I formaggi in stagionatura – Scheda n° 59

Tipo di impianto di raffreddamento

Gli impianti di refrigerazione possono essere di due tipi: ventilato o statico. L’impianto statico è generalmente costituito da evaporatori del freddo statici (serpentine) applicati a soffitto, a cui può essere associato un ventilatore per il movimento dell’aria. L’impianto ventilato è costituito da un armadio condizionatore, contenente le batterie di raffreddamento e di riscaldamento, nel quale viene trattata l’aria, garantendo condizioni di temperatura, umidità, ossigenazione e velocità costanti. Questo impianto distribuisce l’aria in modo omogeneo all’interno dei locali di stagionatura e ne garantisce un costante ricambio. La velocità dell’aria dovrebbe essere inferiore a 0,5 m/s, per evitare che il ventilatore che forza l’aria contro il prodotto non lo asciughi eccessivamente sulla superficie, causando screpolature o spaccature. La formazione di ghiaccio o condensa è indice di un non corretto funzionamento dell’impianto.

Condizioni di stagionatura dei formaggi

Ogni formaggio ha caratteristiche proprie di composizione chimica, caratteristiche microbiologiche, contenuto di acqua, quantità di sale, pH, forma, dimensioni o tipo di crosta, e ciò comporta condizioni di stagionatura specifiche. Nel corso di questa fase avvengono infatti reazioni chimiche e fisiche (trasformazione di zuccheri, proteine, grassi, perdita di acqua…) che interagendo tra loro danno origine alle caratteristiche visive, di struttura e di aroma dei prodotti finiti. Gli enzimi naturali del latte, quelli delle cellule somatiche, gli enzimi del caglio o del coagulante scelto, gli enzimi di origine microbica, provenienti dal latte, dall’innesto e dall’ambiente concorrono insieme nell’evoluzione del formaggio in stagionatura, determinando il tipo di prodotto finito. Modificando la sola variabile della temperatura, le reazioni avvengono con velocità ed intensità diverse e ciò determina caratteristiche del prodotto finito diverse. Per esempio, un formaggio a pasta molle e crosta fiorita stagionato a temperatura di 8-10 °C esprimerà un aroma più delicato rispetto a quello che si sarebbe sviluppato con stagionature a 12-13 °C. È quindi molto difficile stabilire quali siano le condizioni di stagionatura standard, ma in realtà sono queste che consentono di produrre formaggi tipici e unici, propri di quella determinata struttura produttiva. Considerando esclusivamente le esigenze delle specie microbiologiche di superficie si evidenzia:

Operazioni fondamentali per una corretta stagionatura

Rivoltamenti: assicurano l’evaporazione regolare dell’umidità, il contatto con l’aria di tutte le superfici, la formazione di crosta omogenea, la realizzazione di una forma simmetrica; in genere sono più frequenti all’inizio della stagionatura (nelle prime settimane ogni due giorni, poi due volte a settimana).

Pulizia superficiale: importante per evitare la contaminazione fungina/batterica della crosta: da realizzarsi con spazzole apposite quando necessario. Si può effettuare dentro o fuori la cella, ma è sempre necessario valutare la probabilità di contaminare gli altri formaggi. I formaggi possono essere puliti a secco o lavandoli con acqua, con salamoia, con siero bollito, ecc., a seconda del tipo di crosta.

Lavaggio con sale: per formaggi a crosta lavata con morchia, da effettuarsi più frequentemente all’inizio della stagionatura;

Foratura: da farsi con appositi aghi a intervalli opportuni per i formaggi erborinati.

Eventuali trattamenti di superficie come cappature con olio, aceto aromatico o erbe aromatiche.

Attenzione: durante queste operazioni spesso i formaggi sono movimentati: bisogna assolutamente garantire l’identificazione dei singoli lotti.

Modalità di stagionatura dei principali formaggi caprini

I dati della seguente tabella sono riferiti ai formaggi di 200-500 g di forma cilindrica.


Microrganismi contaminanti: Enterobacteriaceae, coliformi ed Escherichia coli – Scheda n° 60

