’agnello pesante. Tra gli aspetti più interessanti emersi dalla loro ricerca e degni di nota, è stato osservato che gli agnelli provenienti da un sistema di allevamento tradizionale che seguono, pertanto, le mamme al pascolo impattano meno (5.67 kg di CO2/ kg di incremento di peso) rispetto a quelli provenienti da un sistema stabulato (6.20 kg di CO2/ kg di incremento di peso) dove hanno la possibilità di assumere latte materno solamente durante le ore notturne. Inoltre, hanno riscontrato che l’impatto diminuisce all’aumentare dei parti gemellari e in linea generale all’aumentare della differenza tra il peso alla macellazione e quello alla nascita. Il sistema di allevamento basato sull’utilizzo del pascolo può risultare altresì meno impattante se si considerano altri benefici ambientali legali alla riduzione degli alimenti provenienza extra-aziendale, al sequestro di carbonio, alla tutela della biodiversità e ai servizi ecosistemici.

Dal momento che nel sistema di allevamento ovino Sardo, gli animali vengono tenuti al pascolo, questo lavoro suggerisce che l’impatto ambientale dell’agnello da latte può essere ridotto favorendo il sistema di allevamento tradizionale e migliorando la prolificità.

La presente nota è una sintesi dei seguenti articoli scientifici pubblicati da Animals, dove è riportata tutta la letteratura citata: a) Battacone, G.; Lunesu, M.F.; Rassu, S.P.G.; Pulina, G.; Nudda, A. 2021. Review Effect of Dams and Suckling Lamb Feeding Systems on the Fatty Acid Composition of Suckling Lamb Meat”. b) Battacone, G.; Lunesu, M.F.; Rassu, S.P.G.; Nudda, A., Pulina, G.; 2021. Effect of Suckling Management and Ewe Concentrate Level on Methane-Related Carbon Footprint of Lamb Meat in Sardinian Dairy Sheep Farming

 

 

Autori:

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA