Quella dei formaggi a crosta lavata è una categoria peculiare, sia per le tecniche di produzione che per il complesso di note sensoriali, olfattive e gustative che caratterizzano il prodotto finito. Vediamo quali sono gli aspetti comuni ai formaggi che subiscono quei trattamenti in fase di maturazione tali da far assumere loro la tipica crosta di colore rossastro (o comunque in tonalità che vanno dal giallo al marrone), ad esempio quella del Taleggio DOP, e quell’insieme di profumi, aromi e sapori piuttosto complessi. Dal momento che questo è un articolo in omaggio al formaggio protagonista della settimana, come esempio della categoria dei formaggi a crosta lavata parleremo non di un prodotto a marchio di origine, ma di una chicca presa dalla selezione di un produttore a noi caro: Podere Il Casale di Pienza (SI).

Per formaggi a crosta lavata si intendono quei prodotti di caseificazione la cui crosta viene strofinata regolarmente con una soluzione costituita principalmente da acqua e sale, la cui concentrazione va da 5 g/100 g di acqua fino ad una percentuale del 35 %, che è il punto di saturazione della soluzione così preparata. La presenza del sale è fondamentale per consentire alla cosiddetta microflora alofila, ovvero particolarmente adatta a concentrazioni elevate di sale, di svilupparsi in superficie. La crescita di questa microflora genera una sorta di patina vischiosa, di colore che varia dal giallo al marrone. È la crescita di questa microflora a dirigere principalmente lo sviluppo di profumi, aromi e sapori del prodotto finito. Gli obiettivi dell’uso una soluzione di lavaggio così caratterizzata sono: aggiungere sale al prodotto finito (il sale verrà veicolato verso l’interno della pasta), il mantenimento dell’umidità e delle concentrazioni di sale della pasta, l’aggiunta di microrganismi utili in stagionatura generalmente aggiunti nella soluzione di lavaggio (possono provenire da inoculo oppure da formaggi sfregati in precedenza) e la lotta allo sviluppo di muffe indesiderate, grazie all’azione meccanica dello strofinamento della crosta ed all’effetto selettivo legato alla soluzione stessa. Oltre al sale, si può anche acidificare la salamoia proprio per contrastare le muffe che potrebbero svilupparsi sulla superficie.

Quali microrganismi sono responsabili dello sviluppo di questa patina vischiosa e di colore intenso? Sicuramente un effetto selettivo verrà esercitato dalle concentrazioni di sale nella soluzione. Da tradizione, la pratica di lavaggio consiste nel cominciare il trattamento con i formaggi più vecchi. Con la stessa soluzione, in cui verranno raccolti i microrganismi responsabili della formazione della crosta, verranno lavati poi i formaggi più giovani, ancora privi di crosta. La soluzione viene conservata più giorni per garantire un abbondante apporto di microrganismi. Si tratta di pratiche ancora utilizzate in piccoli caseifici; nei più grandi, la pratica è quella di utilizzare nuove soluzioni inoculate con colture selezionate (commerciali oppure derivanti da coltura madre). Quindi, le specie responsabili della formazione superficiale nei formaggi a crosta lavata sono: lieviti (Geotrichum candidum, Debaryomyces hansenii, Candida) e batteri aerobi (corinebatteri in particolare Brevibacterium linens – questo articolo parla di un formaggio ungherese in cui troviamo B. linens -, micrococchi).

Per i produttori di formaggio, in questo documento è possibile trovare ulteriori informazioni su come preparare la salamoia, quali attrezzature utilizzare per i lavaggi e quando rinnovare le soluzioni. Per la rigenerazione delle salamoie abbiamo pubblicato un approfondimento in questo articolo.

Veniamo dunque al protagonista della settimana, il pecorino a crosta lavata prodotto da Podere Il Casale. Nelle scorse settimane, abbiamo parlato dei pecorini affinati sotto crusca e sotto vinaccia prodotti in questo angolo di paradiso (gastronomico) in Val d’Orcia. Come abbiamo subito scoperto parlando con Ulisse, al Podere non si seguono le tradizioni locali, né tantomeno sarde o svizzere. La cultura casearia e la produzione di formaggi sono espressione di tutte e tre le culture attraverso il filtro curioso ed attento del casaro. Ed ecco che, ispirati dalla tradizione lombarda dei formaggi a pasta molle e crosta lavata, è nato il pecorino a crosta lavata. Ci sono alcune differenze, la più importante è sicuramente quella legata all’uso di latte di pecora, prodotto secondo metodo biologico in azienda dalle 200 pecore di razza sarda. Altra differenza è la forma, che è tradizionalmente quadrata per i formaggi lombardi.

La pasta del pecorino a crosta lavata è morbida al centro e più cremosa nel sotto crosta. La forma che è giunta a noi presentava una crosta a “buccia di rospo”, di colore marroncino chiaro, con una porzione di superficie coperta da una patina bianca, ed una caratteristica che, per taluni formaggi, è un difetto: un principio di gessatura. Un formaggio è gessato quando si presenta finemente granulare, friabile e di colore bianco. È un effetto dovuto alla demineralizzazione quasi completa della caseina per acidificazione troppo spinta della cagliata. Per formaggi come il Quartirolo Lombardo DOP, ma anche il Taleggio DOP, ovvero quei formaggi in cui la maturazione è centripeta, la pasta gessata costituisce solamente la parte iniziale del processo di maturazione: la proteolisi che avviene in superficie modifica l’aspetto della pasta e questi formaggi, in base alla durata della stagionatura e/o dell’altezza dello scalzo, possono avere una pasta dall’aspetto completamente fondente o mostrare ancora un’anima gessata.

Dal punto di vista produttivo, gli interventi in caseificio sono veramente pochi: si usano solo latte, caglio, sale e fermenti selezionati per produrre le forme che in stagionatura (40 giorni) verranno lavate periodicamente a mano. Pochi semplici gesti per mantenere inalterati gli aromi del latte di pecora.

Ed infine, la parte conclusiva del nostro articolo: l’assaggio. Il tutto è avvenuto dopo una sosta di un’ora a temperatura ambiente. L’obiettivo del casaro di mantenere i profumi del latte nel prodotto finito è riuscito: un lattico leggermente marchiato dai sentori di pecora si accompagna a note vegetali, di erba essiccata, con un principio di profumo del lievito che, timido, comincia a far lievitare l’impasto del pane. In bocca, è un formaggio molto delicato, tuttavia persistente: la dolcezza del latte, che ricorda quasi la dolcezza grassa della panna, ripropone il leggero sapore di lievito in fermentazione, sostenuto da una leggera acidità. Sorprendentemente, nonostante il processo di lavaggio con la soluzione salina, il pecorino a crosta lavata non ha la sapidità che ci si aspetterebbe: è una sapidità giusta per lo stadio di maturazione, forse ancora non ben amalgamata con gli altri sentori descritti, ma in ogni caso capace di mostrarsi senza sovrastare gli altri.