L’azienda agricola Pagliari gestisce circa 1.000 capi bovini nelle sue strutture situate a Bozzolo, in provincia di Mantova. Le vacche allevate sono di razza frisona e vengono sottoposte ai controlli funzionali dell’Associazione Allevatori. Gli animali in lattazione mediamente presenti sono 500 e sono divisi in quattro gruppi produttivi a seconda dello stadio fisiologico in cui si trovano. In particolare, vi sono due gruppi di animali  appena partoriti, distinti in primipare e pluripare, uno di animali in piena lattazione e uno di animali a fine lattazione. La stabulazione di questi gruppi è libera su cuccette in legno con paglia. Ci si avvale di podometri con software per rilevare i calori e gestire i dati produttivi e riproduttivi, e le produzioni sono molto soddisfacenti considerando una media di circa 43 litri/capo, con picchi anche di 45 litri/capo in determinati periodi dell’anno. Si mette molta attenzione nella gestione del giovane bestiame,  tanto che da qualche mese, oltre alla persona già incaricata, è stata coinvolta anche una giovane laureata che segue esclusivamente questo aspetto. Il gruppo di lavoro è costituito da dodici dipendenti, di cui sei mungitori, e tre titolari: Andrea e i suoi due figli Marta e Luca. Proprio la presenza dei due ragazzi ai vertici gestionali, ci ha spinto a pensare che potesse essere una realtà interessante da far conoscere, in quanto, oltre al fatto di essere estremamente performante dal punto di vista tecnico, risulta un ottimo spunto di riflessione sul difficile tema del “ricambio generazionale”. La gestione della stalla è, infatti, prioritariamente affidata a Marta, 31 anni e un diploma di istituto tecnico alberghiero, che dopo qualche tempo nel mondo del turismo, cinque anni fa ha deciso di mettersi alla prova con la zootecnia, in quel contesto a lei noto fin da bambina, ma nel quale andava solo per giocare.

Abbiamo quindi chiesto direttamente a lei di raccontarci qualcosa di più sul suo ruolo in azienda e su quali siano i pro e i contro del subentrare ai propri genitori.

«Sinceramente ad oggi mi sento di segnalare solamente tanti “pro”. Dopo anni che lavoravo nel settore della ristorazione ero arrivata ad un punto di stallo nel posto dove ero, non riuscivo a trovare la quadra e così, proprio sotto consiglio di mio papà, ho iniziato a lavorare in azienda. Inizialmente solo in ufficio, gestendo le carte e le registrazioni sul software gestionale, per poi passare alla vitellaia e da lì entrare sempre più nel vivo dell’organizzazione fino a giungere alle vacche. Certo ho ancora molto da imparare, non è niente di finito, anzi!»

Ci puoi raccontare una tua giornata “tipo”?

«Appena arrivo faccio un giro in stalla guardo gli animali, verifico eventuali problemi di salute e le vacche da fecondare. In azienda sono presenti anche mio fratello e mio padre, che, nonostante gli impegni di campagna, si dedicano con me alle attenzioni che richiede l’allevamento. Chiaramente le scelte strategiche le condivido con loro, ma nella quotidiana operatività l’aiuto di cui mi avvalgo deriva dai sei mungitori, le due persone della vitellaia, il carrista e due jolly».

Dunque, il papà ancora è attivo all’interno dell’azienda. Come convivono le vostre generazioni?

«Devo dire che siamo fortunati perché ci lascia molto fare. Il rapporto va molto bene, ci lascia provare, ci lascia sperimentare, poi certo, se c’è qualcosa di particolare interviene per aggiustare il tiro, ma sempre dopo esserci confrontati e aver valutato insieme le strategie da attuare. In azienda siamo quindi tutti e tre ad organizzare le attività, certo l’estate complica un po’ tutto con il suo carico di lavoro. Quindi le decisioni più importanti sono sempre prese insieme. Il rapporto è abbastanza equo, c’è un bello scambio di idee e ci si confronta sempre. Non c’è chi ha potere di stabilire senza l’accordo degli altri, e mio fratello ed io siamo fortunati perché il papà ci lascia molti spazi.»

Ritieni che il vostro approccio sia molto diverso da quello di vostro papà? Per capirci, vi ha mai dato la fatidica risposta: “abbiamo sempre fatto così”?

