Sotto il Sole del mezzogiorno, a Partanna in provincia di Trapani, nasce il caseificio da cui uscì la prima Vastedda del Belìce certificata DOP. 

Si tratta del caseificio Cangemini, che con circa 2 secoli di storia detiene il primato di aver richiesto e ottenuto la denominazione per la vastedda. È un formaggio di pecora, l’unico a pasta filata certificato DOP, ed ha un’origine antichissima che si confonde con il mito. 

Come ogni prodotto che si rispetti e che ne sia meritevole anche la vastedda ha una storia, il cui protagonista è un pastore. Torniamo indietro nel tempo, all’avventura di un pastore sbadato che si scordò del formaggio che stava producendo. Quando se ne accorse era ormai troppo tardi e il formaggio era diventato acido; provò comunque a correggerlo immergendolo in acqua bollente, così accade qualcosa di imprevedibile: iniziò a filare. Il pastore lo appoggiò dunque su un piatto di ceramica, chiamato in dialetto Vastedda e, dopo il riposo necessario, assaggiandolo si rese conto di aver fatto un ottimo lavoro. 

Ancora oggi dopo l’acidificazione, la filatura viene effettuata, e poi il formaggio viene lasciato riposare in appositi piatti di ceramica dove assume la tradizionale forma a focaccia. Passarono gli anni e la tradizione non andò perduta in Sicilia, in particolare in quella Valle, chiamata Valle del Belìce, da cui trae origine il nome della vastedda e anche la razza della pecora dalla quale si ottiene il latte per la realizzazione di tale formaggio. 

Il caseificio Cangemi: una storia lunga due secoli

In quest’areale, la passione e l’amore per gli animali e per la produzione artigianale sono state tramandate di mano in mano per tutte le generazioni della famiglia Cangemi, di cui abbiamo intervistato Calogero Cangemi, l’ultimo, per ora, di una lunga genealogia.

Tutto ha inizio con il primo Calogero Cangemi che, nato attorno al 1796, è il primo pastore di cui si ha notizia. Probabilmente già altri pastori della famiglia praticavano la transumanza e l’allevamento di pecore, ma a causa di un incendio che ha distrutto tutti i documenti esistenti, Calogero è il primo di cui abbiamo notizia certa. Seguono Francesco Cangemi e Calogero Cangemi (nato nel 1861), di cui si sa per certo che produceva i formaggi della tradizione: il pecorino siciliano e la vastedda

Nasce poi Antonino Cangemi nel 1916 che affronterà uno dei periodi più bui della storia della famiglia; a causa della leva militare si ritrovò a vendere il patrimonio lasciatogli in eredità, compresi tutti i capi di bestiame per ben due volte. 

Solamente dopo anni, tornato in patria, riuscì a riavviare l’attività famigliare, comprando 5 capi. Calogero Cangemi (nato nel 1949) darà nuova linfa all’allevamento, puntando all’innovazione, alla selezione della specie ovina e alla qualità dei prodotti che ne derivano, gestendo circa 100 capi di bestiame. Segue poi Antonino Cangemi (nato nel 1972), che porterà l’allevamento da 100 a 1000 pecore. L’ingegno e l’abilità di Antonino gli permetteranno di pensare in grande; punterà, infatti, all’innovazione e alla rivalutazione dell’azienda, tramite ad esempio il recupero della tecnica della transumanza a cavallo per portare con sé tutte le attrezzature necessarie per la caseificazione. Inoltre, la transumanza consentiva ai pastori di scegliere il terreno più adatto al pascolo, ovvero un prato con un’erba o una pianta particolare, e spesso la scelta ricadeva su terreni ricchi di pianta di sulla, che conferisce un tipico e peculiare sentore al formaggio. Inoltre ad Antonino va il merito di esser stato la mente che ha proposto ed ottenuto la denominazione DOP, e così nel marzo 2008 dal caseificio Cangemi esce la prima vastedda marchiata a denominazione d’origine. Ad oggi l’azienda è gestita da Calogero, che ci ha raccontato la sua storia e l’attuale lavoro in caseificio, che partecipa anche ad una cooperativa, chiamata L’arte dei curatoli. In dialetto siciliano il curatulu è il pastore che sa anche lavorare il latte, da qui questa scelta per la cooperativa che si occupa del commercio della vastedda e del pecorino. Sono 5-6 i produttori riuniti sotto questo nome, e partecipano anche a fiere come Cheese o il Salone del Gusto. 

Le pecore, la pastorizia e la transumanza

Come abbiamo detto, la pecora di valle del Belìce è stata geneticamente selezionata, e Calogero afferma che si tratta di una delle migliori pecore da latte in Italia, in quanto la sua produzione non varia con il cambio di stagione e rimane sempre costante a 1,5-2 l al giorno. Questo perché le pecore vengono fatte pascolare tutto l’anno, vanno così alla ricerca delle erbe e delle piante più sfiziose e nutrienti e producono un latte, con differenti aromi in base alla stagione, ma sempre ricco e corposo. Proprio riguardo a questo Calogero ci spiega come d’estate la vastedda sia più buona, proprio perché tra le varie piante spunta il finocchietto selvatico che arricchisce il formaggio di un sentore particolare. Altre piante ed erbe che le pecore scelgono durante il loro cammino sono per lo più la sulla, il trifoglio e la quercia. I pascoli in cui sono condotte sono sia naturali, in cui si possono trovare piante ed erbe diversificate, che seminativi, in cui vengono selezionate delle erbe specifiche per creare una dieta peculiare. 