Enterobacteriaceae, coliformi ed Escherichia coli

La famiglia delle Enterobacteriaceae comprende numerose specie di batteri: molte sono ospiti dell’intestino dei mammiferi, altre si trovano nel suolo, nell’acqua e sui vegetali. Alcune specie appartenenti a questa famiglia sono patogene, come Salmonella, Shigella, ed alcuni Escherichia coli. Le enterobatteriacee sono in grado di produrre gas, acidi, a volte sostanze viscose e dal sapore sgradevole. Alcune enterobatteriacee sono resistenti ai residui di antibiotici nel latte e così possono soppiantare i batteri lattici che invece sono molto sensibili. Sono utilizzate come indici di igiene di processo perché sono eliminate da una corretta sanificazione e da trattamenti termici efficaci; inoltre le basse temperature ne rallentano la moltiplicazione, pertanto la loro presenza è da collegare in qualche fase alla perdita di controllo dei parametri produttivi previsti. I coliformi sono un gruppo di batteri all’interno della famiglia delle enterobatteriacee. Spesso si tratta di batteri anticaseari, antagonisti dei batteri lattici in quanto, come questi, utilizzano il lattosio. Sono psicrofili e si moltiplicano meglio nel latte, nella cagliata o nel formaggio fresco. Vengono distruttidalla pastorizzazione (72 °C per 15-20 secondi oppure 60 °C per 30 minuti) e risultano essere sensibili al sale. Tra i coliformi Escherichia coli è indice di contaminazione fecale. Va posta particolare attenzione a Escherichia coli STEC o verocitotossici perché responsabili di gravi patologie dovute alla produzione di tossine che provocano sintomi entero-emoraggici o la più grave sindrome uremico-emolitica. In genere:

  • se il rapporto E.coli/coliformi è basso (pochi E.coli e tanti coliformi) → i problemi derivano dal materiale non sanificato correttamente;
  • se il rapporto E.coli/coliformi è alto (tanti E.coli e pochi coliformi) → i problemi sono dovuti all’igiene delle mammelle.

Origine della contaminazione

Come evitare o ridurre la contaminazione

La presenza di Enterobatteriacee ed in particolare di coliformi è dovuta al contatto tra il latte e lo sporco, per cui è fondamentale osservare scrupolosamente le norme igieniche dalla stalla al caseificio:

  • la lettiera deve essere asciutta e pulita, con minimo 2-3 rabbocchi a settimana e rinnovo completo indicativamente almeno una volta ogni 2 mesi, così da assicurare mammelle pulite;
  • mantenere pulito il luogo di mungitura, applicando una corretta routine, pulendo le mammelle a secco o effettuando un pre-dipping ed eliminando i primi getti in apposito contenitore;
  • importante verificare mensilmente lo stato del materiale di mungitura, in particolare la porosità ed elasticità delle guaine prendicapezzolo, dei tubi in gomma, delle guarnizioni dei collettori;
  • applicare piano di sanificazione per garantire l’igiene del materiale di mungitura, trasporto e stoccaggio del latte, del materiale del caseificio e del caseificio stesso; a tutte le attrezzature va assicurata anche adeguata protezione quando non in uso;
  • il personale deve essere adeguatamente formato per garantire un’idonea igiene della persona, degli abiti e delle proprie modalità operative;
  • verificare la qualità microbiologica dell’acqua sia provenga dall’acquedotto che non; controllare periodicamente lo stato delle tubazioni e dei rubinetti smontando tutte le parti ispezionabili;
  • verificare che la temperatura del latte scenda sotto i 6 °C rapidamente (max 2 ore)
  • aggiungere l’innesto durante la mungitura se si valuta reale la possibilità di contaminazione (lettiera sporca, animali bagnati per pioggia, residuo di sporco abbondante sul filtro del latte) e/o si impiega molto tempo per raffreddare il latte;
  • in lavorazione inoculare fermenti lattici già attivati ed effettuare una maturazione del latte per assicurare una rapida acidificazione;
  • fare attenzione a non utilizzare innesti naturali contaminati, per es. sieroinnesto nelle lattiche;
  • se si sospetta di avere latte contaminato pastorizzare prima di procedere alla lavorazione.

Cosa/come monitorare

Il livello iniziale della contaminazione del latte di coliformi condiziona la contaminazione dei formaggi.

È importante monitorare i coliformi nel latte nei momenti critici: ai parti, al cambio di stagione, dopo i temporali estivi, in autunno quando le lettiere sono più umide. Per i formaggi a latte crudo è prevista la presenza di questi batteri tanto che le norme non indicano limiti, ed in realtà se la contaminazione è grave il casaro se ne accorge senza dover fare analisi. Per i prodotti in cui è previsto un trattamento termico questi batteri sono utilizzati proprio come indice di igiene di processo: la loro presenza è legata alla perdita di controllo dei parametri di fase come qualità della materia prima, tempo e temperatura di pastorizzazione/termizzazione, durata fase raffreddamento, igiene del materiale utilizzato nelle fasi successive. Il Reg. CE 2073/2005 e successive modifiche prevedono:


Microrganismi contaminanti: Mucor spp. – Scheda n° 61

Mucor spp.

