La diffusione di lupi e cinghiali su una buona parte del nostro territorio sta creando non pochi problemi agli allevatori e a volte anche ai cittadini.

Secondo uno specifico rapporto ISPRA ci sono in Italia 3300 lupi, di cui 950 nelle regioni alpine, che nel periodo 2015-2019 si sono resi responsabili di 17.989 eventi di predazione accertati (leggi anche “Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche?“). Più difficile è quantificare il numero di cinghiali ma sempre secondo ISPRA siamo ormai a oltre 1 milione di esemplari. Si stanno diffondendo anche altri predatori, come lo sciacallo dorato e l’orso e altri ungulati come caprioli, cervi e daini.

In un’Italia affollata da quasi 60 milioni di abitanti, con la necessità di aumentare la sua autosufficienza alimentare, e quindi alla ricerca di sempre più terre da coltivare o per allevare animali, la convivenza con questi animali sta diventando sempre più difficile, al punto di condizionare i piani colturali e la possibilità di utilizzare a vario titolo i pascoli.

In molte campagne fertili e irrigue sta diventando sempre più difficile coltivare il mais per la presenza di cinghiali o degli altri ungulati, mentre l’allevamento al pascolo di bovini, pecore e capre richiede un forte rafforzamento della sorveglianza.

In assenza di decisioni “politiche” gli allevatori si stanno organizzando come possono. Recinzioni elettriche, ricoveri notturni protetti e cani da guardiania se gestiti razionalmente possono aiutare, ma l’impegno economico e di tempo che richiedono da parte degli allevatori è spesso troppo oneroso.

Molti vorrebbero interventi drastici di contenimento, mentre l’opinione pubblica ha alzato le barricate in difesa di questi animali che si stavano quasi estinguendo. La piega che ha preso questa situazione, come ormai sempre accade, ha spaccato in due la popolazione italiana tra favorevoli e contrari, impedendo di fatto ogni dialogo costruttivo.

Due aspetti sono però certi. Il primo è che non si può andare avanti così, soprattutto alla luce delle tensioni internazionali sui costi delle commodity agricole che obbligano gli Stati a rendersi il più indipendenti possibili dagli approvvigionamenti di materie prime da nazioni non democratiche. Il secondo è che auspicare l’estinzione di questi selvatici, o una loro drastica riduzione, è considerato inaccettabile dall’opinione pubblica, specialmente dalle persone che vivono nelle città. Gli allevatori, e più in generale gli agricoltori, non devono mai dimenticare che la loro attività può esistere e avere un futuro solo se la gente continua a mangiare i loro prodotti. Pertanto avere un buon rapporto con i consumatori è di fondamentale importanza.

Ma allora quale potrebbe essere una salomonica soluzione? Un sogno sarebbe che su molti argomenti si potesse tornare a dialogare in modo costruttivo, ma sembra che questo non sia più di moda. Un altro sogno sarebbe che i politici e gli amministratori si assumessero le loro responsabilità e la smettessero di inseguire sempre l’ultimo voto per le prossime elezioni.

La soluzione più razionale, e l’unica percorribile a mio avviso, si chiama contenimento. In molti contesti si sta già facendo ma in silenzio, per non farsene accorgere. Se in determinate zone la concentrazione di cinghiali diventa incompatibile con le attività agricole, devono essere organizzati degli abbattimenti razionali al fine di contenerne il numero degli animali che rappresentano un problema. Lo stesso deve avvenire per gli altri selvatici prima elencati. Deve essere varata una legge a livello nazionale condivisa da tutte le forze politiche e non strumentalizzata sempre a fine elettorali, che va poi declinata a livello regionale.

Questa stasi, oltre ad esacerbare gli animi, rappresenta un’ulteriore causa di chiusura degli allevamenti e di riduzione di colture strategiche come quella del mais, oltre a provocare un danno alle già fragili comunità che vivono e lavorano nelle aree marginali italiane.

L’appello ai politici è quello di sospendere “temporaneamente” la ormai cronicizzata campagna elettorale e fare qualcosa di concreto e prioritario per il nostro paese. Molto poi possono fare i sindaci prendendosi le responsabilità che le leggi e il mandato elettorale gli conferiscono.

Certo, in molti, me compreso, si potrebbero chedere: ma se hanno fatto poco o nulla nei confronti dei piccioni, cosa vuoi che faranno verso ungulati e predatori? A noi piace pensare che il buon senso alla fine prevale.