I difetti nei formaggi vengono normalmente classificati in difetti di crosta o superficie, di aroma e gusto e di struttura. Le cause dei vari difetti sono varie, e tra queste vi è anche il contributo di microrganismi, sia contaminanti che legati agli innesti impiegati nella caseificazione. Affrontando i vari difetti dei formaggi, scopriremo per quali di questi tra le cause vi sono anche i microrganismi. È bene ricordare che, se in alcuni formaggi un particolare attributo possa essere definito difetto, per altri non è così: se per gli erborinati la presenza di venature blu dovute alla presenza di muffe è attributo positivo, per altri formaggi potrebbe rappresentare un difetto; allo stesso modo, l’occhiatura da fermentazione propionica in formaggi a pasta dura e cotta, come Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP, è un difetto, mentre non lo è per altre tipologie di formaggi. Quindi, un difetto è tale in funzione del tipo di formaggio che stiamo considerando.

Tra i difetti del gusto, troviamo l’amaro ed il piccante. Per quest’ultimo attributo si può parlare di difetto in quei formaggi per i quali non è atteso l’importante contributo della lipolisi ai processi di maturazione. L’amaro dipende invece dalla concentrazione di peptidi amari derivanti dell’idrolisi a carico delle caseine. L’amaro può essere percepito se la concentrazione di tali peptidi supera un livello soglia e se non ci sono altre sostanze nel formaggio in grado di attenuare o nascondere il sapore amaro associato ai peptidi. Molti fattori sono responsabili della formazione del sapore amaro, sia singolarmente presi che in combinazione tra di loro: un certo contributo è legato al tipo di alimentazione del bestiame (ad esempio, radici, cime di rapa o barbabietole possono cedere al latte composti amari), incidono poi sia il tipo di caglio che il processo di salatura, che può modificare la conformazione strutturale della caseina influenzando l’accessibilità delle proteasi ai siti d’idrolisi. Inoltre, anche i microrganismi hanno un ruolo nei processi di formazione delle sostanze responsabili del gusto amaro, ma in questo caso le dinamiche sono più complesse. Sia microrganismi contaminanti come batteri psicrofili selezionati con lo stoccaggio del latte alle temperature di refrigerazione, che i batteri lattici presenti negli innesti primari usati per l’acidificazione del latte oppure altri microrganismi di colture ausiliarie (P. roqueforti o P. candidum per formaggi erborinati e a crosta fiorita, rispettivamente) possono contribuire alla formazione di questo difetto. Tra i batteri lattici responsabili della formazione del gusto amaro, si individuano i lattococchi come i fermenti maggiormente coinvolti in questo processo. La capacità di formare peptidi amari è stata messa in relazione all’elevata velocità di riproduzione che porta ad avere elevate concentrazioni di batteri con forte attività delle proteasi prima che le cagliate siano sottoposte a salatura. Tuttavia, non tutti i ceppi di lattococchi contribuiscono allo stesso modo alla produzione di gusto amaro: infatti alcuni di essi sono in grado di scindere i peptidi amari prodotti dal caglio in una fase successiva, riducendone l’impatto su questo attributo.

I difetti interessano anche la struttura della pasta. Gonfiore precoce, gonfiore tardivo, aperture da attività fermentativa di microrganismi, aperture meccaniche, colatura, gessatura, stracchinatura sono tutti potenziali difetti che si manifestano a determinate condizioni. Anche tra questi ve ne sono alcuni che diventano attributi in formaggi particolari: tra questi, la gessatura, come abbiamo visto nell’articolo dedicato al pecorino a crosta lavata di Il Podere Il Casale di Pienza (Si). Anche per il Quartirolo Lombardo DOP ed il Salva Cremasco DOP si tratta di un elemento qualitativo desiderato.

Il gonfiore precoce ha una chiara origine microbica ed è causato dalla crescita di batteri lattici eterofermentanti (termofili o mesofili), di coliformi o lieviti che fermentano il lattosio residuo (in taluni casi, il galattosio non metabolizzato dalla flora lattica dell’innesto) producendo principalmente CO2. Di solito, le condizioni della fase di stufatura o in camera calda sono ideali per la crescita di questi microrganismi, in modo particolare nei formaggi a pasta molle, e durante la fase di salatura ed in stagionatura si instaurano dei meccanismi competitivi per il lattosio, fermentato più rapidamente dai coliformi e batteri lattici eterofermentanti che si replicano più velocemente della flora starter. Intervengono anche i lieviti, soprattutto quelli in grado di utilizzare i lattati. Come si presenterà la pasta con occhiatura è fonte di informazioni importanti sugli errori commessi: se la pasta assume un aspetto spugnoso significa che si è verificata una fermentazione incontrollata e difficilmente controllabile; se l’occhiatura si verifica solo da un lato del formaggio, per esempio sotto la crosta, significa che c’è stato probabilmente uno spurgo insufficiente legato a mancato rivoltamento della forma: questo crea le condizioni ideali per la crescita microbica. Dunque, un ruolo importante lo svolgono le operazioni complessive condotte durante la caseificazione: velocità di acidificazione della cagliata e cinetica di spurgo del siero determinano la disponibilità di nutrienti ed il tempo durante il quale latte e cagliata rimangono in condizioni di crescita ottimali anche per la flora contaminante alternativa. Acidificazione della cagliata e spurgo del siero sono messi in correlazione nelle varie tipologie di caseificazione poiché l’equilibrio tra i due avrà un impatto sulle caratteristiche sensoriali e strutturali del prodotto che si vuole ottenere. È un equilibrio che permette di impostare le condizioni ideali per avere determinati processi biochimici nel formaggio: se questo viene meno, allora sarà possibile per la flora contaminante dominare i processi di fermentazione, e questo è vero soprattutto per quei formaggi a latte crudo senza innesto, in particolare quando la flora acidificante iniziale è costituita da una popolazione esigua che non permette di avere la giusta acidificazione, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di spurgo del siero e lasciando ampio spazio allo sviluppo di difetti. Questa problematica si può affrontare bonificando il latte con trattamenti termici e utilizzando starter selezionati.