Mucor è un genere di muffe che si trovano comunemente sulla superficie del suolo e delle piante, in particolare sulle foglie, ed è l’agente del difetto detto “Pelo di gatto”. Queste muffe si sviluppano sulla superficie del formaggio ramificandosi con un aspetto lanuginoso ed una colorazione grigiastra. Talvolta i filamenti si sviluppano formando dei ciuffi sottili e lunghi, da cui il nome. Sono muffe particolarmente invasive: crescono rapidamente, ricoprendo velocemente le superfici, e le colonie possono svilupparsi fino a diversi centimetri in altezza. la temperatura ottimale di crescita è di 20-25 °C, ma attenzione, anche a 4-8 °C i filamenti si allungano, la crescita è solo rallentata. Mucor si presenta in modi diversi: a pelo lungo o a pelo raso, con colorazione variabile dal grigio chiaro al marrone o nero, generalmente più scura dove l’ambiente è più umido (Fig. 1). A temperatura ambiente, i Mucor sviluppano in due-tre giorni importanti miceli, che terminano con gemme piene di spore. Quando si aprono, le spore si liberano e vengono disseminate nell’aria, per poi depositarsi sui formaggi. L’aria, l’acqua, il materiale, il latte contaminato e i formaggi contaminati sono gli elementi che veicolano queste muffe.

Origine della contaminazione

Il mezzo di contaminazione più rilevante del Mucor è l’ARIA.

In stalla le fonti principali sono la terra, i vegetali ed in particolare i foraggi ammuffiti e le polveri degli alimenti (mangimi). Anche il materiale utilizzato per la mungitura, se non protetto dalle polveri, può accumulare e diffondere queste muffe. Nel caseificio l’aria è il mezzo primario che veicola le spore: queste si depositano su tutte le altre superfici libere: bidoni, secchi, formine, salamoia, formaggi, ecc.; naturalmente, altri vettori possono essere l’acqua, il latte e i formaggi contaminati, i vestiti, gli insetti e le mani degli operatori.

Come ridurre la contaminazione

Quando compare Mucor sui formaggi si può procedere a:

  1. eliminare con un coltello appuntito, esternamente alla cella, i primi punti di sviluppo della muffa;
  2. incartare in fretta i formaggi contaminati, metterli in zona separata o portarli in altra struttura;
  3. individuare la fonte di contaminazione: la durata media di crescita dei Mucor in cella è di 48 ore; pertanto, per individuare la fase in cui è avvenuta la contaminazione, si tolgono due giorni dal momento in cui appare: per esempio, se si vede qualche colonia il terzo giorno, si può presumere che la contaminazione sia avvenuta il primo giorno durante la sgocciolatura. Se la muffa si sviluppa su formaggi stagionati, si dovrà esaminare tutto l’ambiente di stagionatura: presenza di materiale estraneo in cella come i cartoni e i vestiti degli operatori, e operatività degli operatori stessi;
  4. limitare la contaminazione, ripulendo gli ambienti e proteggendo latte e formaggi.

Per prevenirne lo sviluppo ricordare le seguenti considerazioni:

Il latte: la presenza di 50 spore/ml di Mucor può originare il difetto. Ricordarsi che l’aria della sala di mungitura è particolarmente carica di Mucor (e di altre muffe) e che, durante la mungitura, il latte è sempre in contatto con l’aria quindi: limitare i risucchi dei prendicapezzoli; evitare la distribuzione di alimenti polverosi prima e durante la mungitura; evitare l’entrata di aria quando si attaccano e si staccano i prendicapezzoli; non lasciare i bidoni esposti alla polvere o il tank aperto ed evitare la movimentazione degli alimenti in sala di mungitura.
I formaggi: coprire con teli o coperchi i secchi di coagulazione e i formaggi in sgocciolatura; cambiare il sieroinnesto potenzialmente contaminato; incartare/separare il prima possibile i formaggi contaminati.
L’aria (sono sufficienti 100 spore di Mucor per m3 d’aria per contaminare il latte e i formaggi): esaminare da dove arriva l’aria che entra in caseificio, per vedere se trasporta polveri; rinnovare l’aria del caseificio creando correnti per abbassare la concentrazione delle spore, e disinfettare split/filtri dei sistemi di condizionamento; correggere le metodiche di pulizia e disinfezione del pavimento. Dopo la lavorazione bisogna aspettare due ore affinché il 90% delle spore presenti nell’aria si depositino sul pavimento e sui materiali del caseificio; evitare idro pulitrici che rimettono in sospensione le spore; pulire e disinfettare formine, griglie e tavoli di sgocciolatura con disinfettanti fungicidi; utilizzare formine asciutte.
Il personale: iniziare a rivoltare prima i formaggi freschi, poi via via quelli più stagionati; evitare il va e vieni da zone potenzialmente contaminate al caseificio, dalle celle al locale di produzione; utilizzare vestiario solo per il caseificio; avere indumenti specifici per operare in cella, soprattutto se il problema è ormai diffuso.

