Quando i nostri arcaici antenati incontrarono il latte, i vantaggi per l’uomo furono immensi. Nel latte ci sono tanti principi nutritivi utili alla salute umana, ma anche alcuni rischi perché può essere un vettore di germi patogeni, tossine e parassiti dannosi. Nel lungo periodo di oltre 8000 anni che è trascorso dalla domesticazione ad oggi, il latte e il formaggio non sono quasi mai mancati nelle mense della gente, o almeno di chi poteva permetterseli.

A condizionare la presenza di rischi per la salute umana sono, ora e allora, la stato di salute degli animali, le condizioni igieniche della stalla, della mungitura e della conservazione del latte.

In un articolo pubblicato da VesA Marche nel 2021 dal titolo “Rischi microbiologici dal consumo di formaggi a latte crudo” viene approfondito con competenza l’argomento e allegata la tabella sottostante che dà informazioni su quali patogeni può potenzialmente veicolare il latte e i suoi derivati. 

Fonte: VesA Marche

I piani di eradicazione di zoonosi come la brucellosi e la tubercolosi hanno ridotto quasi a zero il rischio di veicolare all’uomo attraverso il latte queste gravi patologie, almeno nelle zone indenni o ufficialmente indenni. Nel 1862 Louis Pasteur comprese l’esistenza del rischio che alcuni alimenti potessero essere veicolo di infezioni per l’uomo e che il trattamento termico di matrici biologiche lo potesse eliminare. Il 20 aprile 1862 Pasteur brevettò un trattamento termico del vino che prese il nome di pastorizzazione. Nel 1886 il chimico tedesco Franz von Soxhlet mise a punto la prima tecnica di pastorizzazione del latte. Nel 1908 Chicago la rese obbligatoria e in Italia a farlo fu il Regio Decreto n°994 del 1929. Il 13 gennaio 2015 il gruppo di esperti sui rischio biologici (BIOHAZ) dell’EFSA (European Food Safety Authority) pubblicò un “Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica legati al consumo di latte alimentare crudo”.

Nelle lista dei possibili patogeni veicolati dal latte e potenzialmente presenti nei formaggi freschi ci sono ad esempio alcuni sierotipi di E. coli come O157, O26, O111, O103 e O145. Questi ceppi di E. coli vengono anche definiti produttori di Shiga-tossina o verocitotossici (STEC o VTEC). Nell’uomo possono provocare una grave dissenteria emorragica oppure la sindrome emolitica-uremica (SEU) che può risultare anche letale. I bovini sono la principale riserva di STEC ma anche gli altri ruminanti, sia domestici che selvatici, possono esserne portatori.

Il pacchetto igiene è una serie di regolamenti comunitari che norma la produzione di latte e formaggi (852,853,854, 882/2004 e la direttiva CE 2002/99). Per la legge il latte crudo non deve essere trattato a temperature superiori a 40°. Questo latte può essere utilizzato per fare formaggio a latte crudo a patto che:

  • provenga da allevamenti indenni o ufficialmente indenni da brucellosi;
  • nel caso del latte bovino abbia una CBT inferiore a 100.00 germi per ml e una conta cellulare inferiore a 400.000/ml; 
  • se si tratta di altri ruminanti è ammessa una CBT fino a 500.000 germi per ml;
  • ovviamente non abbia residui di antibiotici.

Esistono alcune deroghe come quella che rende possibile l’impiego di latte ovi-caprino crudo da allevamenti non indenni da brucellosi ma negativi al test sierologico, ma il formaggio derivante deve avere una maturazione minima di due mesi. Per il latte di alpeggio esso si può utilizzare crudo se durante la fase di allevamento a valle la carica batterica e il tenore di cellule somatiche siano stati regolari. Se a valle il latte non è conforme si può impiegare crudo solo per lavorazioni con un tempo di stagionatura superiore ai 60 gg.

I prodotti fatti con latte crudo dovranno riportare in etichetta “ fabbricato con latte crudo”.

La pastorizzazione del latte è un trattamento termico a 71.7°C per 15” che ha l’obiettivo di eliminare dal latte tutti i microrganismi potenzialmente patogeni e alcuni enzimi. Per fare questo però viene eliminata la flora lattica naturalmente presente nel latte e proveniente dall’ambiente dove vivono gli animali e dai foraggi con cui vengono alimentati. Questi fermenti lattici hanno un ruolo importante nell’acidificazione del latte, e quindi dei formaggi, e conferiscono a questi prodotti quegli odori e qui sapori tipici del territorio. I formaggi “naturali” sono pertanto fatti utilizzando latte, caglio e sale, ai quali possono essere aggiunti i batteri lattici autoctoni tramite il latto innesto o il siero innesto.

Nell’ambito dei prodotti italiani a denominazione molti sono i formaggi prodotti a latte crudo come ad esempio :

  • Parmigiano Reggiano Dop – latte vaccino crudo 
  • Grana Padano Dop – latte vaccino crudo 
  • Fiore Sardo Dop – latte crudo di pecora 
  • Fontina Dop – latte vaccino crudo 
  • Pecorino Bucciato Gioia del Pastore – latte di pecora crudo
  • Caciocavallo Silano Dop – latte di vacca crudo 
  • Strachitunt Dop – a munta calda, vaccino
  • Castelmagno d’Alpeggio Dop – latte di vacca crudo munto e lavorato a 1600 metri di altitudine
  • Formaggella del Luinese DOP – latte di capra crudo 

Conclusioni 

Consumare formaggi a latte crudo è auspicabile, perché i sapori e gli odori che essi sprigionano denotano un forte legame con il territorio di origine del latte. I formaggi ottenuti da latte pastorizzato hanno un livello di sicurezza sicuramente più elevato, anche se gli incidenti derivanti dal consumo di formaggi a latte crudo sono molto sporadici. L’utilizzo del buon senso e delle conoscenze della microbiologia degli alimenti permette quindi alla gente di non privarsi del piacere di consumare formaggi a latte crudo e ai casari di trarre tutti quei vantaggi economici che i formaggi naturali possono offrire.