Il gonfiore tardivo è un difetto che si verifica durante la stagionatura dei formaggi, e per tale motivo è tipico dei formaggi a pasta cotta e dura (Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP). Il difetto è causato dalla crescita di batteri sporigeni anaerobi, in particolare Clostridium tyrobutyricum, che producono composti gassosi mediante il metabolismo di lattati. L’intervento termico a carico del latte non è una soluzione efficace, dal momento che si tratta di un difetto legato allo sviluppo delle spore che rimangono intrappolate nella cagliata. Le due DOP citate hanno scelto due linee chiare per risolvere la questione: il Grana Padano DOP, che ammette l’uso di insilati nell’alimentazione degli animali, ha optato per l’impiego del lisozima d’uovo, in grado di degradare le pareti delle cellule batteriche; il disciplinare del Parmigiano Reggiano DOP esclude invece l’uso di insilati nella dieta dei bovini da latte.

La pasta dei formaggi, in particolare quelli molli con elevato contenuto in acqua, può andare incontro a colatura: le conseguenze sono destrutturazione del formaggio con abbassamento dello scalzo e colatura ai lati della forma. In questo caso, la causa è rintracciabile in un’eccessiva attività proteolitica da parte di endoproteasi (da caglio, in particolare). Si tratta di un errore tecnologico rintracciabile nella gestione delle fasi di coagulazione del latte e spurgo del siero che portano alla ritenzione di proteasi acide nella cagliata, a sua volta dovuta a pH troppo acido in coagulazione oppure ad uno spurgo insufficiente. Per alcuni formaggi, come lo Squacquerone di Romagna DOP, si tratta in realtà di un elemento di pregio.

Anche i formaggi a pasta filata freschi possono andare incontro a difetti, come la stracchinatura. La causa è da rintracciare in attività proteolitiche dovute a agenti tra loro differenti (microflora del latte crudo ma anche dell’innesto, enzimi coagulanti non inattivati dalla filatura oppure plasmina; anche la migrazione del calcio dalla mozzarella al liquido di governo è tra le cause di questo difetto). La pasta assume una consistenza pastosa e morbida simile a quella dello stracchino.

Tra i difetti strutturali, possiamo citare anche le aperture meccaniche della pasta, dovute ad errori tecnologici che portano ad una mancata coesione tra i granuli di cagliata. Una demineralizzazione troppo spinta che deriva da lavorazione di latte troppo acido e/o acidificazione troppo veloce, ma anche un eccesso di proteolisi, se abbinati a stagionatura in locale con scarsa umidità o con ventilazione eccessiva, possono portare a forte essiccamento della crosta e del sottocrosta, che andranno incontro a distacchi o sfoglie.

Altri difetti connessi alla presenza di microrganismi coinvolgono le paste molli: tra questi difetti, vi è il cosiddetto pelo di gatto, che corrisponde alla intensa crescita superficiale di ceppi appartenenti al genere fungino Mucor. Si sviluppa una muffa color grigio e questo è un difetto in formaggi a crosta fiorita bianca. Due modi sono possibili per prevenire questo difetto: uno riguarda un’accurata gestione degli ambienti di stagionatura per evitare le contaminazioni da Mucor; l’altra sfrutta la competizione biologica con Geotrichum candidum, che ha una capacità di coprire la superficie del formaggio più rapida del suo antagonista e produce metaboliti attivi contro lo stesso. Infine, si può ricorrere a trattamenti superficiali ammessi dall’UE (per una lettura sugli additivi alimentari, clicca qui).

Infine, è necessario dedicare qualche riga ai difetti di colorazione anomala nei formaggi. Nel suo articolo “Mozzarelle blu e fosforescenti” per Ruminantia®, Giovanni Ballarini offre una panoramica interessante sugli aspetti microbiologici e tecnologici legati alle colorazioni anomale sulle mozzarelle causate dal genere Pseudomonas. Oltre a ciò, possiamo citare per esempio la capacità di Penicillium roqueforti di creare venature verdi-azzurre molto apprezzate negli erborinati, oppure le colorazioni nere-grigiastre di Cladosporum herbarum, Bacterium denigras, Bacillus mesentericus e muffe come Monilia nigra. Non è inutile ricordare che in generale una buona gestione dell’ambiente di lavorazione, così come della pulizia e dell’igiene, sono strumenti indispensabili per evitare difetti. Sicuramente, una cura oculata delle salamoie è fondamentale per evitare di reiterare il problema sui diversi lotti di formaggi.

 

Leggi anche le precedenti uscite per il mese tematico sugli innesti:

Bibliografia

Germano Mucchetti, Erasmo Neviani, 2006. Microbiologia e tecnologia lattiero-casearia. Qualità e sicurezza. Tecniche nuove