Per limitare la crescita del Mucor è necessario anche:

  • evitare l’eccesso di umidità dei formaggi:
  • verificare corretta acidificazione delle cagliate;
  • verificare la temperatura della sala di lavorazione e sgocciolatura (20 °C minimo);
  • rigirare i formaggi più frequentemente;
  • rispettare i tempi (durata della sgocciolatura: qualche ora, ma anche 1-2 giorni a 18-20 °C);
  • limitare l’umidità eccessiva dei locali (evitare ristagni di acqua e siero nei locali, areare il caseificio con aria più secca ed inserire un deumidificatore);
  • favorire la crescita di flore antagoniste al Mucor, come Geotricum e Penicillium. In particolare, Geotricum candidum si trova naturalmente nel latte, nell’ambiente e sul materiale del caseificio: è la muffa tipica dei formaggi lattici e di quelli a pasta molle, crescendo limita lo sviluppo di Mucor. Si consiglia quindi di: scegliere un innesto commerciale adatto (esistono anche colture fungine anti-Mucor) ed inseminare il latte e spruzzare i formaggi con Geotricum e/o Penicillium.

Microrganismi contaminanti: Pseudomonas spp. – Scheda n° 62

Pseudomonas spp. è un gruppo di batteri che comprende oltre 100 specie, tra cui Pseudomonas fluorescens e P. putida, responsabili di alcuni difetti dei formaggi come colorazioni giallo-verde, fluorescenza, ma anche macchie arancio-marroni o rosate, oppure gusto amaro, ed anche odore sgradevole (tipo cartone bagnato o pesce essiccato), aspetto appiccicoso delle superfici dei formaggi. Pseudomonas sono batteri ambientali, che si trovano in genere nel terreno, sulle radici delle piante, sulle foglie, nei foraggi e nell’acqua. Quindi sono facilmente presenti in allevamento, spesso in lettiera.

Caratteristiche dei batteri Pseudomonas:

  • sono aerobi, si sviluppano più rapidamente sulla superficie che all’interno della pasta dei formaggi;
  • hanno temperatura ottimale di crescita a 20-30 °C ma, essendo psicrotrofi, si sono adattati anche alle basse temperature e si moltiplicano fino a 3 °C;
  • il loro sviluppo è rallentato a pH = 4,5 ed inibito a pH < 4;
  • amano il sale, in concentrazioni fino al 2%;
  • producono enzimi proteolitici e lipolitici (anche in condizioni di refrigerazione) termoresistenti;
  • producono biofilm: i  biofilm sono strutture costituite da sostanze organiche prodotte dai batteri e dai microrganismi stessi. I batteri in questo modo rimangono adesi alle superfici, protetti da uno strato che consente loro di sopravvivere anche in presenza dei normali disinfettanti. Pseudomonas produce biofilm molto velocemente in ambienti umidi (tubi dell’acqua, impianto mungitura lavato, tank, secchi di coagulazione, formine, ripiani, ecc..), e necessita di pochi nutrienti. L’applicazione di metodi di sanificazione inefficaci (ad esempio dose sanificante scorretta, temperatura insufficiente, tempi di contatto inadeguati) può favorire la formazione di biofilm sulle superfici di contatto con il latte o i formaggi.

Origine della contaminazione

Le fonti possibili di contaminazione in azienda possono essere: la pelle dei capezzoli contaminata da vegetali (alimenti, paglia) o acqua degli abbeveratoi inquinati; i prendicapezzoli contaminati per contatto con i capezzoli o per aspirazione delle polveri in mungitura; l’acqua che entra in contatto o residua sul materiale della mungitura e del caseificio; il latte inquinato con Pseudomonas può a sua volta contaminare i materiali del caseificio; infine, la manipolazione di formaggi contaminati può essere ulteriore causa di diffusione di questi batteri in cella di stagionatura.

Come ridurne la contaminazione

Per contenere la contaminazione da Pseudomonas spp. è possibile agire a livello di:

Acqua: controllare la contaminazione dell’acqua utilizzata in caseificio, verificare lo stato interno delle tubature, sostituire guarnizioni e filtri dei rubinetti, inserire sistema di debatterizzazione (lampada UV non sempre efficace).
Mungitura: sanificare le tubature con acqua bollente acidificata; utilizzare cicli-choc acido/base sui materiali al doppio della solita concentrazione; sostituire periodicamente parti in gomma e guarnizioni; utilizzare prodotti specifici contro biofilm, come acido peracetico, e ripetere ogni 15-20 giorni i cicli di trattamento fino a risoluzione; tenere presente che i biofilm si formano nelle zone della mungitrice più difficili da pulire come curve, inserzioni gomma-acciaio, guarnizioni e sui materiali porosi non sostituiti regolarmente; limitare il più possibile i residui di acqua nella mungitrice e, soprattutto, svuotare coppette di lavaggio e guaine, inserire un ciclo di asciugatura al termine del lavaggio e comunque scaricare manualmente tutti i punti in cui ci può essere residuo di acqua; il risciacquo prima della mungitura può essere uno strumento per contenere Pseudomonas, ma può anche essere una delle cause di contaminazione se l’acqua ne è ricca.
Capre: mantenerle su lettiera pulita e verificare anche il livello di contaminazione dell’acqua in abbeveratoio e della lettiera; effettuare sempre la pulizia e l’asciugatura dei capezzoli prima della mungitura; evitare che le mammelle si sporchino di fango; verificare l’assenza in mammella con esame batteriologico (le mastiti da Pseudomonas sono molto rare).
Materiale del caseificio: lavare tutto con disincrostante al doppio della dose con fase di ammollo; se l’acqua è contaminata, asciugare le formine dopo il lavaggio; cambiare le formine se sono vecchie; eliminare le stuoie e le tele usate a contatto con i formaggi contaminati.
Interventi tecnologici: effettuare il raffreddamento rapido del latte; utilizzare un innesto subito attivo; controllare acidificazione e sgocciolatura; verificare la quantità di sale e il tipo e la dose di fermento; eventualmente far uso di colture bioprotettive.
Ambiente: diminuire le polveri in sala di mungitura, eliminare la possibilità di avere capezzoli sporchi di fango; non utilizzare idropulitrici (aerosol); mettere un deumidificatore o un sistema di aspirazione che allontani velocemente l’umidità in caseificio; aprire le finestre durante le pulizie; se possibile, ingrandire il locale di lavorazione per limitare l’eccesso di umidità.

Ricordare che durante la produzione dei formaggi lo sviluppo è favorito dai difetti di:

  • acidificazione: un’acidificazione nelle lattiche troppo lenta favorisce Pseudomonas (dopo 10 ore l’acidità ottimale è 8 °SH/50 e dopo 24 ore deve raggiungere i 12-14 °SH/50); in formaggi presamici l’acidità dopo 3 ore dalla messa in forma deve essere < 6 °SH/50 e dopo 6 ore almeno 5,2 °SH/50;
  • sgocciolatura: formaggi troppo umidi e sgocciolati al freddo;
  • salatura: troppo poco sale, distribuzione non omogenea, salatura troppo “tardiva”;
  • pulizia del materiale errata: favorisce la formazione di biofilm.

Cosa/come monitorare

Normalmente nel latte di capra la quantità di Pseudomonas spp. è 10-100 UFC/ml. Per individuare la fonte di contaminazione si possono effettuare analisi su latte, acqua e superfici di contatto. È importante considerare l’ambiente in generale avendo uno sguardo su tutto, non concentrandosi su un unico punto, vista la diffusa possibilità di contaminazione. Per monitorare nel tempo la contaminazione è possibile anche procedere direttamente in azienda con alcune semplici operazioni, ripetibili anche più volte alla settimana. A tal fine, può essere utile disporre di una piccola lampada UV. Pseudomonas viene trattenuto nei filtri dell’impianto di mungitura: al termine della mungitura con guanti monouso si recupera il filtro e lo si mette in sacchetto di plastica trasparente e, senza chiuderlo ermeticamente, lo si tiene per 3-4 gg a temperatura ambiente. Poi lo si osserva e, se illuminato con lampada UV presenta fluorescenza o diventa giallo o verde fluo, è probabile la presenza di Pseudomonas nel latte. Si può applicare lo stesso metodo per verificare la contaminazione dell’acqua, facendo scorrere attraverso il filtro l’acqua del rubinetto per qualche minuto. Per controllare i formaggi si può entrare in cella al buio con lampada UV e verificare presenza di fluorescenza, oppure si prendono dei formaggi sospetti e si mettono in una cassetta di polistirolo a 7-12 °C: i formaggi contaminati ingialliscono, quelli non contaminati si riempiono di muffe.


Microrganismi contaminanti: Staphylococcus aureus – Scheda n° 63

L’allevatore deve assicurarsi dello stato sanitario delle mammelle dei propri animali, perché la presenza di batteri al loro interno potrebbe: causare problemi di salute a chi si nutre del latte crudo o dei prodotti derivati (formaggi a latte crudo); condizionare lo stato di benessere degli animali e peggiorare il reddito dell’allevatore. La presenza di batteri in mammella determina uno stato infiammatorio o un’infezione, mastite vera e propria, che ha come conseguenze: una diminuzione della quantità di latte prodotta nel corso della lattazione; una diminuzione della qualità del latte e quindi dei premi del relativo pagamento-qualità; l’eliminazione del latte in caso di mastite o per rispettare i tempi di sospensione per eventuali trattamenti farmacologici; spese per i trattamenti terapeutici; riforma dei soggetti cronici e quindi di rimonta…La mammella è un ambiente idoneo per la vita di diversi batteri che potrebbero diffondersi in allevamento proprio durante la mungitura. Per le capre il problema principale è legato a Staphylococcus aureus, o meglio al gruppo degli stafilococchi coagulasi positivi. Vi sono anche altri microrganismi che vivono bene in mammella, dando origine ad infiammazioni mammarie, e che non andrebbero trascurati: sono batteri ambientali, come stafilococchi coagulasi negativi, Streptococcus spp., Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Enterobacter, Serratia, Klebsiella, Bacillus spp. … È bene ricordare che gli stafilococchi coagulasi negativi sono responsabili del 95% delle mastiti croniche subcliniche: sebbene questi batteri non siano problematici per i formaggi, determinano comunque perdite produttive significative. Ognuno di questi microrganismi ha delle caratteristiche peculiari per quanto riguarda il livello di eliminazione nel latte, la patogenicità, la resistenza agli antibiotici, la capacità di sopravvivere fuori dalla mammella, ma il latte da loro contaminato può inquinare l’ambiente (guaine, mani del mungitore, lettiera…), che quindi diventa veicolo per le infezioni di altre mammelle.