«Ecco era questo che intendevo dire quando ho detto che siamo fortunati. Sento tante persone intorno a noi, tanti giovani che si scontrano quotidianamente con genitori dagli approcci tradizionalisti. Adulti che frenano, che non credono nei nuovi progetti, nell’introduzione di nuove tecnologie. Nostro papà ha avuto sempre delle vedute ampie, ad esempio già da diversi anni lavorava su aspetti legati alla sostenibilità ambientale, di cui adesso si parla molto, mettendo in atto strategie come le lavorazioni minime, l’interramento del liquame, la riduzione dell’uso della chimica tramite la lotta integrata alle mosche o l’utilizzo di batteri sporigeni per sanificare gli ambienti. Sulla gestione dei reflui ha sempre puntato molto, rivolgendosi a ditte come SOP, la cui attività è incentrata sul rispetto dell’ambiente. E così utilizzando prodotti con azione probiotica per gli animali e stabilizzante per i reflui, in pochi anni è stato possibile ridurre le emissioni di metano, i livelli di ammoniaca in stalla e anche i nostri vicini dicono che quando movimentiamo le deiezioni l’odore è decisamente diminuito!»

Ci puoi fare un esempio delle novità introdotte o in cantiere a seguito del tuo ingresso?

«Una delle ultime, che oltretutto mi sta dando grande soddisfazione, è stata la terza mungitura; da marzo 2023 abbiamo iniziato e devo dire che siamo molto soddisfatti. Stiamo poi lavorando molto sulla vitellaia, al punto di farla seguire giornalmente anche da una giovane laureata oltre che da un incaricato. A breve avvieremo i lavori per un impianto fotovoltaico da 80 KW e parteciperemo alla realizzazione di un impianto cooperativo di biometano, su iniziativa proposta da Granlatte, la cooperativa a cui apparteniamo.»

Si dice che i giovani non vogliano più lavorare in agricoltura perché è un settore che non concede riposi, festività e vacanze. Tu come vivi questo aspetto?

«Beh, sicuramente è un lavoro che impegna molto e che deve piacerti, perché altrimenti lo vivi come un enorme sacrificio. Quello che però mi sento di dire ai giovani è che questo mondo è in continua evoluzione, e che sono state introdotte moltissime innovazioni tecnologiche, macchinari e attrezzature, che aiutano a gestire il processo in maniera estremamente più agevole. Questo secondo me può rappresentare lo stimolo a continuare, insieme al fatto che c’è una continua ricerca e sviluppo di nuove soluzioni che incuriosiscono e inducono a migliorarsi giorno dopo giorno».

Nel salutarci vedo sopraggiungere Andrea, il papà di cui abbiamo parlato finora! L’occasione è quindi ghiotta per scambiarci una battuta sul tema, guardandolo da un’altra prospettiva. Gli chiedo, pertanto, di dirci il suo pensiero, ma soprattutto di raccontarci in che modo è riuscito a far appassionare entrambi i figli alla sua attività.

«Se vogliamo dare un punto di inizio devo dirvi che, quando ero giovane, ho avuto l’opportunità di fare il presidente dei giovani dell’ANGA. Allora come adesso c’era questo problema, e trovandomi quindi ora  dall’altra parte mi sono detto che non potevo essere di certo io ad ostacolare l’ingresso dei miei figli in azienda, dopo essermi battuto per anni su questo tema. Oltretutto, ho la fortuna di avere un’azienda che può dare soddisfazione un po’ a tutti i livelli e di avere due figli appassionati e coraggiosi nell’affrontare tutte le variabili che l’agricoltura e la zootecnia portano con sé. Sappiamo che ci dobbiamo porre degli obiettivi, talvolta anche ambiziosi, per poter fare sempre meglio e per quanto ci vorrà tempo per realizzarli, dal punto di vista del senior, ritengo che vadano perseguiti prendendo come orizzonte quello dei ragazzi! Certo a volte mi trovo a rincorrerli, anziché fare da apripista mi trovo io dietro, ma ci sta. Si impara perché studi e si impara per esperienza. Io ci metto la mia esperienza e loro la voglia di fare!»

Quindi, a questo punto, secondo te  Andrea il problema di questo ricambio generazionale, dove sta? 

«Sicuramente nel riuscire ad organizzare uno stile di vita accettabile. Perché se il lavoro che fai ti impegna giorno e notte, e magari sei da solo perché la tua dimensione aziendale è quella, è chiaro che uno prima o poi si stufa. O ha una passione sfrenata oppure prima o poi si stufa. Tra l’altro sono situazioni molto legate anche all’equilibrio economico, per cui una piccola differenza ne può fare una grande sul risultato e determinare un problema di sopravvivenza di impresa. A volte però la colpa è dei genitori che non danno spazio ai figli, e da genitore, immedesimandomi, dico: ma coloro che si comportano così si rendono conto di quanto stanno perdendo in termini di soddisfazione personale e di potenzialità di impresa? Brachizzare le ali ai figli per non dare loro ruoli decisionali spesso è puro autolesionismo!»