Prosegue il focus di Domus Casei relativo al tema dei grassi del latte. Dopo aver ampiamente parlato nei precedenti articoli di cosa e quali sono i grassi del latte e aver approfondito gli aspetti relativi alla produzione e composizione di burro e panna, ci focalizziamo in questo nuovo articolo su come ridurre il tenore di grasso nel latte e nei suoi derivati.

Come sappiamo, il latte può essere classificato in base al tenore in grassi, in:

  • Latte intero (3.5 %)
  • Latte parzialmente scremato (1,5 e 1,8%)
  • Latte scremato (< 0.5 %)

Le ultime ricerche scientifiche hanno evidenziato l’associazione tra il consumo di acidi grassi saturi e colesterolo presenti nel latte e nei suoi derivati, con l’insorgenza di malattie coronariche e circolatorie nelle popolazioni dei paesi occidentali. Per far fronte a tali esigenze di natura nutrizionale e dietetica, l’industria ha cercato di soddisfare le richieste dei consumatori mettendo sul mercato prodotti a ridotto contenuto di grassi e colesterolo sviluppando, di conseguenza, tecnologie adeguate al raggiungimento di tale fine.

Ciononostante, l’utilizzo di particolari tecnologie, se da una parte vantaggiose per la riduzione di colesterolo e acidi grassi, dall’altra, alterano drasticamente le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti.

Pertanto, solo alcune metodiche si sono mostrate realmente efficaci:

  • processi fisici di rimozione del colesterolo;
  • processi chimici di combinazione e rimozione del colesterolo;
  • processi biologici di metabolizzazione del colesterolo.

La produzione di formaggi a ridotto o modificato contenuto di grassi, si può dividere in due filoni principali.

Formaggi con sostituti del latte

Da una parte la fabbricazione di formaggi nei quali il grasso del latte è stato, in tutto o in parte, sostituito da altri grassi o oli di natura vegetale o da grasso di latte decolesterolizzato, a scopi dietetici. Tale metodo, utilizzato molto in America e nei paesi con scarso approvvigionamento di latte, prevede l’utilizzo di surrogati di formaggio derivati da caseinati, proteine di soia o vegetale, emulsionati con grassi vegetali. La pecca di tale tipologia è che a livello organolettico, un formaggio con un contenuto di grasso inferiore al 30-50%, si presenta alla degustazione come atipico, insipido e asciutto, risultando sgradevole al palato del consumatore.

Formaggi con latte scremato

Dall’altra parte è possibile la fabbricazione di formaggi a ridotto contenuto di grasso partendo da latte parzialmente scremato. Anche questi formaggi presentano delle caratteristiche non molto gradite al consumatore in quanto caratterizzati dalla mancanza del sapore e della texture tipiche del formaggio, ma a differenza dei precedenti che si presentano secchi e privi di umidità, questi risultano più umidi ed elastici. Ciononostante, possono non essere soddisfacenti per il consumatore che se ne ciba.

Per risolvere questo problema, si tende ad utilizzare prodotti globulari capaci di ristrutturare la fase acquosa del prodotto simulando il gusto, la sensazione e l’azione dei globuli di grasso.

La modificazione del tenore in grasso dei prodotti lattiero-caseari comporta una sostanziale rimodulazione della frazione solida del latte, ovvero delle proteine, oltre che del contenuto acquoso, causando una minore resa.

Ad oggi la produzione di burro con ridotta frazione lipidica o aumento della percentuale di acidi grassi insaturi viene adottata per ragioni dietetiche, ma si tratta per la maggior parte di burri nei quali tutto o parte del grasso del latte è stato sostituito con caseine o caseinati ed altri additivi alimentari non calorici, o grassi vegetali idrogenati come la margarina, o con strutto animale decolesterolizzato, tipica tecnologia australiana.

Nel prossimo articolo vedremo la proposta dell’azienda Chr. Hansen sul tema burro.

Bibliografia:

Trattato di tecnologia casearia, Ottavio Salvadori del Prato

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A cura di

Eleonora Fiorucci e Felicia Del Franco