Staphylococcus coagulasi positivo

Tra gli stafilococchi coagulasi positivi, Staphylococcus aureus è il germe più diffuso (98% dei casi) e patogeno. Gli stafilococchi coagulasi positivi sono in grado di produrre enterotossine responsabili di intossicazioni alimentari. Il Regolamento CE 853/2004 non prevede limiti per la presenza di Staphylococcus coagulasi positivo nel latte, ma il Regolamento CE 2073/2005 indica questi batteri come indice di igiene di processo: nei prodotti a latte crudo, non deve superare 100.000 UFC/g, per non incorrere nella possibilità di cariche maggiori responsabili della produzione di tossine stafilococciche; poiché questi batteri sono eliminati dai trattamenti termici, come la pastorizzazione, il Legislatore li utilizza come parametro per misurare la correttezza del processo produttivo. Inoltre, se si rilevano valori superiori a 100.000 UFC/g, la partita di formaggio deve essere sottoposta alle prove per verificare che non siano percepibili le enterotossine stafilococciche in 25 g.

Come contenere la presenza di batteri in mammella?

Innanzitutto è fondamentale conoscere lo stato sanitario del proprio gregge: si può procedere facendo un batteriologico su tutti i capi (operazione con impatto economico rilevante, soprattutto in stalle con molte capre) o monitorare il latte di massa. È consigliabile iniziare determinando la quantità di stafilococchi coagulasi positivi con un prelievo di latte di massa (costo molto contenuto, circa 10-15 €), operazione da ripetere ogni 3 mesi (inizio, metà, fine lattazione). Si ricordi di procedere con ulteriori controlli in caso di situazioni critiche, come acquisto di nuovi capi, rientro dall’alpeggio, partecipazione a fiere… In particolare, se la carica di stafilococchi coagulasi positivi è:

  • < 100 UFC/ml= basso rischio → situazione conforme
  • 100-500 UFC/ml= livello di attenzione → aumentare frequenza delle analisi sulla massa
  • > 500 UFC/ml= alto rischio → individuare capi problema attraverso esame batteriologico