La transumanza viene ancora praticata, da una campagna all’altra, e le pecore sono spesso accompagnate anche da cani; nonostante l’assenza di predatori i pastori ne necessitano per guidare il gregge e proteggerlo da altri cani. 

La vastedda: il formaggio di pecora a pasta filata DOP

La vastedda, come abbiamo scritto, è un formaggio DOP di notevole valore in quanto unico prodotto di pecora a pasta filata che ha ricevuto la certificazione. Produrre, dunque, la vastedda significa sottoporsi ad una serie di obblighi e controlli, il disciplinare deve essere seguito punto per punto. I controlli vengono effettuati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Palermo, che esegue le analisi sui lotti di vastedda. Compito dei casari è quello di iscriversi al registro, per ottenere il numero del bollino da apporre sull’etichetta di cui ogni forma deve essere dotata. 

La vastedda è un patrimonio che abbiamo il compito di mantenere vivo, date le origini e la storia che racchiude, e la tipicità e particolarità di un prodotto tutto italiano, che nasce e si produce in una piccola zona dell’Isola del Sole. La famiglia Cangemi porta avanti questo onore e questo onere da circa 2 secoli, migliorando le lavorazioni, innovando attrezzature e metodi, intraprendendo nuovi percorsi e nuove strategie di crescita. 

Un settore in crisi già da tempo

Il Covid-19 e il nuovo assetto del mercato hanno certamente contribuito, purtroppo, all’espansione di una crisi che era già in atto. Calogero ci racconta di come la lana delle pecore, frutto della tosatura, non venga più venduta in quanto non c’è più alcun acquirente, o meglio il numero dei manifattori di lana si è ridotto drasticamente. Allo stesso modo il prezzo degli agnelli, che ha subito un perentorio decremento, il che rende la vita dei pastori ancor più ardua e impegnativa. Stesso discorso per il prezzo del latte. 

Per quanto riguarda la pandemia, Calogero ci spiega che si è lavorato abbastanza durante i mesi di lock-down, quelli in cui nessun’attività poteva rimanere aperta, ma allo stesso tempo la chiusura di bar, ristoranti e pasticcerie ha gravato enormemente sul caseificio, i cui introiti derivano per lo più dalla vendita presso tali attività. Infatti, il caseificio Cangemi commercializza i propri prodotti per lo più tramite vendita diretta in caseificio, o appunto presso ristoranti e botteghe, disseminate in tutta la Sicilia. È complicato parlare di e-commerce, laddove la qualità e il valore del prodotto sono per lo più dati dalla sua freschezza, perciò non è ancora stata attuata una vendita di questo tipo.

Oltre alla vastedda…

Oltre alla vastedda, che è il prodotto più venduto, il caseificio si occupa anche della realizzazione di pecorino siciliano, il pecorino più antico d’Europa, la cui personalità spicca al massimo durante i mesi primaverili (febbraio, marzo, aprile) dato l’exploit delle piante e delle erbe, che donano gusto e aroma al formaggio stagionato. Un altro prodotto degno di nota è la ricotta, anch’essa molto in voga tra i consumatori; dopodiché entrando nel caseificio potremmo gustare anche il primo sale, che viene realizzato in vari gusti, con aggiunta di: noci, mandorle, pistacchi, rucola e tanto altro ancora. Come possiamo immaginare, data la storia secolare del caseificio, i formaggi della famiglia Cangemi hanno effettuato il giro dell’Italia, a volte valicandone anche i confini, come quando la nonna di Calogero si recò in Grecia a mostrare che tipo di formaggio veniva realizzato nel bel Paese. Alcune premiazioni importati riguardano il trofeo San Lucio, vinto dal nonno di Calogero circa 6-7 anni fa. La famiglia ha inoltre partecipato nel 2017 a Cheese a Bra, oltre che al Trinacria D’Oro dove per vari anni il caseificio è stato premiato per il miglior Pecorino DOP, formaggio che è stato portato anche alla festa del Pecorino di Enna. Si può affermare che in tutti questi anni i formaggi della famiglia Cangemini non hanno perso il loro carattere, la loro genuinità, e soprattutto la bontà.

È parlando e confrontandosi con storie così profonde e radicate nel proprio territorio che si comprende l’importanza delle lavorazioni artigianali e tradizionali, il valore del Made in Italy e di quella che potremmo definire italianità. Ma si riesce a scorgere anche l’impegno, la dedizione, la tenacia e la caparbietà con cui generazione dopo generazione ogni componente della famiglia non ha abbandonato la nave madre, anzi ha perseverato nell’ottica e nella lungimiranza del saldo mantenimento delle proprie radici. Sono famiglie come queste che abitano l’Italia bella, quella che sogna, che si innova, che conosce il suo pregresso e guarda con attenzione al futuro.