I capi problema vanno identificati o, meglio ancora, separati dal resto del gregge, almeno per poterli riconoscere e mungere per ultimi o a mano (con guanti!) o con attrezzatura dedicata. Il conteggio delle cellule somatiche presenti nel latte è un possibile strumento per individuare in modo preliminare possibili problemi di contagio, ma ricordiamo che soprattutto gli stafilococchi coagulasi positivi non danno sempre innalzamento cellulare. Normalmente il contenuto di cellule somatiche aumenta nel corso della lattazione: anomali risultano andamenti altalenanti, per i quali sarebbe quindi auspicabile procedere con indagini più approfondite. Per contenere il rischio di contagio si devono osservare scrupolosamente le buone pratiche di mungitura. Per ridurre il rischio del passaggio dell’infezione da animali infetti ad animali sani è importante mungere prima le primipare, poi le pluripare sane ed infine le capre infette. Inoltre, è utile implementare una routine di mungitura che preveda l’osservazione dello stato della mammella: si deve fare particolarmente attenzione agli animali con ascessi retro-mammari, con lesioni dello sfintere del capezzolo, con ferite della mammella, con sbilanciamenti, con linfonodi sottocoda e sottocoscia molto ingrossati. Tutti questi sono indicatori di possibile presenza di batteri in mammella. Altra verifica importante è il controllo dei primi getti in contenitore a fondo scuro, che consente di evidenziare eventuali alterazioni del latte (sangue, frustoli, grumi…). Per ridurre il rischio, sono indispensabili tutte le misure in grado limitare la quantità di batteri presenti in prossimità del capezzolo: in particolare, bisogna provvedere a garantire lettiere asciutte e costantemente rinnovate con paglia e, in caso di situazioni problematiche, effettuare sia pre- che post-dipping e mungere con i guanti. Le modalità di sanificazione dell’impianto di mungitura devono prevedere l’uso di acqua a temperatura superiore a 60 °C (misurare alla fine della fase di lavaggio con sanificante una T>50 °C). Da non trascurare la manutenzione dell’impianto di mungitura, con verifica del vuoto (37-38 kPa) e delle pulsazioni (90 al minuto) almeno annualmente, meglio all’inizio della lattazione. Considerare sempre tutti i fattori di stress per la capra: garantire ambienti e microclima confortevoli (controllare l’eccesso di caldo e umidità e l’alta concentrazione di urea), non sottovalutare patologie ricorrenti, non incorrere in improvvisi cambi alimentari o nell’uso di alimenti di qualità scadente o squilibrati, evitare il sovraffollamento della stalla… Da non trascurare il controllo dei capi introdotti nel gregge: sia quelli che partoriscono in periodi diversi dal gruppo principale, sia i capi acquistati, vanno separati fino a verifica del loro stato sanitario. L’eliminazione dell’agente infettivo dalla stalla è possibile mediante l’applicazione scrupolosa di piani appositamente studiati con il veterinario aziendale a livello di singola azienda e imperniati su un’attenta profilassi. In genere si effettua l’analisi batteriologica del latte di ogni emimammella, si identificano e separano i capi infetti e si valuta con il veterinario la necessità di interventi terapeutici. La terapia antibiotica ed antinfiammatoria viene effettuata quando i soggetti sviluppano una mastite clinica: questi trattamenti generalmente risolvono il caso clinico, ma una vera e propria guarigione (ossia l’eliminazione dei patogeni in mammella) si registra solo nel 30% dei casi. Anche la terapia in asciutta va valutata caso per caso con il proprio veterinario e comunque a seguito di analisi batteriologica e antibiogramma, per scegliere l’antibiotico in base alla sensibilità dimostrata dai ceppi isolati in allevamento.


Microrganismi contaminanti: Listeria monocytogenes – Scheda n°64

Listeria è una famiglia di batteri composta da varie specie, di cui solo Listeria monocytogenes è pericolosa per l’uomo in quanto causa listeriosi. Come tutti i batteri patogeni ha temperature di crescita ottimali intorno ai 30-37°C ma, essendo un batterio psicrotrofo, è in grado di moltiplicarsi a basse temperature (fino a 2 °C), anche se in queste condizioni la moltiplicazione è molto lenta. Listeria è distrutta dalla pastorizzazione (sono sufficienti temperature >60 °C) o da acidità inferiori a pH=4. È alofila, ossia non è sensibile al sale, e può quindi contaminare le salamoie. È eliminata dalla maggior parte dei disinfettanti, per esempio quelli a base di cloro. I formaggi a latte crudo a pasta molle e con crosta lavata o fiorita (pH>7) sono prodotti a rischio. La listeriosi è la patologia causata da Listeria monocytogenes e può colpire sia le persone che gli animali. Nei ruminanti, come i caprini, la listeriosi può causare encefalite, aborto, mastite ed infezioni oculari. Nell’uomo la listeriosi può essere grave, con ricovero ospedaliero e tasso di mortalità superiore al 10%. Nelle persone i sintomi variano, da lievi simil-influenzali, come nausea, vomito e diarrea, in adulti sani, a infezioni più gravi, quali meningite in persone più sensibili come gli anziani, i bambini e le persone con deficit del sistema immunitario. Nelle donne in gravidanza può causare aborto o patologie fetali.

Origine della contaminazione

Il mezzo di contaminazione più rilevante è la TERRA. Listeria è un microrganismo molto diffuso in natura, e molto resistente: può sopravvivere e moltiplicarsi nel suolo, nelle acque, nei foraggi, negli insilati con limiti di pH e temperature molto variabili. Può sopravvivere per 2 anni in suoli umidi, 6 mesi nella paglia, da 1 a 18 mesi nelle feci. In stalla la fonte principale è la terra, ma è ad alto rischio anche l’acqua degli abbeveratoi se non sono puliti adeguatamente. Anche il materiale utilizzato per la mungitura se non protetto dalle polveri o non correttamente sanificato può essere fonte di contaminazione. Gli animali si possono ammalare ma possono essere portatori sani ed eliminare Listeria con le feci. Le feci contaminate possono quindi contaminare la lettiera, che a sua volta contamina i capezzoli. La mastite da Listeria di solito è in forma subclinica e abbastanza rara. È possibile rilevare la mastite solo mediante analisi. In genere Listeria “entra” in caseificio con le scarpe sporche degli operatori (è importantissimo avere calzature ad uso esclusivo del caseificio e cambiarle ogni volta che si esce) o con il materiale (cassette, scatole, cartoni) che rientra in cella dopo essere stato utilizzato per il trasporto e la vendita dei formaggi al di fuori dell’azienda. Dai pavimenti, la diffusione di Listeria può interessare nicchie privilegiate come sifoni a pavimento o zone di ristagno idrico, per poi diffondersi sulle attrezzature mediante schizzi o spruzzi (per esempio con il lavaggio a pressione) o con il materiale appoggiato o caduto a terra e poi posto sulle superfici di lavoro Non vanno trascurati punti come maniglie delle porte, interruttori, cellulari, chiavi … A causa della sua buona resistenza al sale, le salamoie possono essere una fonte di Listeria. Si può rilevare presenza di Listeria anche in deumidificatori, climatizzatori, ventilatori. Inoltre anche roditori e insetti veicolano Listeria, come vari altri patogeni.

 

Come ridurne la contaminazione

La contaminazione dei formaggi può avvenire in diversi modi.

  • Gli animali possono essere portatori della malattia anche senza mostrare segni clinici: ci potrebbe essere una forte escrezione nel latte e quindi contaminazioni dei formaggi; evidenziabile con analisi del latte che indicano presenza di Listeria continuativa.
  • In genere si tratta di contaminazioni ambientali: mammelle sporche, presenza di polveri durante la mungitura, lettiere poco curate, abbeveratoi imbrattati; evidenziabile con analisi del latte che indicano presenza di Listeria saltuaria.
  • In caseificio igiene dei pavimenti e delle pilette sono fondamentali; presenza di Listeria evidenziabile con tamponi sulle superfici.

Naturalmente la contaminazione può avvenire in qualsiasi fase produttiva per contatto tra formaggi e materiale contaminato: attenzione a rispettare sempre le BUONE PRATICHE IGIENICHE!

In stalla: In mungitura va posta particolare attenzione all’igiene delle mammelle, in quanto le feci o gli alimenti potrebbero essere inquinati e potrebbero contaminare la lettiera su cui sostano gli animali. La sala/zona di mungitura è il punto più a rischio, quindi va pulita e disinfettata accuratamente. Se i gruppi cadono a terra possono raccogliere Listeria; se il secchio del latte appoggia a terra può contaminarsi e se lo si porta in caseificio può contaminare i pavimenti.

In caseificio: In caseificio una corretta sanificazione e modalità operative di corretta prassi igienica assicurano l’assenza di questo patogeno. È importante limitare gli accessi al solo personale autorizzato che deve sempre cambiare le scarpe prima di entrare, separare le aree delle materie prime da quelle del prodotto finito, utilizzare abbigliamento adatto, seguire una scrupolosa igiene personale, mantenere ottimi livelli di igiene e pulizia degli ambienti e degli impianti, praticare un’efficace sanitizzazione.

Le misure preventive da porre in atto sono:

  • corretta sanificazione del materiale a contatto con latte e formaggi;
  • controllo dell’acidificazione anche mediante aggiunta di opportuni fermenti lattici;
  • corretta sanificazione di pavimenti e pilette di scarico.
  • rimozione dei residui di lavorazione con getto d’acqua facendo attenzione a moderare la pressione per evitare che gli schizzi possano imbrattare le attrezzature soprattutto la parte inferiore di tavoli e armadietti;
  • detersione e sanitizzazione con soluzione di prodotto schiumogeno clorattivo professionale per un tempo di contatto ed una concentrazione necessari indicati in scheda tecnica del prodotto;
  • risciacquo con acqua, sempre con attenzione ad evitare spruzzi;
  • eliminazione di acqua residua con tira-acqua;
  • almeno settimanalmente aprire le pilette, sanificarle manualmente e lasciare candeggina tutta la notte.

Procedura sanificazione in caso di contaminazione (mungitrice, attrezzature, ambienti…):

  1. Risciacquo con acqua a 30 °C per 5 minuti tutte le superfici e poi allontanare l’acqua.
  2. Sanificazione con soluzione al doppio della dose usuale del prodotto detergente alcalino a temperatura compresa tra 40-50 °C e contatto per almeno 10 minuti.
  3. Scaricare la soluzione e risciacquare con acqua tiepida per almeno 5 minuti.
  4. Porre una soluzione del prodotto disincrostante alla concentrazione doppia di quella usuale a temperatura indicata nella scheda tecnica del prodotto e lasciarla a contatto per almeno 15 minuti.
  5. Eliminare la soluzione e risciacquare con acqua fredda a perdere per almeno 5 minuti. In caso di contaminazione da Listeria si può utilizzare acido peracetico (secondo indicazioni scheda tecnica del prodotto) per eliminare eventuali biofilm.

 

Scopri di più sul progetto DEMOCAPRA. Anche Ruminantia ha parlato del progetto in questo breve articolo.

DEMOCAPRA (2020) Schede tecniche DEMOCAPRA. Università degli Studi di Milano & Associazione Regionale Allevatori della Lombardia, Milano.